Taca la bala

Il ritorno dell'Italia

In molti prevedevano il crollo dell’industria del pallone tricolore, che invece è riuscita a piazzare una squadra in ognuna delle tre finali dei tornei continentali
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
26.05.2023 06:00

Eravamo in parecchi a profetizzare a medio termine il funerale del calcio italiano, diventato fragile economicamente nel contesto delle cinque leghe calcistiche più importanti d’Europa, periodicamente toccato da scandali e scandaletti, incapace di valorizzare i suoi talenti con grave pregiudizio della nazionale guidata da Roberto Mancini. Sono numerosi i libri che, conti alla mano, prevedevano il crollo dell’industria del pallone tricolore.

Invece succede che nemmeno ai tempi del grande splendore, quando la Serie A era l’Eldorado del calcio mondiale nel decennio tra il 1990 e il 2000, l’Italia era riuscita a portare cinque squadre nelle semifinali delle coppe europee e addirittura tre in finale, l’Inter in Champions, la Roma in Europa League e la Fiorentina nella Conference. Come nel 1990, l’Italia può dunque sognare il successo in tre coppe europee (allora il Milan si impose in Champions, la Sampdoria in Coppa delle coppe e la Juve in Coppa Uefa contro la Fiorentina).

Alzi la mano chi è in grado di fornire una spiegazione razionale su questo ritorno in grande stile del calcio azzurro, dopo tante stagioni di anonimato.

Forse una chiave di lettura potrebbe essere individuata nella constatazione che la squadra campione d’Italia, il Napoli, e la Lazio che per il momento occupa il secondo posto in campionato, sono state eliminate nelle competizioni europee allo stadio dei quarti e rispettivamente degli ottavi di finale. Vuoi vedere allora che i grandi club del Nord, come l’Inter, il Milan e la Juve, cammin facendo si siano un po’ disinteressati ai destini del campionato per varie vicende, concentrando i loro sforzi unicamente sulle competizioni continentali? È evidente a tutti che contrariamente ai club inglesi e spagnoli, quelli italiani non possiedono la forza economica per allestire praticamente due rose di pari livello, ciò che oggi è necessario per coltivare l’ambizione di far bella figura sia in campionato, sia in Europa. Quando la differenza di valore tra titolari e sostituti è molto grande, giocando ogni tre giorni da qualche parte si finisce per soffrire: o si esce dall’Europa, oppure si paga dazio in campionato.

Una lunga permanenza nelle coppe europee ha il grande vantaggio di portare molti soldi nelle casse dei club e anche di rivalutarne il profilo sportivo, ciò che sarà molto importante quando si tratterà di negoziare delle sponsorizzazioni, ma pure nel momento di offrire un posto in squadra a qualche giocatore. Per anni l’Italia ha visto abbandonare il suo campionato dai grandi nomi, ciò che genera una spirale negativa: meno campioni nelle squadre, meno interesse, meno soldi. I risultati ottenuti quest’anno sapranno invertire la tendenza? Probabilmente solo se l’esito del 2023 non resterà un exploit isolato si potranno risollevare le sorti di un movimento che nonostante la quasi certa vendita al rialzo dei diritti televisivi della Serie A, soffre anche per una carenza infrastrutturale che si rivela devastante sul piano economico. Delle grandi società italiane soltanto la Juventus ha a disposizione uno stadio moderno e funzionale, tutte le altre disputano le loro partite in strutture che in qualche caso sono state rimodernate in occasione dei Mondiali del 1990 e poi sono rimaste lì, in attesa che qualche amministrazione comunale investisse delle risorse, nella maggior parte dei casi sufficienti soltanto per un leggero restauro. Resta che, per una volta, in Italia grazie al calcio possono sorridere in tanti, da Nord e Sud, qualcuno grazie agli exploit europei (essere in finale è già un gran successo), chi grazie alla cavalcata in solitaria effettuata in campionato.