Calcio

I nuovi leader e il Maestro

Remo Freuler e Silvan Widmer sono diventati con il tempo pedine importanti della Nazionale svizzera, ieri sorpresa in ritiro a Bad Ragaz dalla visita di Federer - Il centrocampista dell'Atalanta: «Il rosso con la Spagna? Di recente l’arbitro mi ha confidato di aver sbagliato» - Il difensore del Mainz: «Quando tornai al Basilea, in pochi capirono»
Silvan Widmer e Remo Freuler, uomini fidati di Murat Yakin. © KEYSTONE / GIAN EHRENZELLER
Massimo Solari
31.05.2022 06:00

Dieci anni fa, Remo Freuler e Silvan Widmer si sfidavano in Challenge League. In «periferia». Il primo con la maglia del Winterthur, il secondo con quella dell’Aarau. Le rispettive carriere, allora, assomigliavano a un’alba promettente. Rossa. Non ancora rossocrociata. Il presente racconta invece di due primattori. Ora sì, di dimensione internazionale. A forgiare entrambi sono stati il tempo e la perseveranza. No, non parliamo di star. Ma di gregari che hanno lavorato - tanto e bene - per riuscire a indossare la maglia di leader. E il fatto che siano stati scelti dagli strateghi della selezione maggiore per le maxi-interviste prima dei prestigiosi impegni della Svizzera in Nations League, in fondo suggerisce molto. Due nuovi leader, dunque. A disposizione di Murat Yakin, guida elvetica ieri invero superata da un maestro. O meglio dal Maestro. All’allenamento mattutino del ritiro a Bad Ragaz, a sorpresa, è infatti apparso Roger Federer.

I destini di Winterthur e Aarau

«Una leggenda tra noi» il commento di un raggiante Widmer. «È stato un bellissimo momento, anche sul piano personale. Sono un grande appassionato di tennis e Federer è una fonte di ispirazione, oltre che un grande esempio in termini di correttezza e professionalità». L’incontro con uno dei tennisti più forti della storia, per Freuler ha altresì significato «la realizzazione di un piccolo sogno. Conoscere Roger di persona, d’altronde, non capita a tutti». Vero. Come raramente, nel calcio svizzero, si era ammirata una lega cadetta così incerta ed elettrizzante. «Ho cercato di seguire il più possibile il pazzesco finale di stagione del Winterthur» ammette Remo sorridendo. Negli scorsi giorni, il centrocampista ha rinnovato il contratto che lo lega all’Atalanta. Un matrimonio, questo, che durerà altri tre anni. Per sempre, di fatto? «Nei miei piani ci sono almeno altri 5 o 6 anni all’estero. Chiudere alla Schützenwiese? Chi lo sa, forse al capolinea del mio viaggio sportivo. Per ora sono solo felice della promozione del club in Super League. Per altro in un momento strategico, con l’allargamento a dodici del torneo». L’incredulità dei tifosi argoviesi, per contro, è anche quella di Widmer: «È la seconda volta in tre anni che il salto di categoria sfugge di mano alla mia vecchia società. Sì, devo ammettere che mi è dispiaciuto un sacco. Anche perché sono ancora in buoni rapporti con alcuni giocatori. Il prossimo campionato, ad ogni modo, potrà finalmente essere quello buono. Dopotutto due squadre saranno promosse e una terza si giocherà lo spareggio».

«Il Mainz? Mai stato così bene»

Uno spareggio, proprio nel 2012 e con l’Aarau, Widmer lo perse al cospetto del Sion. L’anno successivo, finalmente, fu promozione diretta. La Super League, per il difensore destro del Mainz, arrivò tuttavia molto dopo. Nel 2018. Già, dopo cinque stagioni con l’Udinese. «In molti non capirono il mio trasferimento al Basilea» spiega Silvan: «“Perché mai la Svizzera dopo quasi 150 partite in Seria A” mi chiesero diverse persone. La verità è che dopo un periodo fatto di alti e bassi e quasi dieci allenatori diversi, avevo bisogno di ritrovare la piena fiducia nei miei mezzi. E in questo senso, il ritorno nel massimo campionato elvetico è stato fondamentale: ho giocato sempre, vissuto l’Europa League da protagonista e – di riflesso – gettato le basi per il salto in Bundesliga, la scorsa estate». Un passo indietro per farne due avanti, insomma. Pure in Nazionale. «Quella appena conclusa è stata la migliore stagione della mia carriera» evidenzia non a caso Widmer, un Europeo chiuso da titolare, 33 partite su 34 dal primo minuto al Mainz e la pesantissima rete all’Olimpico di Roma contro l’Italia che ha socchiuso le porte del Qatar alla Svizzera.

L’Ucraina e Malinovskyi

Chi in Italia ha invece fatto più fatica del solito, non tanto sul piano individuale ma a livello di club, è Remo Freuler. Dopo cinque anni consecutivi, la Dea non parteciperà alle competizioni europee. Un bene, magari, considerata l’ubicazione dei Mondiali a fine anno? «Chi lo sa, forse sarà davvero così» afferma il vicecapitano dell’Atalanta, abbozzando un sorriso: «In realtà siamo delusi di non aver chiuso nelle posizioni che contano. L’andata è stata da record, poi qualcosa si è inceppato. Soprattutto davanti al nostro pubblico. Non voglio però sentire parlare della fine di un ciclo. Rimaniamo una grande squadra, che farà di tutto per chiudere nei primi sei posti il prossimo campionato». C’è tanta voglia di rifarsi, quindi, tra i bergamaschi. Un sentimento di rivalsa, tra l’altro, che potrebbe albergare Freuler anche per un altro motivo. A quasi un anno dai quarti di finale di Euro 2020 persi ai rigori, il centrocampista della Svizzera - settimana prossima - tornerà ad affrontare la Spagna. «Il termine vendetta però non mi appartiene» precisa, quando gli si chiede se l’espulsione diretta rimediata nella partita decisiva di San Pietroburgo rappresenta una sorta di conto in sospeso. «Nei quarti di finale di Europa League, giocati a Lipsia a inizio aprile, ho avuto modo di ritornare sull’episodio con l’arbitro Michael Oliver. Beh, mi ha spiegato che l’intervento ai danni di Gerard Moreno è stato analizzato a lungo dalla squadra arbitrale, una volta terminato il match. E soprattutto ha ammesso l’eccessiva severità della sanzione nei miei confronti, a maggior ragione allo stadio dei quarti. Tradotto: il cartellino giallo sarebbe bastato». Riscrivere la storia, tuttavia, non è possibile. E, venendo a questioni molto più serie, Freuler lo ha provato sulla propria pelle nello spogliatoio dell’Atalanta. In qualche modo, luogo protetto per il compagno ucraino Malinovskyi, domani di nuovo in campo con la sua nazionale nella semifinale dei playoff mondiali contro la Scozia: «Ruslan ha sofferto molto negli ultimi mesi. E soffre ancora. Abbiamo cercato di stargli vicino, ma per ovvie ragioni – visto che diversi suoi parenti sono ancora in zone di guerra – la situazione è molto pesante».

La Nazionale decollerà per Praga oggi pomeriggio, dall’aeroporto di Zurigo. Il match contro la Repubblica Ceca è in agenda giovedì alle 20.45, al Sinobo Stadium. Venerdì, la squadra di Murat Yakin volerà quindi a Lisbona, sede della sfida con il Portogallo. Il rientro in Svizzera, in vista delle gare di Ginevra contro Spagna (9 giugno) e ancora Portogallo (12 giugno), è invece previsto per martedì prossimo.
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