Il Titanic bianconero affonda, ma l'orchestra continua a suonare

Il Lugano affonda. L’orchestra, come sul Titanic, continua però a suonare imperterrita. Poco importa il panico che inizia a farsi largo tra i tifosi. Poco importa l’emergenza sportiva in corso, con due obiettivi stagionali su tre andati a farsi benedire a metà agosto. Sorridiamo, amari. I libri di storia prima, e gli schermi di cinema e Tv poi, hanno nobilitato il comportamento dei musicisti presenti sul transatlantico. Quell’atteggiamento, mentre la nave veniva inghiottita dagli abissi dell’oceano, è divenuto simbolo di coraggio e compostezza. Di eroismo, anche.
Ecco, ai vertici del club bianconero, dopo l’indegna prestazione offerta nel primo turno di Coppa Svizzera, serve davvero un bel coraggio per rimanere composti. A Cham, in effetti, non è andata in scena la prima débâcle dell’annata 2025-26. Di iceberg ne sono stati colpiti in campionato, sul palcoscenico continentale e in Coppa Svizzera. Sin qui, tuttavia, la società ha preferito subire passivamente gli eventi. Li ha accettati, quasi non comportassero conseguenze sul piano competitivo e persino emozionale. «Stiamo andando nella direzione giusta, ne siamo convinti. E non mettiamo in discussione l’1% del lavoro svolto da qualcuno, solo perché non abbiamo raggiunto il traguardo di un girone europeo». Parole e musica del CEO Martin Blaser, intervistato giovedì dalla RSI durante la pausa del match disputato a Celje. Nel frattempo è cambiato qualcosa? Siamo al 5%? Gli uomini forti del club, a cui avremmo voluto chiederlo all’Eizmoos, si sono defilati.
Sul banco degli imputati, lo ribadiamo, vi sono tutti. Giocatori, tecnico e dirigenti. La posizione di Mattia Croci-Torti, seppur con lieve ritardo, è già stata difesa. Bene. Esistono una visione comune e delle competenze oggettive. Per quanto un atteggiamento come quello visto a Cham non assolve totalmente colui che - anche solo per l’amore nutrito per una Coppa tradita appena cinque mesi fa e per il periodo fragile - avrebbe dovuto mandare in campo una formazione disposta a mangiare l’erba. Alioski, ingaggiato per la sua «fame» e per la sua personalità, è invece l’emblema di una rosa inaffidabile e troppo simile a quella che ha chiuso malamente la scorsa stagione.
Altro che «nuovo ciclo» e «aria fresca». L’aria sta diventando irrespirabile. E in discussione, allora, si metta l’operato del responsabile dell’area sportiva Sebastian Pelzer. L’immobilismo sul dossier Saipi, per esempio, non è tollerabile. Perché sono passate due settimane da quando si era affermato di voler creare concorrenza fra i pali con un nuovo secondo portiere. Come no. Inermi e noncuranti della nave che affonda, si continua a suonare.