Nascondeva diverse insidie, e invece la tournée americana ha ripagato la Svizzera

Due vittorie cristalline, otto reti realizzate, il primo match senza subire reti di Gregor Kobel (finalmente!) e due armi in più in vista delle cruciali qualificazioni ai Mondiali che scatteranno a settembre. La Svizzera lascia gli Stati Uniti con il sorriso e il serbatoio della fiducia vicino al pieno. Non era così scontato, poiché la tournée americana nascondeva diverse insidie. Dalla collocazione in calendario, tramonto di una stagione estenuante, all’indecifrabilità degli avversari, sulla carta «allenanti» ma alle prese con defezioni ed esperimenti. E poi, certo, i dubbi che gli stessi rossocrociati si portavano appresso dopo una Nations League frustrante e alla luce delle scarse risposte ottenute dai due test sostenuti in marzo. Riformuliamo: poteva andare male, complice magari il freno a mano tirato di diversi protagonisti. E invece, suggerivamo, il bilancio a margine delle sfide contro Messico e Stati Uniti è senz’altro positivo.
Al 4-2 maturato con la Tricolor ha fatto eco l’esaltante poker rifilato agli USA, maltrattati in un primo tempo esaltante per la selezione di Murat Yakin. «Sono molto contento; possiamo indubbiamente affermare che questo ritiro è stato una buona idea» le parole del commissario tecnico, che nella notte di ieri ha in parte ritoccato la propria squadra, permettendole di mostrarsi più solida difensivamente e persino più ficcante in attacco. Orfani delle sue «star» e infarciti di giocatori sotto esame, gli Stati Uniti hanno invero opposto scarsa resistenza. Ma tant’è. Osservare il centrocampo svizzero formato da capitan Granit Xhaka e dal delfino Ardon Jashari è stato didascalico. Sì, i due possono convivere - eccome - e a beneficiarne è stata sia la manovra, sia il dinamismo in mediana.
Riferendosi ai match disputati a Salt Lake City e Nashville, Yakin ha parlato chiaro: «Non ci sono stati perdenti». E ciò, aggiungiamo noi, a differenza di quanto accaduto tre mesetti fa al cospetto dell’Irlanda del Nord e di Lussemburgo. Non solo. Detto di Jashari, alla prima e convincente titolarizzazione, e del funzionale modulo 4-1-4-1 (resosi necessario a fronte dell’assenza in extremis di Zakaria), l’allenatore elvetico è stato ripagato dalla scommessa Johan Manzambi. Il 19.enne del Friburgo è stato schierato all’ala e grazie a tanta personalità e alla bravura nell’uno contro uno - merce oramai rarissima - si è regalato e ci ha regalato un assist e una rete. Per le partite con Kosovo e Slovenia, primo crocevia verso il Mondiale 2026, lo rivedremo.