Calcio

«Germania e Svizzera favorite, ma noi non partiamo battuti»

Il 2024 è l'anno degli Europei tedeschi: Marco Rossi, commissario tecnico dell'Ungheria - inserita nel girone con i rossocrociati - si confida al Corriere del Ticino
Marco Rossi (a sinistra) insieme ai ct di Svizzera e Germania, Murat Yakin e Julian Nagelsmann. © Epa/CHRISTIAN CHARISIUS
Alberto Cerruti
01.01.2024 22:30

In Italia sarebbe uno dei tantissimi signor Rossi. In Ungheria, invece, è l’unico e inconfondibile signor Rossi, il ct della nazionale che il 15 giugno, a Colonia, terrà a battesimo la Svizzera nel prossimo Europeo.

Nato il 9 settembre 1964 a Druento, in provincia di Torino, Marco Rossi alla soglia dei 60 anni non è soltanto il primo allenatore italiano capace di vincere in Ungheria, premiato per questo con la «Panchina d’oro» al centro tecnico di Coverciano. Proprio in Germania, infatti, diventerà anche il secondo ct della nazionale magiara per numero di presenze. Un traguardo prestigioso al culmine della sua incredibile carriera, incominciata quarant’anni fa come difensore del Torino, con tappe in Messico e in Germania, poi proseguita come allenatore dalle giovanili del Lumezzane, fino alla Honved di Budapest, nella squadra e nella città della sua svolta professionale. Un salto in alto clamoroso, che proprio per questo vale la pena di essere raccontato da lui.

Signor Rossi, come è arrivato in Ungheria?
«Pensavo di avere chiuso con il calcio, dopo un’esperienza alla Cavese, all’inizio del 2011. Ero pronto a lavorare come commercialista nello studio di mio fratello, perché ormai ero fermo da un anno e mezzo e pensavo di non allenare più. Andai in vacanza a Budapest con mia moglie a salutare un amico e io, che non avevo mai chiesto niente a nessuno, per la prima volta trovai il coraggio di domandargli se conosceva qualcuno nel mondo del calcio. Lui mi presentò il direttore sportivo della Honved e dopo qualche settimana, il 1. giugno 2012, mi offrirono la panchina di quella squadra. Così, quasi per caso, per me è incominciata un’altra carriera».

Da un club alla nazionale, però, il passo è lungo, specialmente per uno straniero…
«È vero e infatti io non avrei mai immaginato di guidare una nazionale così importante. Non è stato un cammino facile, incominciato con il terzo posto in campionato nella Honved. Il primo grande successo è arrivato nel 2017, quando abbiamo vinto il campionato. La Honved non ci riusciva da ventiquattro anni e per me è stata una soddisfazione doppia, perché nessun allenatore italiano aveva mai vinto in Ungheria».

Perché se ne andò subito dopo?
«C’era stata qualche incomprensione e così ho dato le dimissioni, ma per fortuna non sono rimasto fermo. Mi ha chiamato un club slovacco, il DAC Dunajská Streda e siamo arrivati terzi in campionato, piazzamento mai raggiunto prima, qualificandoci per l’Europa League. Sarei rimasto volentieri ma a sorpresa, il 20 giugno 2018, dopo l’esonero di Leekens, la federazione ungherese mi chiese di guidare la Nazionale per preparare la Nations League del biennio 2018-2020 e così eccomi qua».

Nel 2011 ero pronto a lavorare come commercialista. Poi si fece avanti la Honved di Budapest

Da allora sono passati più di cinque anni, durante i quali non è mai stato in discussione grazie agli ottimi risultati…
«Non mi posso lamentare, perché siamo passati subito dalla Lega C alla B nel girone di Nations League, e ci siamo qualificati per l’Europeo del 2021 in cui abbiamo pareggiato con la Francia, campione del mondo, e con la Germania. Poi siamo stati promossi nel girone A di Nations e abbiamo battuto una volta la Germania e due l’Inghilterra, in casa e fuori, perdendo soltanto contro l’Italia».

