Calcio

Non arriverà la Coppa del Mondo, ma forse Chicago riavrà i playoff

I Fire, partner team del Lugano, si apprestano a sfidare Orlando nello spareggio che mette in palio l’ultimo posto nei giochi per il titolo di MLS - Vincent Cavin: «Non figurare fra le sedi del Mondiale 2026, qui, genera un po’ di frustrazione, la squadra di Gregg Berhalter però ha riacceso l’entusiasmo»
©AP/Talia Sprague
Massimo Solari
21.10.2025 06:00

Mercoledì sera Chicago non vibrerà unicamente per la ripartenza della NBA e il debutto dei Bulls, contro Detroit, allo Unted Center. No, 90 minuti dopo e dodici miglia più a est, al SeatGeek Stadium verrà messo in palio anche un biglietto per i playoff di MLS. E a contenderselo saranno i Fire e Orlando City. La portata dell’evento calcistico non è trascurabile. Nell’Illinois, d’altronde, l’aria dei giochi per il titolo non si respira dal 2017. Un’eternità. Per il partner team dell’FC Lugano, dunque, l’occasione è tanto ghiotta, quanto significativa. E a confermarlo al CdT è Vincent Cavin, da questa stagione director of methodology e talent manager della franchigia statunitense. «Dopo tanti anni carichi di delusione, potersi battere per l’accesso ai playoff è motivo d’orgoglio» sottolinea il 50.enne vodese.

Peccato, poteva esserci Messi

Nelle scorse ore, invero, a farsi largo è stato pure un pizzico di rammarico. Già, perché in caso di successo all’ultima curva della stagione regolare - sabato sera contro New England - i Chicago Fire non avrebbero chiuso in ottava, ma in sesta posizione. «Sinonimo di playoff diretti e di serie contro l’Inter Miami di Lionel Messi» precisa Cavin. Il pareggio, ottenuto in extremis dalla squadra allenata da Gregg Berhalter, si è invece tradotto nel vantaggio casalingo in occasione della citata sfida da dentro o fuori con Orlando. «Peccato, e però ora guardiamo con fiducia al match di mercoledì» indica Cavin. Per poi rilanciare: «Non era scontato che il club riuscisse a raggiungere questo traguardo intermedio già al primo anno della gestione Berhalter». Al termine dell’ultimo, fallimentare campionato, Mansueto aveva deciso di dare carta bianca all’ex ct degli Stati Uniti, diventato sia allenatore, sia responsabile di tutte le operazioni sportive. «Gregg - sostiene Cavin - ha quindi saputo allestire la rosa in modo intelligente, trasmettendole l’ambizione necessaria affinché riuscisse a raggiungere almeno l’obiettivo della wild card. Anche l’entusiasmo attorno ai Fire, per quanto relativo in un contesto enorme e segnato da altre discipline ingombranti, è cresciuto negli ultimi mesi. E lungo il percorso è emerso chiaramente come la regione non fosse oramai più abituata a permettersi determinate aspirazioni nel soccer. Ebbene, abbiamo cancellato questa sorta di disillusione. Non solo. È altresì bello notare come la Chicago calcistica stia riuscendo a ritagliarsi il giusto spazio nel resto del Paese, generando un’attenzione all’altezza del prestigio della città e di una società che in passato aveva già fatto la storia della MLS».

Un centro d’allenamento super

La creatura di Joe Mansueto ha insomma rialzato la testa. Ma che cosa ha fatto la differenza? Ancora Cavin: «Il nuovo centro d’allenamento, inaugurato in gennaio, ha rappresentato un fattore e un indiscutibile valore aggiunto, soprattutto se paragonato alle precedenti condizioni di preparazione. È bellissimo e funzionale. Banalmente, poi, costituisce un’attrazione per eventuali nuovi acquisti». E a proposito di mercato. «Tenuto conto di un regolamento molto articolato e talvolta restrittivo, ritengo che abbia inciso molto anche la costruzione della squadra» aggiunge l’ex assistente di Murat Yakin in Nazionale. «Berhalter, in questo senso, ha compiuto un primo passo, inserendo in rosa una serie di giocatori affini allo stile di gioco prediletto. Nell’ambito di questo processo, la squadra della prossima stagione avrà senz’altro qualcosa in più. Ma, stando ai piani, è al terzo anno che i Chicago Fire dovrebbero consolidarsi e performare al meglio».

I rapporti con Lugano? Rispetto al passato, ho percepito due club che lavorano in modo più autonomo
Vincent Cavin, director of methodology e talent manager Chicago Fire

Per Cavin, che lo aveva affiancato nello staff tecnico a stelle e strisce, «le esperienze e le competenze particolari di Berhalter si sono rivelate subito paganti. Lui, concretamente, si occupa di ogni aspetto, dalla conduzione della prima squadra ai trasferimenti, sino alla supervisione sportiva del club. Io e altre figure lo supportiamo. E personalmente, come direttore tecnico, sono felice di aver aiutato Gregg a strutturare il club, favorendo altresì la sintonia con il suo nuovo staff».

«Siamo contenti per Joe»

Sulla scrivania di Berhalter e Cavin, il dossier FC Lugano si è per contro visto raramente. Basti pensare che nel 2025 nessun bianconero ha preso l’aereo per dirigersi oltreoceano. Il solo Claudio Cassano ha compiuto il tragitto inverso. «Come suggerivo, Berhalter aveva già le idee chiare circa la fisionomia da dare al suo gruppo, senza che questo rendesse necessarie connessioni dirette con il Ticino. Il lavoro svolto in passato con gli USA, nel dettaglio, gli ha permesso di visionare e analizzare tanti giocatori. Più in generale, ho percepito due club che lavorano più separati e in modo autonomo rispetto alla direzione affidata a Georg Heitz e Sebastian Pelzer, con il primo in particolare che fungeva da trait d’union fra le due realtà. E poi, appunto, le dinamiche sono cambiate perché Gregg, anche logicamente da nuovo arrivato, ha dato la priorità al progetto dei Fire».

Il patron Joe Mansueto, da parte sua, ha sempre posto le due società allo stesso livello. «Incontriamo puntualmente Joe al termine delle partite casalinghe» spiega Cavin: «Sono e siamo tutti contenti per il nostro proprietario, che in questi anni si è speso davvero tanto per la causa dei Fire. Coltivare una simile passione, trasformandola in una missione sportiva e in un omaggio alla città da cui ha ricevuto tanto, non è comune. Era quindi importante che Mansueto riuscisse infine a ottenere dei risultati consoni agli investimenti promossi. Mansueto è un grande tifoso, e insieme parliamo spesso anche del Lugano, di cui non perde un match. Si tratta inoltre di una persona umile, che ti fa sentire importante. Un uomo di classe, dunque. Il progetto di Joe, dicevo, guarda molto alla regione e ai rapporti con essa. E poter abbinare il successo all’affermazione dei talenti di casa è qualcosa che viene perseguito con decisione e che mi coinvolge in prima persona in quanto talent manager. I margini di progressione, visti i numeri in gioco, non mancano». Purtroppo, però, a fungere da propulsore per un movimento e una lega in continua progressione non vi sarà il Mondiale 2026. «Peccato, sì, la democratica Chicago ha preferito chiamarsi fuori dalle sedi ospitanti la competizione. E qui gli appassionati sono un po’ frustrati, a maggior ragione tenuto conto che il Soldier Field aveva ospitato la partita inaugurale nel 1994» conclude Cavin, augurandosi di poter riportare in città almeno i playoff di MLS.

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