Sci alpino

Gut-Behrami e Odermatt, due campioni senza vertigini

Lara e «Odi» guidano la generale di Coppa del Mondo: a 36 anni di distanza dall’ultima, all’orizzonte si staglia un’altra, clamorosa doppietta svizzera - Ambizioni e talento sono comuni, ma la regina e il re del Circo Bianco vivono la leadership quasi agli antipodi
Lara Gut-Behrami (32 anni) e Marco Odermatt (26) sono destinati ad arricchire ulteriormente il rispettivo palmarès. © KEYSTONE / JEAN-CHRISTOPHE BOTT
Massimo Solari
15.02.2024 06:00

Lara Gut-Behrami tiene il discorso a distanza di sicurezza. «Riparliamone alle finali di Saalbach, tra un mese». A differenza di Marco Odermatt, d’altronde, i punti che la separano da chi insegue sono appena 5. Mica più di 800. Eppure, la conquista della classifica generale di Coppa del Mondo da parte di due atleti svizzeri è tutto fuorché un miraggio. No, è lì, che si staglia all’orizzonte. Come un tramonto mozzafiato. Come nel 1988, quando venne realizzata l’ultima doppietta rossocrociata. Anche allora, guarda caso, a osservare tutti dall’alto c’era una ticinese. Michela Figini, certo. E al suo fianco Pirmin Zurbriggen, che già nel 1984 e nel 1987 aveva condiviso la vetta del Circo Bianco insieme a Erika Hess e Maria Walliser. Quanti campioni. E che belli gli anni Ottanta, per un movimento capace di sublimare il proprio potenziale ai Mondiali di Crans-Montana del 1987. 14 medaglie complessive, 8 ori, per un’edizione indimenticabile.

Dieci anni fa, la rabbia a Sochi

Proprio dalla stazione vallesana, nel weekend, Lara tornerà a modellare la sua stagione. Che a ridosso dei 33 anni è già un capolavoro, al netto della piega che vorrà prendere il duello con Mikaela Shiffrin. La sciatrice più vincente di sempre è ai box. E, proprio per questa ragione, le due discese e il superG in programma tra domani e domenica sembrano una promessa. La gloria, sì, che presta il suo fianco sinuoso. E di nuovo, dopo che la coppa di cristallo più preziosa si era concessa una prima volta nel 2016. Sono trascorsi quasi otto anni e Gut-Behrami è cambiata. Vuoi per il matrimonio con Valon - a seguito del quale la ticinese ha ricalibrato priorità e grado di protezione della vita privata -, vuoi per la maturità sportiva tramutata in nuovi traguardi di successo. Basti pensare all’eccezionale progressione in gigante o - ragionando in termini venali - ai recenti ori mondiali e olimpici.

A proposito di Giochi: proprio negli scorsi giorni ricorreva il decimo anniversario dal bronzo conquistato a Sochi, in discesa libera. Ricordate? Lara visse quella prima medaglia a cinque cerchi con sentimenti contrastanti. Dapprima la stizza, per i 10 centesimi concessi alle trionfatrici Dominique Gisin e Tina Maze. Poi, a mente fredda, una misurata soddisfazione. Quelle Olimpiadi, tre giorni prima, erano fra l’altro già state segnate dalle lacrime e dalla frustrazione, per il podio mancato in combinata, complice l’uscita nella seconda manche. Ecco: l’accecante ambizione dell’epoca ha lasciato spazio alla piena consapevolezza e a una perfetta gestione del talento. Alla serenità, anche, che - seppur custodita gelosamente - traspare maggiormente al parterre, davanti a microfoni e taccuini. Fateci caso: pure il linguaggio del corpo di Gut-Behrami, una volta superata la linea d’arrivo, è diverso. Se un tempo a farla da padrona era un’apparente freddezza, ora la ticinese non teme di guardare la telecamera - e di riflesso la platea - dritta negli occhi. Stringendo e mostrando il pugno. Esultando sinceramente.

Percorsi diversi

Genuino e senza filtri, Marco Odermatt lo è da sempre. E non è solo una questione di età. No, è predisposizione. È la capacità - volendo utilizzare un verbo francese e rivelatore - di fédérer. L’altra punta di diamante dello sci rossocrociato - banalmente - costituisce la massima espressione di Swiss-Ski, intesa come squadra e dunque condivisione di regole e valori. Lara, lei, ha scelto un’altra strada e - tralasciando qualsivoglia giudizio di merito - la scelta ha pagato. Altroché. Che sia più facile immedesimarsi in «Odi», è un altro tema. Una conseguente ovvietà, se vogliamo. Forse perché anche noi, vincendo il gigante di Adelboden o la libera del Lauberhorn davanti a 30 mila persone, ci lanceremmo sui teloni di protezione, urlando poi come matti. E vuoi mettere una notte folle in uno straripante club di Kitzbühel, a torso nudo e persino divertito dal fatto che chi ti sta lanciando la birra addosso è colui che ti ha appena battuto sulla Streif?

Simpatia e ammirazione, però, non vanno confuse. E ciò dal momento che nei libri di storia - a futura memoria - sono finiti e finiranno i numeri incredibili dei due atleti. Non i loro atteggiamenti o post sui social. Un’eredità enorme, insomma, i cui germogli si stanno traducendo in spirito d’emulazione e riconoscenza.

Personaggi e ispirazioni

Odermatt, suggerivamo, ha già le mani sulla generale. Domenica, a Kvitfjell, potrebbe inoltre assicurarsi in anticipo la coppa di superG. Restando alle cifre, il 26.enne è invece reduce dalla nona vittoria consecutiva in gigante. A Bansko. Un filotto pazzesco in una singola disciplina, riuscito solo ad Alberto Tomba, ma in slalom tra il 1994 e il 1995. Senza essere (e voler essere) una bomba, «Odi» è un personaggio prezioso per il circuito. È appunto ispirazione e al contempo - cosa che vale pure per Lara Gut-Behrami - ambasciatore del Made in Switzerland. Sci e cioccolato, per un connubio dolcissimo. Quello di due campioni che non conoscono le vertigini.

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