Calcio

Super League, lunga vita agli spettatori negli stadi

Uno studio commissionato dalla Swiss Football League ha quantificato la portata economica e sociale dei massimi campionati del Paese - Gli effetti positivi, rispetto al 2014, sono cresciuti in modo netto - Il CEO Claudius Schäfer: «Il tifoso che segue le partite dal vivo, in Svizzera, rimane al centro, i club non lo sottovalutino»
© Keystone/Laurent Gillieron
Massimo Solari
26.11.2025 19:19

Nelle scorse ore è finito agli archivi il quinto turno della fase a campionato di Champions League. Senza compagini svizzere impegnate e con gli zero punti conquistati dallo Young Boys nella scorsa edizione ancora freschi nella memoria. In termini competitivi, il peso della Super League rimane insomma relativo. La portata del massimo campionato svizzero, tuttavia, può essere misurata anche attraverso altri indicatori. Quali? Uno studio appena pubblicato dalla Swiss Football League, la cui realizzazione è stata commissionata alla società svizzera di consulenza e ingegneria EBP e all’Istituto per il turismo e la mobilità dell’Università di Lucerna (HSLU), ha voluto concentrarsi sull’impatto economico e sociale del calcio elvetico. E per i vertici della lega non mancano i motivi per sorridere, considerati i progressi registrati in un decennio.

Il fattore infrastrutturale

«Sappiamo molto: i risultati, i budget societari, il coefficiente UEFA del campionato, gli introiti da diritti tv. Non conoscevamo invece quale fosse l’impatto del calcio professionistico sul tessuto economico. Un aspetto importante, tenuto conto dell’identificazione marcata dei tifosi nel proprio cantone o in una determinata regione». La premessa è del CEO della SFL Claudius Schäfer, ovviamente soddisfatto per l’esito della ricerca. «Parliamo di cifre enormi. Di un’esplosione, anche». Gli incrementi, in effetti, interessano un po’ tutti i fronti, a partire dalla cifra d’affari complessiva e dal valore aggiunto lordo generati dai club (tramite il versamento di salari, l’acquisto di servizi, la costruzione, l’attività di marketing o ancora lo stimolo al consumo delle persone occupate). «Ma a impressionarci, a una decina d’anni dall’ultimo rilevamento, è il +45% fatto segnare dall’affluenza negli stadi» sottolinea Schäfer. Certo, il passaggio della Super League da 10 a 12 club ha favorito questa ascesa. «E i margini per crescere ulteriormente, a mio avviso, sono dati» rilancia il massimo dirigente della lega. «Se impianti come quelli di San Gallo e Young Boys flirtano spesso con il tutto esaurito, in Romandia e in Ticino si può fare decisamente meglio. Di qui la grande attesa, anche da parte nostra, per l’avvento del nuovo stadio del Lugano e gli effetti che saprà produrre sui tifosi».

Non fateli mangiare male

La riflessione di Schäfer ne cela un’altra. O meglio, la suggerisce. «Lo spettatore, in Svizzera, rimane centrale. Può persino valere un terzo, o poco meno, del budget di un club. E se penso all’offerta sul piano della ristorazione, della vendita al dettaglio o della numerizzazione, il grado di redditività delle esperienze allo stadio non ha ancora raggiunto il suo limite. Anzi». Tradotto: la commerciabilità del prodotto in termini di diritti tv, al contrario, non riesce a incidere in modo decisivo. E a evidenziarlo, da noi sollecitato sullo studio, è l’ex presidente del Basilea Bernhard Heusler. «Bisogna essere molto onesti. Il mercato che ruota attorno al calcio svizzero non può essere paragonato a quello tedesco. Ma nemmeno a una realtà come il Belgio. Per questo motivo, ogni club è chiamato sostenere una sfida non indifferente: bilanciare le ambizioni sportive - e i rischi che ne derivano - con una visione finanziaria responsabile e sostenibile sul lungo termine».

Ma la commerciabilità e il mercato del calcio svizzero, rispetto ad altre realtà, rimangono contenuti
Bernhard Heusler, ex presidente FC Basilea e consulente sportivo

Responsabilità che deve e dovrà riflettersi anche sulla politica dei prezzi all’indirizzo del pubblico. A maggior ragione in un periodo storico segnato da rincari trasversali. «Da tre anni a questa parte, i fan sono invitati a rispondere a un formulario di grande rilievo per la SFL» spiega il suo CEO Claudius Schäfer. Per poi precisare:«Le 20 mila risposte circa che ci vengono consegnate costituiscono una base di discussione fondamentale con i club. Il questionario mira infatti a sondare la soddisfazione di chi accede negli impianti svizzeri, al di là della bellezza o meno della partita seguita dal vivo. In occasione dell’ultima assemblea generale, andata in scena la scorsa settimana, abbiamo messo ogni società di fronte ai rispettivi dati. Dati che chiediamo puntualmente di non sottovalutare. Perciò siamo stati trasparenti e chiari, circa la bontà o meno delle iniziative promosse nei diversi stadi. Penso, banalmente, alla qualità del cibo».

