Curiosità

Quando i rossocrociati giocavano in maglia azzurra

La nuova maglietta da trasferta della Nazionale di calcio fa molto discutere – Kubilay Türkyilmaz ricorda la bizzarra scelta del 1999 per una sfida in Danimarca
© Keystone/Walter Bieri
Massimo Solari
14.11.2019 06:00

Apriti cielo. La nuova maglietta da trasferta della Nazionale richiamerebbe il tricolore italiano. Colpa della vetta tratteggiata in verde, che affiancata a quella rossa e al bianco sullo sfondo evocherebbe la bandiera dei nostri vicini (vedi tra le foto). Questa, perlomeno, è una delle interpretazioni più ricorrenti sui social. Anche se c’è pure chi ha provato a calmare le acque, arginando i soliti polemici da tastiera e spezzando una lancia a favore della controversa divisa.

Oggi come vent’anni fa

E dire che in passato vennero fatte scelte ben più bizzarre. Se lo ricorda bene Kubilay Türkyilmaz, che interpellato sulla nuova maglietta della Nazione rilancia: «È vero, al primo impatto il verde potrebbe richiamare le bandiere dell’Italia o magari anche dell’Ungheria. Ma cosa avremmo dovuto dire noi? Nel 1999, a Copenhagen, giocammo in celeste». In celeste? Sì, è tutto vero.

Per certi versi quella sfida contro la Danimarca – in rosso ça va sans dire – presentò diverse analogie con quella giocata dalla selezione di Petkovic il 12 ottobre. Valida per le qualificazioni agli Europei e, allora come un mesetto fa, persa malamente nei minuti finali. «Ricordo bene quella partita» racconta Kubi: «L’allenatore era Gilbert Gress». Un commissario tecnico che inizialmente lo tenne in panchina. «Entrai però nella ripresa, segnando di testa a Schmeichel il provvisorio pareggio». Eccoli i rossocrociati di celeste vestiti – c’erano i vari Sforza, Chapuisat, Vogel, Sesa, Bühlmann – ad abbracciare tutti Kubi. Correva l’80’. Peccato che appena un minuto dopo Tomasson fissò il risultato sul 2-1. La purga di Poulsen, invece, è storia recente. Ok, ma a Kubi la tenuta da trasferta elvetica garba o no? «Sì, mi piace. È moderna».

FIGC e Lugano ci sono passati

L’ASF non è ad ogni modo l’unica a dover fare i conti con le critiche e i gusti dei tifosi. Provate a chiedere alla FIGC, finita nell’occhio del ciclone per aver fatto giocare l’Italia in verde nella sfida d’inizio ottobre all’Olimpico contro la Grecia. O, per restare entro i nostri confini, ai dirigenti del Lugano, criticati apertamente dalla curva per la terza maglietta color militare scelta per la stagione in corso.

L'ex granata Lima Solà custodisce un migliaio di magliette: "La vorrei nella mia collezione"

L’abito non fa il monaco, ma sicuramente crea dibattito. E anche acceso. Sì, la nuova maglietta da trasferta della Nazionale non è passata inosservata. Il tutto prima ancora di essere indossata: succederà, in via eccezionale, nella partita casalinga con la Georgia.

Già, ma cosa non va nella controversa tenuta rossocrociata? Le montagne stilizzate a simboleggiare la tradizione, la modernità e la diversità elvetiche? O, come sembra, i colori scelti per rappresentare le lingue nazionali?

La critica che va per la maggiore interessa quel verdino per certi versi poco «svizzero» (ma il blu e il marrone lo sono?). «Ricorda il tricolore italiano!» hanno tuonato in molti. E se c’è chi auspicava una croce più appariscente, altri hanno invece giudicato troppo delicate le tonalità scelte. Della serie: quella è una maglietta buona per un elegante torneo di tennis, mica per una battaglia 11 contro 11. Riassumendo: solo il 10% dei lettori che hanno partecipato al sondaggio lanciato su www.cdt.ch si sono detti favorevoli alla variazione, preannunciando l’acquisto della divisa.

I dilemmi degli sponsor tecnici

Se però c’è un giocatore esperto di magliette, quello è Ildefons Lima Solà. L’ex Bellinzona e nazionale andorrano ne possiede un migliaio. «E a me quella nuova della vostra selezione sembra molto sensata, con le montagne e i colori a significare le lingue nazionali. Poi è chiaro, per gli sponsor tecnici è dura mettere tutti d’accordo».

Di certo Lima Solà accoglierebbe volentieri la rinnovata divisa nella sua speciale collezione: «Oramai ne ho molte della Svizzera. Ma altri esemplari, in particolare se rossocrociati, sono sempre benvenuti».

Il tocco dell’artista

Da un atleta a un esteta, un parere lo abbiamo chiesto pure a Yari Copt, ideatore di una apprezzatissima linea di camicie Swiss Made. Insomma, uno che di design «nostrano» ne capisce. «Il motivo montano mi piace» sottolinea. Per poi precisare: «Rappresenta la forza e la bellezza del nostro paese e la voglia di fare bene di una nazionale. In generale non trovo che ricordi altre bandiere, se non per i più maliziosi». Alla fine il tocco dell’artista tuttavia emerge. Copt avanza infatti solo un piccolo appunto: «Avrei forse evitato il verde, usando solo quattro diverse sfumature di rosso. Comunque i giocatori non devono mica sfilare ma fare gol. Quindi Hop Suisse».