Stasera debutta il «Cymru», sospeso tra sogni e origini

Il Galles potrebbe avere i giorni contati. No, non ci riferiamo alle gesta sportive della selezione di Robert Page, che stasera farà il suo debutto nel girone B contro gli Stati Uniti. Il destino dei Dragoni ai Mondiali in Qatar, i primi per loro da 64 anni a questa parte, è ancora tutto da scrivere. Con la penna nelle mani di capitan Gareth Bale e compagni. Diverso, ben diverso, è invece il discorso per quanto concerne il nome della nazionale d’oltremanica. Stando infatti a quanto recentemente dichiarato dal CEO della Federazione gallese Noel Mooney, a partire dal 2023 tutte le compagini affiliate alla stessa potrebbero non più definirsi come «Galles», bensì «Cymru» (pronunciato «Camri»). «È così che viene chiamato il nostro Paese in gallese - ci spiega Dafydd Pritchard, giornalista della BBC Sport locale -. Ed è proprio in una sorta di ritorno alle origini che va ricercata la motivazione che si cela dietro a questa operazione».
Una questione d’identità
Già. La volontà di implementare un termine in lingua locale per le apparizioni internazionali - una via recentemente intrapresa anche dal governo turco, ad esempio - parte dall’alto. E ha radici profonde. Anzi, profondissime. «Volendo esagerare, potremmo addirittura spingerci fino al tredicesimo secolo dopo Cristo - rileva Pritchard -. Fu lì infatti che l’Inghilterra conquistò il Galles, annettendolo al proprio regno. Da allora, inevitabilmente, le tradizioni locali sono andate via via perdendosi. Anche a causa dei tentativi degli stessi inglesi di reprimere e riforgiare l’identità del popolo gallese. Negli ultimi cinquant’anni, però, le autorità hanno spinto per far rifiorire quel passato sbiaditosi col tempo. Se penso alla lingua, ad esempio, sono state fondate diverse nuove scuole atte a insegnare il gallese. E l’obiettivo del governo, ambizioso ma dichiarato, è di arrivare ad avere un milione di persone in grado di parlare correntemente la lingua entro il 2050. Sembra poco, ma vi assicuro che su un totale di 3.5 milioni di abitanti non è poi così scontato».
È dunque all’interno di questo disegno, secondo Pritchard, che si inserisce pure la già citata volontà della Federazione calcistica (FAW) di abbracciare un cambiamento per certi versi radicale. «Sostituire “Wales” (Galles) con “Cymru” non rappresenterebbe una totale novità per la popolazione locale - rileva il giornalista della BBC -. Del resto sul proprio sito internet o sui comunicati ufficiali, già oggi la FAW si definisce come tale. È chiaro però che inserendo - anche un po’ forzatamente - questo termine nel vocabolario di ogni abitante del Paese, si andrebbe a rinforzare un processo che come detto è già stato avviato in altre sedi. Attirando una forte attenzione anche dall’esterno, perché tutte le nazionali che andrebbero a sfidare la nostra si porrebbero inevitabilmente la medesima domanda: “Perché il nome della selezione è cambiato?”».
I tifosi vanno ascoltati
Insomma, le motivazioni appaiono chiare. Non è però detto, stando a Pritchard, che tutti i gallesi approvino questa decisione. «Prima di procedere con una richiesta formale alla UEFA, che a mio avviso potrebbe anche essere accolta, la FAW farebbe bene a interagire con i propri tifosi e ascoltare ciò che hanno da dire. Non è infatti scontato che tutti accettino il messaggio che si intende veicolare con questa operazione, considerando che oggi come oggi soltanto una minoranza della popolazione parla gallese ed è fortemente legata alle origini del Paese. Essendo un processo partito dall’alto e non dal basso, ritengo che sia importante ascoltare la voce di chi poi dovrà sostenere le varie squadre».
Un percorso emozionante
A questo proposito, come in occasione dell’Europeo andato in scena lo scorso anno, una folta delegazione gallese dovrebbe animare gli spalti degli stadi qatarioti. Colorandoli col tradizionale rosso vestito da Bale e compagni, di ritorno a un Mondiale dopo l’ultima - e fin qui unica - presenza all’edizione del 1958. «Esserci è stupendo, l’entusiasmo della popolazione è alle stelle - ci racconta il nostro interlocutore -. Arrivarci, però, non è stato semplice. Gli uomini di Page hanno infatti ottenuto l’accesso ai playoff soltanto all’ultima giornata delle qualificazioni, pareggiando contro il Belgio e relegando la Cechia al terzo posto. Emozionanti sono poi stati anche i match degli spareggi, soprattutto contro l’Ucraina. Quest’ultima sfida si è tenuta in un’atmosfera surreale: da un lato vi era l’irrefrenabile gioia per aver centrato una qualificazione che mancava da ben 64 anni. Dall’altro si voleva trasmettere grande empatia e sostegno al popolo ucraino, senza mancar loro di rispetto in questo difficilissimo momento».
Gli USA, in attesa del derby
Ironia della sorte, la geopolitica condizionerà i match del Galles anche nella fase a gironi di questo Mondiale. I Dragoni sono infatti stati inseriti in un gruppo che comprende pure gli odiati rivali inglesi, gli Stati Uniti e l’Iran. «Diciamo che non ci annoieremo di certo, spunti e temi di discussione non mancheranno - rileva Pritchard ridendo -. Scherzi a parte, calcisticamente parlando sarà un girone a mio avviso molto aperto. Dietro all’Inghilterra, chiara favorita, sarà corsa aperta per tutte le altre. E non sottovaluterei il fattore emotivo che ha fin qui contraddistinto i primi giorni di ritiro della selezione gallese. Questo sarà infatti l’ultimo Mondiale per diversi uomini simbolo della generazione d’oro che ha contraddistinto più di un decennio. Penso al capitano Gareth Bale, ma anche ad Aaron Ramsey, Joe Allen, Wayne Hennessey, ecc. Getteranno il cuore oltre l’ostacolo per ottenere un risultato storico». Già a partire da questa sera contro gli USA. «Ma il vero match cerchiato in rosso sul calendario è quello del 29 novembre contro i “cugini” dell’Inghilterra. Una sfida che in Galles avrebbero tutti evitato volentieri, perché sta monopolizzando un’attenzione che invece si voleva rivolta al piacere di essere tornati a calcare un simile palcoscenico. Ma visto che il sorteggio ha deciso altrimenti, ora tutti sognano il grande sgarbo ai rivali di sempre. Sognando in grande».