Dopo i miraggi, spazio agli obiettivi credibili

Il fenomeno della «fata Morgana» può affascinare quanto l’aurora boreale. A contribuirvi è l’aria cristallina del circolo polare artico che si diverte a giocare con diversi elementi: i riflessi di luce sull’acqua, il ghiaccio o la neve, che a loro volta intercettano le inversioni termiche. Cosa accade? Beh, a prodursi è una sorta di illusione ottica, per cui la corretta percezione della profondità diventa impossibile. Gli oggetti all’orizzonte si fanno sfocati oppure - e l’effetto straniante sta qui - spuntano laddove in verità non c’è nulla. Capita così di osservare montagne capovolte o imbarcazioni volanti. Lasciando Bodø e gettando per l’ultima volta lo sguardo al largo della costa, abbiamo riflettuto proprio a questo genere di immagini. E, riavvolgendo il nastro della Conference League bianconera, ci siamo chiesti se i vertici del club non avessero voluto sperimentare la stessa ebbrezza quando lo scorso luglio hanno fissato gli obiettivi stagionali.
Ambire - anche solo a parole - al superamento della fase a gironi è parsa subito una forzatura. E il fatto che il concetto sia stato ribadito una volta pescati Bruges, Glimt e Besiktas ha confermato la lettura sballata della situazione. Quasi il 2023-24 del Lugano dovesse favorire una sorta di utopia. Irrealistica, appunto. Il percorso compiuto dalla squadra di Mattia Croci-Torti, in fondo, ha confermato questa tesi. Ipotizzare l’avanzamento dei bianconeri ha costituito un rischio. Ha generato pressione e aspettative, che il campo ha progressivamente sgonfiato.
La terza avventura europea dal ritorno in Super League, detto altrimenti, avrebbe dovuto essere affrontata con maggiore prudenza. E ciò in considerazione sia delle quotate rivali, sia dell’oggettivo potenziale della formazione ticinese. Una formazione tanto intraprendente quanto giovane, oltretutto rimasta orfana della saggezza di Doumbia e Daprelà. Sono comunque arrivati 4 punti. Forse saranno addirittura 7. Il che costituisce il merito più significativo di chi è sceso in campo e di chi - dalla panchina - ha cercato in tutti i modi di conferire spessore alle ambizioni della prima ora. No, quanto scritto in precedenza non equivale a una bocciatura del Lugano in versione continentale. Anzi. Il successo di Istanbul, contro il Besiktas, ha costituito e costituirà un’altra, indimenticabile pagina della storia bianconera. Di più: nel quadro di mesi sportivamente complicati, ha rinnovato l’amore dei tifosi per la squadra. Un’altra illusione nell’illusione, generata dal campo certo, che ha contagiato un po’ tutti. Noi compresi. La verità è che i giocatori faranno tesoro più delle battute d’arresto, degli erroracci e delle occasioni mancate lungo l’estenuante cammino lontano da Cornaredo, rispetto all’inebriante rimonta architettata in riva al Bosforo. La Conference League doveva essere proprio questo: un progetto didascalico in sei tappe. Lo sarà?
Eccola la sfida più importante che attende ora le differenti componenti della società: calciatori, staff tecnico, dirigenti e proprietà. Se è sul medio-lungo termine che si intende ragionare e se continuità e coerenza rappresentano i principali strumenti di lavoro, i semi sparsi per l’Europa negli ultimi mesi dovranno giocoforza germogliare grazie ai risultati ottenuti in campionato. Solo riconquistandosi il diritto di partecipare alle competizioni UEFA, infatti, gli sbagli troverebbero il modo per tramutarsi in maturità. Acquistando un senso compiuto, rendendo il Football Club Lugano ancora più grande. Da domani scatta dunque la rincorsa ai vertici della Super League. Non sarà evidente, perché da qui alla pausa invernale Croci-Torti rischia di dover fare i conti con un gruppo comprensibilmente svuotato, oltre che ridotto all’essenziale dagli infortuni. Distorcere la realtà, affidandosi a un miraggio, non sarà però consentito. No, nessun fenomeno della «fata Morgana». Puntando ai primi tre posti in campionato, e a differenza di quanto accaduto con la Conference League, la dirigenza è stata credibile.