Un equilibrio non evidente

Per Heusler è una questione di «umore» da coltivare in chiave positiva a fianco del «fattore identitario e sociale». «Il calcio è intrattenimento. Come la musica e la cultura in generale. E in un mondo instabile come lo è attualmente il nostro, garantire alle persone un momento di evasione non è cosa da poco. L’aumento degli spettatori negli stadi svizzeri si spiega anche così. Ed è possibile mantenere l’asticella in alto, purché il calcio rimanga un evento alla portata di tutti. Del ricco anziano, che vuole bere lo champagne in una lounge, e del giovane studente. Per dire: in Premier League si sta andando nella direzione opposta, con lo spettacolo dal vivo che è vieppiù destinato alle élite».

E a proposito di disparità. Non va sottaciuto come l’impatto positivo dei campionati professionistici svizzeri, sia esso diretto o indiretto, non vada per forza a braccetto con bilanci in attivo. Generare ricavi, per i club di Super League, figuriamoci per quelli della lega cadetta, è una missione alquanto complicata. «Il calcio svizzero, in questo senso, presenta modelli differenti, tra azionariati, sponsorizzazioni e mecenati» rammenta Schäfer. «La ricerca del successo, va da sé, spinge le società ad adottare strategie sportive più o meno azzardate. Ma non si dimentichi l’altra faccia della medaglia, in parte già menzionata, rappresentata dai diritti tv. Le entrate garantite dalle competizioni internazionali non smettono di crescere e, quale principale conseguenza, di mettere sotto pressione le leghe nazionali, in particolare quelle di media grandezza come la Super League. Se un club incassa 40-45 milioni di franchi limitandosi ad accedere alla Champions League, l’equilibrio competitivo del campionato potrebbe venire distorto». Heusler, in merito, si permette di completare il discorso. «La creazione di ricavi grazie alla qualificazione ai tornei UEFA o ai trasferimenti dei giocatori è una specificità del calcio, che altri sport in Svizzera non presentano. Non solo un rischio, dunque, ma anche un’opportunità, figlia del successo sul terreno di gioco». E, ora è appurato, favorevole al tessuto economico del Paese.

Effetto FC Lugano, effetto Sonnenstube

Il segno «+» accompagna quasi ogni voce analizzata dallo studio e messa in rapporto ai valori della stagione 2013-14. Una categoria che arretra però c’è. Si tratta di quella relativa al numero di pernottamenti correlato alle partite di Super League. Ebbene, lungo lo scorso campionato è stata toccata quota 143.000, a differenza dei 149.700 di un decennio fa. Il motivo? Lo sviluppo e il perfezionamento della rete di trasporti pubblici, grazie alla quale organizzare una trasferta nei diversi stadi del Paese non rende forzatamente necessaria una notte in hotel. Il Lugano, con i suoi 17.900 posti letto generati, si pone in controtendenza rispetto alle media delle 12 società. Detto altrimenti, non sono pochi i tifosi ospiti che approfittano dei match a Cornaredo per godere della Sonnenstube. «Un segnale dell’attrattività crescente del club e del suo valore per il tessuto turistico cantonale» rilevano in merito i bianconeri.

Il rapporto dedicato dell’indagine precisa come l’FC Lugano generi un fatturato pari a circa 80 milioni di franchi, suddiviso quasi equamente tra gli effetti prodotti sul territorio cantonale (44 milioni) e quelli generati nel resto della Svizzera (35,5 milioni). Per quanto concerne la creazione di valore, si parla di 37 milioni di franchi (di cui 21 nel solo Ticino) e di un impatto occupazionale quantificato in 269 posti equivalenti a tempo pieno. Il gettito fiscale prodotto a Cornaredo - e versato a Confederazione, Cantone e Comuni - si attesta a 2,8 milioni. Ultima curiosità: se a livello nazionale si spendono in media 35 franchi, il tifoso che ruota attorno al Lugano si ferma a quota 29. 

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