Calcio

Dall'umiliazione alla speranza: il Grasshopper vuole ritrovarsi

Dopo la deludente gestione cinese, la società più titolata in Svizzera riparte dalle promesse di Los Angeles FC - Lo storico Werner Bosshard: «Il GC è un oggetto delicato, per riconquistare i suoi tifosi servirà umiltà e feeling per la storia»
I nuovi investitori americani si sono presentati mercoledì sera. © KEYSTONE / MICHAEL BUHOLZER
Massimo Solari
19.01.2024 06:00

Trent’anni fa, il Grasshopper affrontava il girone di ritorno convinto di poter vincere il massimo campionato svizzero. Cosa puntualmente avvenuta in coda alla primavera, con tanto di festeggiamenti per il ventesimo titolo. Ne sarebbero arrivati altri sette, prima che il solo Basilea riuscisse a cucirsi a sua volta le due stelle sul petto. Anche i fasti renani, oggi, sembrano sbiaditi. Della grandeur delle Cavallette, però, si fatica quasi ad avere memoria. A maggior ragione alla luce di un decennio - l’ultimo - scandito dalla mediocrità. Da una retrocessione in Challenge League, addirittura. E, soprattutto, dal palpabile disinteressamento della piazza zurighese. L’acquisto del club da parte del Los Angeles FC, annunciato nelle scorse ore, s’inserisce in questo solco. Un solco profondo, al quale hanno contribuito pure gli ultimi, controversi anni di gestione cinese.

«Percepisco una certa fiducia»

La ricca proprietà americana promette altro. Successo. Non subito, ma successo. E al contempo un’internalizzazione del marchio. La franchigia della MLS, d’altronde, è già legata a doppio filo con Bayern Monaco e Wacker Innsbruck (società della quarta divisione austriaca), oltre a essere coinvolta negli affari di Inter Miami, Atletico Madrid, Chelsea, Strasburgo e Racing Club Montevideo. Ai tifosi rimasti del GC, così come ai nostalgici, è in tal senso richiesta una scelta di campo. Da un lato l’ennesimo atto di fede, nella speranza di aver oramai toccato il fondo. Dall’altro lo smarrimento, e ulteriore disaffezione, a fronte di un oggetto di culto diventato mera merce di scambio. No, non dev’essere semplice aver vibrato e continuare a vibrare per il Grasshopper. Per la società, lo abbiamo detto, più vincente della storia. Werner Bosshard, se vogliamo, racchiude alla perfezione questi sentimenti contrastanti. Lui che è storico, tifoso, e non da ultimo co-autore del libro dedicato ai 136 anni del club: Grasshoppers, Fussball in Zürich seit 1886 (NZZ Libro). L’opera è stata pubblicata nel 2022, in tempi già bui insomma. «Anche per questa ragione, personalmente, voglio credere alla bontà dell’operazione con Los Angeles FC» ci dice. «La precedente cessione ai cinesi aveva costituito un’umiliazione. Vero, il Gruppo Fosun ha sempre onorato gli impegni sul piano finanziario. A mancare, però, è stata una visione sensata e strutturata. Un piano chiaro circa gli obiettivi da raggiungere e le modalità per riuscirci. Oggi regna un sentimento diverso. Quasi di fiducia, alla luce delle competenze molto più profilate e professionali del gruppo statunitense».

Io voglio crederci, consapevole che il romanticismo non potrà nulla contro la logica del profitto
Werner Bosshard, storico e autore del libro sui 136 anni di storia del GC

«C’è un pubblico dormiente»

La filosofia di chi maneggia il «soccer» è risaputa. Commercializzazione e profitto sono e saranno le parole d’ordine pure di Larry Freedman e soci. «E mi sta bene, purché si mantenga il giusto feeling per la storia del GC» sottolinea Bosshard. Ecco, appunto: quale tipo di sensibilità implica il passato prestigioso e quindi ingombrante del club? «Serve grande umiltà verso un tassello così importante e datato del calcio svizzero. Durante la presentazione, i nuovi investitori hanno toccato le corde giuste in questo senso. Parlando del ritorno dei giovani svizzeri e di figure nelle quali riconoscersi in campo. Detto ciò, e sono il primo a riconoscerlo, il romanticismo non potrà nulla contro la cultura ipercapitalista dello sport americano». Che le parti trovino un punto d’incontro non è inoltre assicurato. «Forse a Los Angeles non si sono resi conto di quanto sia delicato il Grasshopper» osserva Bosshard: «Prendiamo il pubblico: non è mai esistita una tifoseria ampia. Di sicuro - e in tutta la Svizzera - è dormiente un significativo numero di appassionati. Che osserva da lontano. Ma l’ottimismo degli statunitensi, in quest’ambito, potrebbe anche rivelarsi eccessivo».

«Fondamentale lo stadio»

Una variabile è comunque innegabile: l’identità del sostenitore-medio - in questi anni - ha sofferto pure per l’assenza di uno stadio proprio. E, di riflesso, per la convivenza forzata con lo Zurigo al Letzigrund. «Molto passa dalla futura casa del GC» conferma Bosshard. «La aspettiamo da troppo tempo. E mentre aspettiamo, lentamente, il popolo al seguito del GC continua a calare». C’è dunque un amore da riconquistare. Un legame da rinsaldare. «Attraverso il bel gioco, ancor prima che con i successi. Sono quindi curioso di capire se esiste una precisa cultura calcistica. Idealmente, quella a stelle e strisce dovrebbe attecchire meglio rispetto alla cinese. Ma la ricerca dello spettacolo, il concetto di una Hollywood del pallone, ad ogni modo, andranno giocoforza adattati al modello europeo». Ci è già passato Joe Mansueto, a Lugano. Sin qui con un discreto successo. «E spero che lo Zurigo possa tornare a preoccuparsi pure del Grasshopper» conclude sorridendo lo storico Werner Bosshard. L’identità e l’ardore di una piazza di calcio, d’altronde, si costruisce e alimenta anche attraverso le rivalità.

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