La proposta

«It's coming home»? Macché, il calcio è pronto a fare le valigie

La UEFA potrebbe vedersi costretta ad accogliere le richieste di Liga e Serie A, intenzionate a far disputare le partite Villarreal-Barcellona a Miami e Milan-Como a Perth - Trasferire i campionati nazionali all’estero costituirebbe una svolta storica - I tifosi non ci stanno
L'Optus Stadium di Perth, Australia, impianto scelto per ospitare Milan-Como. ©reuters/ramiro laruga
Massimo Solari
10.09.2025 22:30

Una nuova opportunità per esportare il calcio europeo? O un vaso di Pandora che, se aperto, pugnalerebbe una volta di più il cuore dello sport più popolare al mondo? Il Comitato esecutivo della UEFA, domani, è chiamato a pronunciarsi su un dossier delicato. Permettere o meno di dislocare all’estero partite di campionati nazionali. E se sì, secondo quali criteri.

In effetti si tratta di una proposta radicale. Persino un paradosso, se si considera l’essenza «territoriale» delle competizioni in questione. Come si è arrivati, dunque, a una simile proposta?

«Il tema, in realtà, è tutto fuorché nuovo. Per dire: a sdoganare il progetto «Game 39», nel 2008, furono i vertici della Premier League, decisi a programmare un turno supplementare di campionato al di fuori dei confini nazionali. E ciò, va da sé, per permettere ai ricavi della massimo campionato inglese di prendere l’ascensore. I tifosi, però, insorsero, contribuendo in modo decisivo al naufragio della proposta. A ridosso della stagione 2018-19, invece, erano stati la Liga e il suo presidente Javier Tebas a spingere per organizzare il match Girona-Barcellona a Miami. Il tutto nel quadro di un accordo di sviluppo del torneo - della durata di 15 anni e del valore di 200 milioni di euro - con la società Relevent Sports, attiva nel ramo dei diritti Tv. A opporsi, in quel caso, era stata la FIFA, evidenziando il principio per il quale le partite ufficiali di campionato devono essere giocate all’interno del territorio delle Federazioni interessate.

La Relevent, però, non ha mollato la presa. Vero?

Proprio così. Ed è per questa ragione che un varco potrebbe essere aperto proprio nelle prossime ore a Tirana, dove si riuniranno i pezzi grossi della UEFA. A favorire lo scenario in discussione è infatti stata la risoluzione di una causa legale che tra il 2024 e lo scorso aprile ha visto proprio Relevent Sports mettere all’angolo la FIFA. Da sempre contrario all’idea, l’organo mondiale del calcio ha approvato la creazione di un gruppo di lavoro per esaminare potenziali modifiche alle proprie regole. Il che, di fatto, ha prestato il fianco a una nuova, duplice offensiva che vorrebbe ricalcare quanto già avvenuto con competizioni quali le Supercoppe nazionali, andate in scena negli USA, in Libia, in Cina, in Qatar e - ultimamente - in Arabia Saudita. Non solo. È altresì al modello nordamericano che ci si ispira: NBA e NFL, d’altronde, hanno deciso di allargare i rispettivi tentacoli anni fa, sbarcando in Europa e non solo.

A rilanciare sono state sempre la Liga e - novità - la lega Serie A. Ma per quali eventi?

L’assist al massimo campionato italiano è stato fornito dalle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina. Già, poiché la cerimonia d’apertura, prevista il 6 febbraio, renderà inagibile San Siro a ridosso della 24. giornata di Serie A. Ebbene, la tenuta di Milan-Como necessita di una soluzione alternativa. Quale? Spostare la partita all’Optus Stadium di Perth, Australia. La Federcalcio spagnola si è da parte sua espressa l’11 agosto, dando luce verde alla delocalizzazione della sfida tra Villarreal e Barcellona, valida per il 17. turno della Liga e in agenda il 20 dicembre. Ad accogliere l’incontro dovrebbe essere l’Hard Rock Stadium di Miami, già sfruttato nel recente Mondiale per club FIFA.

I vertici della Lega Seria A, anche a fronte delle critiche emerse nelle scorse settimane, come giustificano la proposta?

«Portare una partita all’estero - leggiamo - non significa esportare il campionato, ma far conoscere l’eccellenza del calcio italiano a nuovi pubblici, rafforzare la competitività del sistema e generare risorse che ricadono positivamente su tutto il movimento, anche a livello giovanile e dilettantistico, a fronte di un piccolo sacrificio richiesto alle tifoserie di Milan e Como, che pur ne beneficeranno in termini di accresciuta visibilità e popolarità a livello mondiale».

E la UEFA, che per prima dovrà schierarsi sulle richieste, che cosa ne pensa?

A prendere posizione, in una recente intervista a Politico, è stato il presidente Aleksander Ceferin. «Non siamo contenti, ma per quanto abbiamo verificato dal punto di vista legale non abbiamo molti margini, se le federazioni sono d’accordo. E in questo caso entrambe hanno dato il loro consenso». Ceferin, quindi, ha spezzato una lancia a favore di un compromesso. «Apriremo questa discussione anche con la FIFA e con tutte le federazioni, perché non credo sia una buona soluzione. Se si tratta di un’eccezione o c’è un motivo specifico, può funzionare. Ma, in linea di principio le squadre europee dovrebbero restare in Europa, perché i loro tifosi vivono qui. È una tradizione importante». Il problema? L’UEFA è in posizione scomoda, dato che Relevent Sports gestirà i diritti commerciali globali delle sue competizioni maschili per club per il ciclo 2027-2033.

Non a caso c’è chi ha parlato di «tradimento», tornando ad agitare lo spettro della Superlega e della commercializzazione spietata del prodotto calcio. Parliamo, naturalmente, dei tifosi. O meglio, dei loro rappresentanti.

Facendo leva sullo slogan «Keep the football home», l’associazione mantello Football Supporters Europe - che riunisce più di 500 gruppi di tifosi - ha redatto una lettera molto critica, indirizzandola al segretario generale della FIFA, Mattias Grafström. Dopo la UEFA, in effetti, toccherà al consiglio della FIFA - verosimilmente a inizio ottobre - dire la sua. I tifosi, dicevamo, hanno parlato di un «attacco diretto all’essenza del calcio». Trasferire le partite all’estero, aggiungono, «minerebbe l’integrità sportiva, squilibrerebbe il ritmo regolare di partite in casa e in trasferta, e ridurrebbe i club a prodotti di intrattenimento slegati dalle loro tradizioni e comunità». Per tacere dell’impatto ambientale. Ad avvertire circa l’effetto vaso di Pandora e «la perversione» di uno sport sempre più ostaggio di «interessi commerciali miopi» è stata proprio Football Supporters Europe.

Nyon e i tifosi, ad ogni modo, non sono soli.

No, nella misura in cui sia la Premier - divenuta ricchissima anche senza cedere al progetto «Game 39» -, sia la Bundesliga hanno escluso qualsivoglia apertura verso l’estero. E, da noi contattata, pure la Swiss Football League ha preso le distanze: «In qualità di SFL, al momento non abbiamo alcuna posizione pubblica in merito. Numerose questioni giuridiche sono all’esame delle autorità superiori, ma queste non hanno alcuna influenza sullo svolgimento dei nostri campionati».

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