Il commento

Come se fosse la normalità

L’affetto che si sta dimostrando al calcio femminile in questi giorni è incredibile. Ma durerà?
(AP Photo/Martin Meissner)
Maddalena Buila
08.07.2025 06:00

L’affetto che si sta dimostrando al calcio femminile in questi giorni è incredibile. Non so esattamente quale sia l’evento che me lo abbia maggiormente dimostrato. Forse la marcia verso il Wankdorf, prima di Svizzera-Islanda. I video della fiumana di gente che con ordine e tanto entusiasmo raggiungeva lo stadio hanno fatto il giro del web. O forse me ne sono resa davvero conto a partita finita, quando lasciando la sala stampa dopo la conferenza di Pia Sundhage ho assistito al passaggio dei caroselli. Clacson, bandiere e molti sorrisi. Una cosa che, nel calcio femminile svizzero, non si era mai vista.

L’esito dell’incontro tra rossocrociate e nordiche era importante, certo. D’altronde c’erano in ballo i primi tre punti dell’Europeo. E poi c’è stata quell’atmosfera da brividi creata dal pubblico di casa, nonché il dubbio se il sogno elvetico sarebbe proseguito o meno. Ma quello che è successo e succede intorno a questa manifestazione sembra già il risultato più grande. A Berna, la Bundesplatz è diventata un punto di ritrovo anche nei giorni in cui la Svizzera non gioca. Il maxischermo installato davanti a Palazzo federale attira chiunque: famiglie, anziani, adolescenti, turisti, gente che non distinguerebbe uno schema tattico da un quadro di Picasso, ma che ha voglia di esserci. Come se fosse una routine consolidata da anni. Ieri, per Spagna-Belgio, era un po’ meno piena del solito a causa delle forti piogge che hanno contraddistinto la giornata.

Di partite, per lavoro o per passione, ne ho seguite e commentate parecchie. Ma questo Euro2025 porta con sé qualcosa di diverso. Quasi di magico. Si respira un’aria differente intorno a ciò che concerne la manifestazione. Tutto è leggero e spensierato. Le tifoserie sono mescolate e il tono è civile. Sia all’interno degli stadi, sia per strada o davanti ai maxischermi. Volano pochissime parole sopra le righe e non si sente alcun coro aggressivo. Certo, i decibel si alzano nel caso di un fallo netto non fischiato oppure di un intervento del VAR dal senso quantomeno dubbio (come nel caso del gol annullato a Fölmli per un presunto contatto irregolare su Vilhjalmsdottir). È però un tifo che sembra non voler far rumore per imporsi. Ma che si fa sentire comunque.

E avrebbero di che alzare la voce, i supporter del calcio femminile. L’Europeo in Svizzera sta battendo un record dopo l’altro. In termini di spettatori, di vendite e di copertura mediatica. Ogni giorno vengono pubblicati centinaia e centinaia di articoli che parlano del torneo. E l’entusiasmo è spontaneo, non costruito. Non è un tema trattato perché la rassegna si svolge su suolo rossocrociato, ma perché riscuote successo. C’è fame di eventi condivisi alle nostre latitudini, e l’Euro è riuscito a diventarlo. Non solo nei grandi numeri, ma nelle piccole cose. I bambini che camminano per la periferia di Berna per mano ai genitori con la scritta «Reuteler» sulla schiena, le piazze che si riempiono un’ora prima del fischio d’inizio e le storie di Instagram di conoscenti che iniziano a seguire la Svizzera con passione. Magari fino all’altro ieri non sapevano nemmeno chi fosse Alayah Pilgrim, ma fa niente. Hanno capito che il momento è catartico e storico. E vogliono farne parte.

Difficile dire se durerà. Forse si rivelerà solo una parentesi o forse è l’inizio di qualcos’altro. Ma in ogni caso, è un bel momento. Un Europeo che ha portato questo sport dentro le città e all’interno delle nostre abitudini. Senza forzature. E con una naturalezza che, per coloro che lo seguono da ben prima della rassegna svizzera, fa un certo effetto. Qualcosa, durante questo mese, sta accadendo. E non è poco. In questi giorni, il calcio femminile è ovunque. E la cosa incredibile è che sembra che nelle nostre vite ci sia sempre stato.

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