Calcio e integrazione

Una rete in faccia al disagio

L’attaccante Mario Ramaglia dopo aver giocato nel nostro Cantone ha sposato la causa dell’Oratorio don Guanella Scampia: «Qui il calcio è un’ancora di salvezza, il nostro presidente-parroco toglie i ragazzi del quartiere dalla strada per dare loro un obiettivo in cui credere»
Gianluca Pusterla
Gianluca Pusterla
27.03.2022 21:20

«Vedi Napoli e poi muori». Altro non è che la traduzione dal tedesco all’italiano di una frase che pronunciò il grande Goethe al suo ritorno in Germania da un viaggio nel sud Italia. Rimase letteralmente incantato dai colori, dai profumi e dalla gente. E per il protagonista della nostra storia di oggi il discorso è simile, ma al contrario. Lui, napoletano, è rimasto folgorato dal Ticino. Lo raggiungiamo telefonicamente e subito si esprime così: «mi mancate, mi manca il Ticino. Non vedo l’ora di tornare anche solo per qualche giorno». Dall’altra parte della cornetta Mario Ramaglia, 33 anni e un passato calcistico nelle fila di Biasca e soprattutto Mendrisio. Dopo l’esperienza svizzera è tornato a casa per seguire l’attività di famiglia (è direttore generale di Adiramef, società attiva in ambito sanitario). A calcio però gioca ancora, a livello amatoriale con la maglia dell’Oratorio don Guanella Scampia.

Non è solo calcio

Scampia è un quartiere difficile a nord di Napoli, basta una breve ricerca in internet per leggere storie non certo edificanti. Camorra e vite difficili: non è la serie televisiva Gomorra ma realtà, quotidianità per chi è nato e cresciuto tra le vie cittadine. Sullo sfondo le famose «Vele» e a pochi passi il campo della squadra di Mario Ramaglia. «Non lo nascondo, la realtà è difficile, ma ho deciso di venire a giocare qui perché ho trovato dei valori veri. Qui c’è passione e grazie al calcio il nostro presidente (Don Aniello Manganiello, parroco dell’oratorio e presidente, ndr.) cerca di togliere i ragazzi del quartiere dalla strada e dar loro un obiettivo e un futuro». Il bomber del Don Guanella ci spiega che il pallone ha il potere di salvare i giovani della zona che si aggrappano al calcio evitando malavita e distrazioni che possono essere fatali.

Un altro contesto

Ramaglia vive in un altro contesto, è ingegnere di formazione e per lui è solo un gioco. Non è così per tanti suoi compagni di squadra. «Assolutamente, storie complesse, famiglie divise, malavita e droga sono all’ordine del giorno. Lo sport ti mette però allo stesso livello e l’oratorio promuove dei valori sani. All’oratorio non si gioca solamente a calcio: l’oratorio è scuola, è aggregazione, è vita sociale. Ci si aiuta a vicenda e c’è sempre qualcuno pronto a sostenerti anche se ti trovi in un mare di difficoltà. Sono fiero di essere qui». Ma cos’è oggi Scampia? Quanto sentiamo viene edulcorato oppure no? Ci aiuta l’attaccante della formazione campana che milita in Promozione. «È una realtà che prova a rialzarsi dopo anni difficili. Il disagio c’è ed è reale, ma si vuole andare avanti, costruire un futuro migliore. E la nostra esperienza lo dimostra. Io vivo il Don Guanella, ma ci sono altre attività sociali che danno un’alternativa ai ragazzi nati qui. È importante che i giovani abbiano obiettivi e possibilità per non cadere in tentazione».

Gol ad alte quote

Mario Ramaglia nel fine settimana ha realizzato una rete splendida. Nel gioco aereo - soprattutto di testa - è molto forte e sabato quando ha visto che il pallone si alzava in cielo non ci ha pensato due volte. Rovesciata e gol. Da applausi, per un gol di una bellezza inusuale nella periferia calcistica. Dicevamo del suo passato in Ticino, ma ha vestito anche la maglia della prima squadra del Napoli, la squadra del suo cuore. Solo cinque minuti in un Napoli che doveva tornare grande, ma per lui fu un’emozione unica. «Ero giovanissimo, ma non dimenticherò mai quel momento. Era il 2006 e giocavamo in trasferta contro la Virtus Lanciano. Porto sempre con me quegli istanti». E in quel Napoli c’erano grandi attaccanti, su tutti Inácio Piá ed Emanuele Calaiò. Qualche anno più tardi è sbarcato in Ticino, un po’ per caso. «Mai avrei pensato di trovare una seconda casa a Mendrisio, la società più bella in cui sono stato». A Napoli poi si è realizzato, sia sul piano professionale seguendo le orme del padre Michele sia dal profilo sentimentale, tanto che nel corso del 2022 sposerà la sua compagna Federica. Infine ci confessa un aneddoto del periodo momò. «Si dice dell’ospitalità della gente del sud, ma nel Mendrisiotto non c’era una sera in cui non finivo a casa di qualcuno a mangiare. Dai compagni allo staff o da semplici tifosi. Mi volevano bene ed è stato un amore reciproco che ricordo con affetto».