Il triste autunno delle nazionali, anello debole di un sistema fuori giri

Dunque le nazionali sono diventate un bene collettivo superfluo? Un orpello inutile, persino fastidioso? La questione sta diventando assillante. Questa sera la Nations League riapre i battenti, dopo un primo assaggio in settembre e la terza portata attesa per novembre. E a far discutere, appunto, sono le molteplici defezioni alle quali sono chiamati a ovviare non pochi commissari tecnici. Si parla di infortuni più o meno seri, di scelte precauzionali, ma in molti casi è sottinteso lo scarso interesse verso gli imminenti impegni con la selezione del proprio Paese.
Il caso più controverso, sul piano mediatico e del dibattito pubblico, è sicuramente quello di Kylian Mbappé, capitano della Francia non convocato per ragioni prudenziali e però schierato senza remore dal Real nell’ultimo turno di campionato. La stella dei Bleus non è il solo elemento trattenuto dal club madrileno: Vinicius (lesione cervicale), Eder Militao e il portiere Andriy Lunin (entrambi per leggere noie muscolari) non raggiungeranno Brasile e Ucraina. Così come i giocatori del Bayern Monaco Jamal Musiala (anca) e Dayot Upamecano (coscia) non potranno «servire» Germania e Francia.
Altri? Eccome. In casa Belgio spiccano il forfait del centrocampista del City Kevin De Bruyne e soprattutto il no di Romelu Lukaku, il quale - seppur integro a livello fisico - ha preferito rimanere a Napoli per consolidare la forma. Senza dimenticare la Svizzera, alle prese con le assenze di Ruben Vargas (caviglia), Denis Zakaria e Becir Omeragic (contusioni al ginocchio).
Asimmetrie
Il tema è tutto fuorché marginale. A maggior ragione se sollevato a ridosso delle aspre critiche rivolte da diversi top player ai calendari imbottiti da FIFA e UEFA. Il presidente della Federcalcio francese Philippe Diallo e il ct transalpino Didier Deschamps, al proposito, hanno indicato le principali pietre d’inciampo. Da un lato il citato piano partite, definito «demenziale», dall’altro le delicate relazioni con le società. «E il rapporto di forza è a nostro favore?» ha interrogato amaro Diallo. «Il datore di lavoro del giocatore è il club, non la federazione» ha risposto indirettamente «DD». Insomma, con i vari campionati e la Champions League appena entrati nel vivo, non c’è dubbio che le dirigenze più influenti del continente - Real Madrid su tutte - abbiano fatto valere un potere di tipo asimmetrico. E ciò nonostante i regolamenti di UEFA e FIFA imporrebbero loro di non interferire nelle convocazioni delle varie nazionali. Il paradosso? Beh, a contribuire al sovraccarico del calendario - desiderosi di godere di maggiore visibilità e introiti - sono stati proprio quei club che oggi non esitano a rintuzzare le chiamate dei selezionatori per tutelare la salute dei calciatori. I piccoli, che già si consolano con i contributi di solidarietà gonfiati dall’UEFA, difficilmente sono invece nella posizione di poter negoziare e al contempo rifiutare le indennità garantite per la chiamata di uno o dell’altro tesserato.


Troppe interruzioni
La reputazione dei giocatori dissidenti, agli occhi dei tifosi, viene intaccata. L’impressione, però, è che si tratti di un malcontento temporaneo. Sino al prossimo grande torneo riabbracciato con ambizione, per intenderci. A rimetterci maggiormente, al contrario, è l’attrattività delle nazionali e - di riflesso - quella della Nations League o delle tradizionali campagne di qualificazione a Mondiali o Europei. Interessano ancora? In che misura i protagonisti chiamati a scendere in campo e quanto i tifosi seduti sul divano di casa? Impossibile delineare un’unica e chiara tendenza.
Soppesati gli umori di specialisti, appassionati e blog, di certo l’introduzione di tre finestre internazionali lungo l’autunno non appare come una scelta vincente. Perché davvero si va a spezzare il cosiddetto «hype» - il clamore - legato all’andamento della squadra del cuore. Banalmente, c’è chi preferisce azzuffarsi per il mercato sbagliato dei direttori sportivi, le scelte tattiche di un allenatore già in bilico o la quarta partita consecutiva senza gol del bomber designato. Ma questo discorso regge per davvero in ogni nazione? O è soprattutto prerogativa dei seguaci delle più importanti leghe europee?
Orgoglio e pregiudizio
A seguito della sentenza Bosman, il valore patriottico dei club è andato scemando. Per esprimere un sentimento collettivo, il calcio delle nazionali rimane al contrario un baluardo. Lo è, in particolare, in realtà che si servono delle proprie rappresentative per esaltare un’identità comune, un’appartenenza. Pensiamo a Paesi come il Kosovo. Altre nazionali, e ci viene in mente la Scozia, hanno da parte loro rinsaldato il rapporto con la nazionale facendo leva sul concetto di rivalità. Verso l’Inghilterra, in questo caso.
E poi ci sono loro, i giocatori, partigiani instancabili o - all’opposto - amanti della ponderazione. Restiamo alla Svizzera. E citiamo due giocatori. Renato Steffen, zero minuti a Euro 2024, si è sentito ferito nell’orgoglio a seguito della mancata chiamata di Murat Yakin. Fabian Schär, che in Germania aveva conquistato il cuore di selezionatore e tifosi, ha per contro dato la precedenza alla carriera nel club.


Quale seguito in tv?
Le emittenti tv e le piattaforme streaming, loro, non smettono di scommettere sul calcio giocato. Anzi. E, in fondo, gli ascolti costituiscono un dato oggettivo circa la salute e il peso di nazionali e club. Oddio, l’andamento dei pacchetti a pagamento - sempre più cari e incapaci di garantire un’offerta completa - meriterebbe un’analisi a sé. Anche se leggiamo di cifre tutto fuorché confortanti registrate sin qui da DAZN per la Serie A italiana. Le partite in chiaro, al contrario, suggeriscono con maggiore affidabilità dimensione e seguito delle categorie considerate. Ecco alcuni numeri che la RSI ci ha gentilmente fornito. La Nazionale, a Euro 2024, ha registrato quote di mercato tra il 62,8% (Svizzera-Germania) e il 74,9% (Ungheria-Svizzera), mentre i telespettatori che sono entrati in contatto con le partite - per pochi minuti o per l’intero incontro - hanno occupato una forchetta che va dalle 105.000 unità (Ungheria-Svizzera) alle 160.800 unità (Inghilterra-Svizzera). A titolo di paragone, i primi due match della Nations League 2024-25, contro Danimarca e Spagna, hanno prodotto uno share medio del 29,1% e tra i 68.000 e i 69.000 contatti. Veniamo ai club. Giovedì scorso, Lugano-HJK Helsinki in Conference League ha generato una quota di mercato del 19% e 47.200 contatti. In precedenza val la pena menzionare le dirette della nuova Champions League e l’andata del playoff tra YB e Galatasaray: per Bruges-Borussia Dortmund 7,6% di share e 29.700 contatti, Liverpool-Bologna ha toccato quota 9,6% e 35.700, mentre la vittoria dei gialloneri al Wankdorf aveva ottenuto una quota di mercato del 17,4% e 32.900 telespettatori.