Hockey

Fischer: «In questi cinque anni meravigliosi sono cresciuto insieme all'Ambrì»

Il difensore leventinese si racconta alla vigilia della partita casalinga contro l'Ajoie, la squadra in cui giocherà nelle prossime due stagioni
Fernando Lavezzo
03.02.2023 06:00

Stasera Jannik Fischer affronterà il suo futuro. Alla Gottardo Arena, infatti, arriva l’Ajoie, la squadra in cui il difensore biancoblù giocherà nelle prossime due stagioni. «Ci avrei scommesso che qualcuno mi avrebbe intervistato alla vigilia di questa gara», ci dice divertito il 32.enne.

Jannik, hai già spiegato di aver scelto l’Ajoie per ragioni personali. Puoi dirci qualcosa in più?

«Volevo tornare in Romandia, dove vive mio fratello e dove lavora mia moglie. Io e lei abbiamo deciso insieme di fare questo passo. Non è una scelta contro l’Ambrì Piotta, un club nel quale ho trascorso cinque anni meravigliosi. Sono però felice di aver trovato un accordo con la squadra giurassiana, di cui condivido i valori e in cui potrò assumermi molte responsabilità. Per certi versi, mi attende un nuovo inizio simile a quello che ho vissuto nel 2018 venendo ad Ambrì, in una società periferica con tanta voglia di crescere, di farsi valere e di trovare stabilità in National League. Oggi ho 32 anni, ho molta più esperienza rispetto a quando sono approdato in Ticino. Un prezioso bagaglio che porterò con me a Porrentruy».

Questa sera l’Ajoie sarà un avversario come tutti gli altri?

«Non nego che per me sarà una partita speciale. La mia testa, però, è al 100% qui, con l’Ambrì. Sono convinto che in pista non avrò problemi a concentrarmi sul mio lavoro. Sarò il solito Jannik, da qui a fine stagione. Ci attende una partita molto importante, veniamo da una bella vittoria a Zugo e vogliamo proseguire sulla strada intrapresa nell’ultimo periodo, nel quale abbiamo giocato con solidità e costanza».

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«L’Ajoie non regala niente a nessuno. Quest’anno ci ha già fatto male sfruttando i suoi punti forti, a cominciare dal gioco in transizione. Dovremo tenerne conto, ma sono fiducioso. Faremo ciò che serve».

Ricordi ancora il tuo primo giorno in Leventina?

«Era l’aprile del 2018. La stagione si era conclusa da poco e sono venuto in Ticino per incontrare i miei nuovi compagni. È stato un momento speciale, un grande cambiamento. Arrivavo da 8 anni nel Losanna, un club con il quale avevo ottenuto la promozione in NLA nel 2013 e nel quale ho giocato a lungo con mio fratello Simon. Non è stato facile dire addio a una realtà in cui ero praticamente cresciuto, ma ad Ambrì mi sono subito sentito a mio agio. Qui mi sono evoluto come giocatore. E sono cresciuto anche come persona».

In che modo?

«Capita di incontrare persone e di vivere esperienze che ti cambiano il carattere, anche se hai già trent’anni. In Ticino mi è successo proprio questo. Come squadra abbiamo attraversato momenti intensi: se riesci a rialzarti dopo una serie di sconfitte e ad agguantare i pre-playoff in rimonta, come abbiamo fatto noi la scorsa stagione, scopri risorse che forse non sapevi di avere. Quando trascorri 5 anni in un club, le persone che lo compongono diventano dei punti di riferimento. Alla vigilia della stagione scorsa, ad esempio, ho perso mio padre, e non dimenticherò mai il sostegno ricevuto da Duca e Cereda. Mi dissero di prendermi il tempo necessario. Non sono cose scontate, in questo ambiente».

Negli ultimi cinque anni si è evoluto anche l’Ambrì Piotta.

«Sì, basti pensare alla nuova pista. Un passo enorme per tutta la comunità biancoblù: club, giocatori, tifosi. Sono contento di aver vissuto sia la vecchia Valascia, sia la Gottardo Arena, diventando testimone di questo storico passaggio. Quando arrivai ad Ambrì, Duca e Cereda erano in carica da un solo anno e stavano ancora cercando di inculcare i valori in cui credevano e le loro idee di gioco. Oggi i progressi sono notevoli. Ogni sera possiamo battere qualsiasi squadra. Abbiamo avuto dei passaggi a vuoto, ma siamo diventati un gruppo molto competitivo. Rispetto al mio primo giorno in Ticino, l’HCAP è diventato un club più strutturato e professionale, ma con i valori di sempre».

Hai anche avviato un’attività extra sportiva. Vuoi parlarcene?

«Insieme a mio fratello Simon ho fondato un’impresa chiamata Africa Container Shipping. Siamo specializzati in trasporti e logistica, importiamo ed esportiamo merci di vario tipo tra l’Africa e il resto del mondo. Simon è il grande capo, ha smesso di giocare nel 2018 e da allora se ne occupa al 100%. Abbiamo alcuni dipendenti. Io ci lavoro quando non ho impegni legati all’hockey. Sono fiero di aver pianificato in anticipo il mio futuro. Oggi questa attività mi permette di tenere occupata la mente in modi diversi e di avere un equilibrio ideale. Anche il mio gioco ne trae giovamento».

In questo hockey moderno in cui si attacca in cinque, i difensori difensivi come te sono destinati a soccombere o ci sarà sempre bisogno di uno Jannik Fischer?

«Penso che ci sarà sempre bisogno dei cosiddetti giocatori di ruolo. Di gente che si sacrifica per i compagni, predisposta al gioco duro, che va in pista per bloccare i tiri, per impedire agli altri di segnare, per fermare i migliori avversari. Credo che gli Jannik Fischer non spariranno tanto presto».

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