«La promozione con l’ACB? L’apice della mia carriera»
È nato e cresciuto a Bellinzona. Ha vestito la maglia granata per moltissimi anni, ed era titolare difensivo quando i sopracenerini strapparono la promozione in Super League nel 2008. Dal 1. gennaio è l’allenatore del Vaduz, che domani affronterà proprio il Bellinzona nella quarta giornata di campionato. Abbiamo fatto una chiacchierata con Alessandro Mangiarratti.
Rompiamo il ghiaccio rivivendo proprio
quello storico momento, quando lei e i suoi compagni agguantaste la promozione
in Super League. Che ricordi serba di quel giorno?
«È senza dubbio il momento più alto e bello
della mia carriera. Un bellinzonese che veste la maglia granata e conquista con
la sua squadra una promozione nella massima categoria… che dire, meglio di così
non si può. È stato un periodo d’oro. Eravamo un bellissimo gruppo di persone
prima che di giocatori, nonostante la qualità dei singoli fosse indiscutibile.
Era davvero piacevole stare insieme. Ricordo ciascuno di loro, Manuel Rivera,
Angelino Raso, Davide Belotti e tanti altri. Ci siamo proprio divertiti ed è
stato magico poter festeggiare con i tifosi di allora, che penso siano ancora
gli stessi (ride, ndr)».
Nonostante le condizioni siano decisamente
diverse, come ha invece vissuto la promozione conquistata dal Bellinzona a fine
stagione riuscendo ad approdare nuovamente in Challenge League?
«Essendo un tifoso bellinzonese, mi ha
fatto sicuramente piacere. Chiaramente non mi ha regalato emozioni forti come
quelle che ho vissuto nel 2008, anche perché quell’anno noi eravamo approdati
nella massima categoria. Inoltre, quella di fine stagione scorsa, è stata una
promozione un po’ particolare, con il Breitenrein ormai certo di non poter
salire. Questo nulla toglie al merito della squadra granata, che ha conquistato
i punti sul campo, ma sicuramente fa sfumare un po’ l’euforia».
Torniamo al giorno d’oggi. Tra l’ultimo
incontro di campionato e la partita di domani, c’è stato il match contro i
turchi del Konyaspor in Conference League. Una settimana piuttosto carica. Come
avete preparato la partita contro il Bellinzona?
«Come meglio potevano, dovendo purtroppo
far fronte a un grande dispendio di energie da parte di tutta la squadra. Gli
impegni europei ci stanno particolarmente stancando. Non cerchiamo alibi o
scuse, è semplicemente la realtà dei fatti. In ogni caso, domani mi aspetto una
prestazione solida da parte dei miei ragazzi, come quella messa in campo contro
il Wil. È vero, quel giorno abbiamo perso, ma abbiamo giocato bene e credo che
avremmo meritato qualcosa in più».


Come analizza l’inizio di stagione del suo
Vaduz?
«Due punti nelle prime tre partite di
campionato non è un ottimo inizio. È altresì vero che un po’ ce lo aspettavamo.
I match di Conference League ci hanno tolto davvero tante energie. Contro il
Koper, al secondo turno preliminare, siamo dovuti andare fino in Slovenia,
giocando poi la gara di ritorno fino ai supplementari. Giovedì, al cospetto dei
fortissimi turchi del Konyaspor, i ragazzi sono stati in grado di strappare uno
splendido pareggio per 1 a 1. Siamo sempre riusciti a mettere in campo delle
buone prestazioni e una buona mentalità. Su sei partite finora giocate ne
abbiamo persa solo una, non è così male. Cerco di guardare il bicchiere mezzo
pieno. Ora però pensiamo unicamente alla sfida contro il Bellinzona».
Lei è arrivato a Vaduz all’inizio di
quest’anno, a campionato già in corso. Ha dovuto trovare il suo spazio e
integrarsi in poco tempo, arrivando anche a sfiorare la promozione in Super
League, poi agguantata dal Winterthur. Come definirebbe questi primi mesi alla
guida del club? È rimasto deluso dal mancato salto di categoria?
«Deluso non direi. È vero che gli estremi
per conquistare la promozione c’erano, ma va ricordato che nello stesso periodo
abbiamo purtroppo perso diversi giocatori e molti altri si sono infortunati.
Sapevamo inoltre che nel girone di andata avevamo conquistato qualche punto
grazie alla fortuna, ma ce la siamo comunque giocata fino alla fine. In
generale, sono soddisfatto di quello che la mia squadra è riuscita a mostrare
in questi mesi. Ora ricominciamo con grandi ambizioni, ben coscienti che
l’esordio è sempre un po’ complicato, per via del discorso legato alle partite
in Europa».
Grazie a lei, Mattia Croci-Torti e Mauro
Lustrinelli, gli allenatori ticinesi sulle panchine in SFL sono arrivati a
quota tre su venti. È un bel numero.
«Certo. Penso che questo dato dimostri che
in Ticino c’è gente a cui piace il calcio e lavora con caparbietà. Perché non
va dimenticato che il nostro è un lavoro complesso. Passano anni prima che si
riescano a ottenere tutte le licenze richieste per poter svolgere questo
mestiere, un lasso di tempo costellato di sacrifici. Trovo che comunque anche
in passato ci siano stati degli ottimi tecnici ticinesi, penso a Tami, Morandi,
Bordoli… Oltre agli allenatori, in Ticino sono nati anche tanti buoni
giocatori. Credo che il motivo stia nel fatto che il nostro Cantone sia una
specie di enclave: per fare carriera bisogna per forza andare oltre Gottardo
per seguire dei corsi in francese o in tedesco. Non è evidente. Se qualcuno,
allenatore o giocatore che sia, decide di andare fino in fondo, significa che
ha la tempra giusta e che lavorerà sodo».