Anche lei, come Murat Yakin, è soddisfatto di essere in un girone con Svizzera, Germania e Scozia?
«Poteva andare meglio, perché i tedeschi sono i padroni di casa, ma poteva andare peggio se avessimo trovato l’Italia campione in carica».

Se la sente di dividere le percentuali di qualificazione?
«La Germania è favorita, per cui le darei il 50 per cento come minimo. Poi, per l’altro 50, darei un 20 per cento alla Svizzera e il rimanente 30 diviso a metà: 15 alla Scozia che è in crescita e 15 a noi, perché in partenza la qualificazione è un sogno».

Perché vede la Svizzera davanti a voi?
«Intanto perché lo dice il ranking della FIFA, visto che noi siamo al ventisettesimo posto e la Svizzera al diciottesimo. E poi la Svizzera è abituata ai grandi appuntamenti, anche se noi non partiamo battuti con nessuno grazie all’entusiasmo dei nostri tifosi, perché in Ungheria le aspettative sono altissime».

Murat Yakin, che ha rischiato di non arrivare neppure in Germania, potrebbe chiudere in giugno. Anche il suo futuro è legato all’Europeo?
«Il mio contratto scade nel dicembre del 2025 e io penso che in linea di massima i contratti dovrebbero essere rispettati, anche se mi rendo conto che ogni partita può essere l’ultima. In ogni caso, però, sono fiero del traguardo che raggiungerò proprio all’Europeo, visto che con le quattro amichevoli che lo precederanno e le tre partite del girone arriverò a 66 presenze sulla panchina dell’Ungheria alla pari con il mitico Sebes, allenatore della leggendaria nazionale che vinse le Olimpiadi del 1952 e sfiorò il titolo mondiale nel 1954, con i grandi Puskas e Hidegkuti».

La nazionale svizzera è abituata ai grandi appuntamenti e può contare su campioni affermati

Oggi la stella dell’Ungheria è Szoboszlai: a chi può essere paragonato?
«È il nostro capitano, ha soltanto 23 anni e siccome nel Liverpool indossa la maglia numero 8 di Gerrard direi che in qualche modo gli assomiglia, perché ha forza fisica, velocità e sa giocare a tutto campo».

Che cosa si aspetta da Bolla, l’unico elemento dell’Ungheria che milita nel massimo campionato svizzero?
«Aveva avuto qualche difficoltà, ma si è ripreso nel Servette. Conto molto su di lui per la fascia destra, perché è veloce e a 24 anni ha tutte le qualità per esplodere definitivamente».

Lei crede in un modulo soltanto o le piace cambiare?
«Noi giochiamo con il 3-4-2-1, ma possiamo variare perché più del sistema di gioco è importante mettere a proprio agio i giocatori, dando loro delle certezze. È quello che mi hanno insegnato i miei due maestri, Lucescu nel Brescia e Bielsa in Messico».

Anche per questo riesce ad assemblare giocatori che partecipano a dieci campionati stranieri, da Cipro al Giappone?
«Come se non bastasse questo, il vero problema è un altro, perché molti giocano in seconda divisione e magari non sono nemmeno titolari, come Nagy che in Italia fa la riserva nel Pisa in serie B».

In Ungheria le aspettative sono altissime, ma è grande pure l’entusiasmo dei tifosi

Perché non ha più chiamato Vecsei che aveva giocato nel Lugano?
«Perché con noi si ostinava a fare la seconda punta, pur essendo un centrocampista, e poi dopo l’esperienza al Ferencvaros, ha preferito andare in Giappone».

Per quale motivo pensa che la Svizzera abbia qualcosa più di voi?
«La Svizzera ha campioni affermati, come Sommer, Rodriguez, Akanji, Xhaka, lo stesso Shaqiri se sta bene, tutta gente con esperienza e qualità».

Per concludere, quali saranno la favorita e la rivelazione nel prossimo Europeo?
«La Germania è la mia prima favorita, ma io non trascurerei l’Italia che può battere chiunque. La sorpresa, invece, potrebbe essere l’Albania, anche se io spero che sia l’Ungheria, che in fondo fa rima con Albania».

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