La finale

La penna in mano e una storia da scrivere

Domani al Wankdorf Lugano e San Gallo si contendono la Coppa Svizzera – Lavanchy: «Sogno questo momento fin da quando ero bambino»
Nicola Martinetti
14.05.2022 06:00

Come al campetto, come da ragazzini. Quando, pressati dall’incombenza di dover chiudere i conti prima di rientrare a casa per cena, nella testa partiva il più classico dei film mentali. Che, per un attimo, ti catapultava dritto in un sogno. «Per me era sempre la finale dei Mondiali, ed era sempre l’ultimo minuto - confessa Numa Lavanchy -. Quell’attimo, nella mia mente, l’ho vissuto più e più volte. Accarezzandolo. Fantasticando su ogni possibile scenario. Un momento indescrivibile, rimasto incastonato per anni nel mio passato. Nella mia immaginazione. Da professionista, infatti, non ho mai avuto la possibilità di vivere nulla di simile. Fino ad ora». Sì, non sarà la Coppa del Mondo. E nemmeno la Nazionale. Ma per l’esterno romando e il suo Lugano è giunto il momento di strappare quel ricordo al passato. Di riscriverlo, anche. Rendendolo reale e finalmente tangibile.

Interruttori e incertezze

Domani al Wandkorf, nella madre di tutte le partite, potrà accadere di tutto. E i primi a esserne consapevoli sono gli attori che scenderanno in campo. «Potete pormi qualsiasi domanda, chiedermi un’opinione in merito a ogni aspetto. Ma la verità è che nessuno può prevedere come si svilupperà questo atto conclusivo. Non si può essere sicuri di niente - prosegue Lavanchy nella sua analisi -. Di spunti ve ne trovo quanti volete: il giorno di riposo in meno rispetto ai sangallesi? Non è sicuramente l’ideale. La gestione del campo sintetico? Non sarà semplice per nessuno. O ancora: tra le due panchine prevedo grande elettricità e io per primo sono curioso di scoprire che esito darà l’atteso duello tra la nostra esperienza e il loro infernale ritmo di gioco. Ma la Coppa è follia, è imprevedibilità pura. Gettate allora al vento tutte le possibili letture basate su questi aspetti, o sui precedenti - stagionali e non - tra le nostre due squadre. Non servono francamente a niente e lo abbiamo constatato anche in occasione della semifinale contro il Lucerna, quando - seppur giungendo da un periodo negativo - abbiamo proposto una grandissima prestazione. In questi casi è come se venisse premuto un interruttore, in grado di stravolgere completamente ogni dinamica. C’è una sola cosa che è garantita, seppur scontata: domani alle 14, al calcio d’inizio, in campo troverete ventidue giocatori pronti a dare il mille percento per sollevare il trofeo. E soltanto la metà di loro, alla fine di tutto, riuscirà a farlo».

Sulle spalle un cantone intero

Ventidue sul campo, ben 28.500 sugli spalti. Novemila dei quali di fede bianconera. Con Lugano quale cuore pulsante di una passione i cui capillari trascendono i confini regionali. E, in alcuni casi, anche quelli cantonali. Una valanga bicromatica mai vista in epoca recente. Nemmeno sei anni fa a Zurigo, in quel maledetto pomeriggio grigio che ancora tormenta gli incubi di alcuni senatori della squadra di Mattia Croci-Torti. «Sulle spalle avvertiamo il peso della storia. Di quella finale persa e della volontà di riscattarla. Ma anche di un cantone intero, che ormai da decenni attende il ritorno della Coppa a Sud del Gottardo. Sono vodese e vivo a Lugano soltanto da tre anni e mezzo, ma in questo lasso di tempo ho veramente appreso tanto sul Ticino. Una regione speciale. Ho imparato a conoscere la vostra cultura e la vostra mentalità. E mi sento di affermare con convinzione che sotto sotto, romandi e ticinesi, non sono poi così diversi. Anzi. Siamo gente colma di passione, che vive di e con emozioni. A volte travolgenti, a volte persino debordanti. Ma, in fondo, è la benzina che ci alimenta». E che, aggiungiamo noi, alimenta pure i sogni. Come quello che Lavanchy tenterà di realizzare domani, dopo averlo cullato fin dalla tenera età. Al pari del «Crus», di Mattia Bottani, di Jonathan Sabbatini, di Mijat Maric e del resto della squadra bianconera. Per dimostrare a tutti, e in primis a se stessi, che a volte certi traguardi possono essere reali. Che non devono per forza rimanere incastonati in una fantasia del passato. «Non so ancora se mio figlio sarà presente allo stadio, io e mia moglie non abbiamo preso una decisione definitiva. Ma mi piacerebbe riuscire a vincere anche per lui. Per, in qualche modo, andare a chiudere un cerchio. Apertosi nella mia infanzia e ora sfociato nella sua». Te lo auguriamo, caro Numa. E lo auguriamo anche a te, caro Lugano.

Fare previsioni è semplicemente impossibile, la Coppa è follia pura e ogni eventuale lettura può venire sconfessata
In questo articolo: