Conference League

Vent’anni dopo il ricordo fa spazio a una dolce realtà

Dopo i recenti «esili» di Lucerna e San Gallo il Lugano torna a vivere una competizione continentale fra le mura dello stadio cittadino, come nell’agosto del 2002 contro i lettoni del Ventspils
Nicola Martinetti
04.08.2022 06:00

«C’è una premessa doverosa da fare: il valore di questa storia è quantificabile e corrisponde a 80.000 franchi. Quelli che ci permisero di affrontare il Ventspils e, in definitiva, di creare questo ricordo». L’aneddoto, curioso, lo rivela Ivan Degliesposti. Vent’anni fa direttore generale del FC Lugano, oggi semplice appassionato. Nell’agosto del 2002, al fianco dell’allora presidente bianconero Umberto Giovine, ebbe l’incombenza di organizzare il preliminare di quella che all’epoca si chiamava ancora Coppa UEFA. «Un compito di per sé ordinario nella mia posizione - spiega il diretto interessato -, reso però arduo dalla complicata situazione in cui versava la società».

Il cargo, l’amarezza e l’orgoglio

Già. Sommerso dai debiti e fresco di retrocessione a tavolino in Lega Nazionale B dopo il mancato ottenimento della licenza, quel Lugano si trovava in moratoria concordataria. In sintesi: temporaneamente vivo, ma con la spada di Damocle del fallimento sulla testa. Peraltro poi concretizzatosi nel marzo successivo. «E proprio per questo motivo - prosegue Degliesposti - rischiammo di dover rinunciare al diritto di disputare il preliminare contro il club lettone, guadagnato sul campo l’anno prima con l’ottenimento del terzo posto finale in LNA. Ma a dispetto dei mugugni che giungevano da oltre Gottardo, riuscimmo a onorare quel traguardo sportivo. Grazie proprio agli 80.000 franchi citati in precedenza, derivanti dai fondi UEFA garantiti ai club per ogni turno di qualificazione ».

La narrazione di quel doppio scontro diretto, culminato con l’ultimo gettone europeo del Lugano fra le mura di Cornaredo, prosegue con un inevitabile accenno al match d’andata. «Del quale, al netto del risultato finale, serbo un piacevole ricordo - rileva l’ex presidente bianconero Umberto Giovine -. Fu un’esperienza unica nel suo genere. A cominciare dal fatto che per raggiungere la Lettonia fummo costretti a utilizzare un aereo cargo riadattato ai voli per passeggeri, quanto potevamo permetterci viste le ristrettezze economiche. A Ventspils purtroppo perdemmo 3-0, pagando l’inesperienza di una squadra molto giovane e compromettendo per buona parte la sfida di ritorno. Ma fui comunque molto orgoglioso dei ragazzi, eccessivamente puniti in una gara ben interpretata».

L’atmosfera all’interno dello stadio fu estremamente piacevole, alimentata dai 4.625 tifosi che gremirono le tribune
Umberto Giovine

L’abbraccio della piazza

L’esito dell’andata suggeriva dunque un mesto e interlocutorio ritorno dell’Europa a Cornaredo. Una sorta di ultimo e malinconico ballo, scontato nei contenuti, prima del definitivo addio al «calcio che conta». «Invece non fu affatto così - afferma Giovine con un sorriso . L’atmosfera all’interno dello stadio fu estremamente piacevole, alimentata dai 4.625 tifosi che gremirono le tribune. È vero, per l’occasione decidemmo di offrire l’entrata gratuita grazie ai costi coperti sempre dai famosi fondi UEFA. Ma chi decise di assistere a quello che poi a tutti gli effetti divenne un pezzo di storia bianconera, lo fece più che altro per lanciare un segnale forte. Sì, lo avvertimmo come un gesto d’affetto, di riconoscenza verso coloro che in quel difficile momento stavano dando il massimo per tenere alti i colori bianconeri ».

Una capocciata illusoria

E la squadra, in campo, reagì di conseguenza. Gli uomini allenati da un giovane Pierluigi Tami provarono con tutte le loro forze a ribaltare il pesante passivo dell’andata. Ancor di più dopo l’1-0 firmato con uno splendido colpo di testa dal ticinese Christian Andreoli. «La prima cosa a cui penso sempre, in merito a quella rete, è la mia esultanza - ci confida l’ex difensore bianconero -. Le immagini televisive, in questo senso, sono eloquenti. Celebrai come se avessi appena siglato il gol decisivo nella finale dei Mondiali (ride, n.d.r.). A posteriori appare forse un po’ fuori luogo visto il contesto, ma in quel momento era genuinamente sentita. Eravamo infatti convinti che quella rete ci avrebbe permesso di sbloccarci, spingendoci verso una clamorosa rimonta ». Che però, di fatto, si arenò lì. «È veramente una sensazione strana, pensare che quello fu l’ultimo gol “europeo” di un giocatore bianconero a Cornaredo. Non lo avrei mai pensato allora. Così come non avrei mai pensato che sarebbero passati quindici anni prima di rivedere il Lugano impegnato in una competizione continentale».

Quella campagna fu una bellissima esperienza. Come del resto, in altri termini, anche il doppio scontro con il Ventspils. La verità è che ci furono tanti aspetti positivi in entrambi i casi
Pierluigi Tami

Le premesse sono migliori

Già. In una sorta di chiusura di un lunghissimo cerchio, il Lugano fece il suo trionfale ritorno in Europa soltanto nel 2017. Con, guarda un po’ il caso, nuovamente Pierluigi Tami in panchina, che raccolse la piacevole eredità di Paolo Tramezzani. E, altra coincidenza, esordì nella fase a gironi di Europa League proprio a Be’er Sheva, contro l’Hapoel avversario odierno. «Quella campagna fu una bellissima esperienza - ci racconta l’allora tecnico bianconero -. Come del resto, in altri termini, anche il doppio scontro con il Ventspils. La verità è che ci furono tanti aspetti positivi in entrambi i casi. Penso al fatto che con i lettoni potemmo giocare a Cornaredo, assaporando appieno il calore dei nostri tifosi. Quindici anni più tardi vivemmo una campagna storica, che ci vide mancare di pochissimo l’accesso alla fase a eliminazione diretta, nonostante i nove punti conquistati. Ma di fatto disputammo sei incontri in trasferta, visto che quelli in “casa” si tennero a Lucerna». Sulla panchina bianconera oggi siede un altro allenatore ticinese. Quel Mattia Croci-Torti che, come Tami vent’anni fa, si appresta a vivere un debutto unico nel suo genere. «Gli auguro di goderselo fino in fondo. Anche perché, al contrario del sottoscritto, potrà contare su una vera squadra di Super League (ride, n.d.r.), con elementi esperti che possiedono il livello e le qualità per questo genere di sfide. Le premesse rispetto a vent’anni fa, ma anche solo al 2017, sono dunque decisamente migliori. E credo che questo Lugano possa davvero aspirare a raggiungere la fase a gironi di Conference League» chiosa Tami.