Calcio

Riecco l'Ucraina, la lotta alla guerra passa (anche) da Glasgow

Mercoledì la semifinale dei playoff contro la Scozia, posticipata dopo l’invasione russa - Il ct Petrakov avrebbe voluto arruolarsi, ora con la squadra vuole lanciare un altro messaggio al mondo
Oleksandr Petrakov, 64 anni, guida l’Ucraina dalla scorsa estate. ©AP/Marco Bucco
Massimo Solari
29.05.2022 20:35

Avrebbe voluto essere sul campo. A combattere il nemico russo, difendendo la sua terra. E in campo ci andrà, tra tre giorni, sfidando però la Scozia. Senza fucili in mano, alla guida di una squadra di calcio, non di un carro armato. La missione di Oleksandr Petrakov, classe 1957, è il Mondiale di fine anno. Sì, la sua Ucraina, alla fine, ritornerà a giocare. Nonostante la guerra. Ma anche e soprattutto per coloro che la guerra la stanno pagando con la vita. «Avvertiamo una grande responsabilità» ha ammesso non a caso il commissario tecnico: «Per i nostri tifosi in patria, per le nostre forze armate, per la gente comune che tutt’ora si trova in Ucraina». Il 1. giugno, mercoledì, l’ostacolo sarà unicamente sportivo. All’Hampden Park di Glasgow andrà in scena ciò che il conflitto aveva reso impossibile il 24 marzo scorso: la semifinale dei playoff validi per Qatar 2022. A est, intanto, le bombe continuano a cadere. Si muore ancora.

Sulla scia dell’Eurovision

La selezione ucraina, va da sé, cercherà di capitalizzare al massimo la vetrina. Per garantirsi la finalissima contro il Galles, a Cardiff, il 5 giugno. Ma, appunto, in palio c’è altro. Tanto altro. E al proposito, la Deutsche Welle ha raccolto le significative riflessioni della storica Kateryna Chernii. «Il calcio non è la cosa più importante al momento. Le partite della nazionale, tuttavia, sono un’opportunità per il popolo ucraino e per i rifugiati. Un’opportunità di vivere un’esperienza comune. Come il recente trionfo all’Eurovision Song Contest, il desiderio di buone notizie è grande». Il pallone, insomma, come fonte di distrazione. Di sollievo, anche. «Allo stesso tempo è l’occasione per attirare l’attenzione sulla situazione in Ucraina» ha precisato il centrocampista della Dinamo Kiev Serhiy Sydorchuk. I missili russi hanno interrotto bruscamente la sua carriera e quella di diversi compagni. Campionato interrotto e addio competizione nelle gambe. Per preparare il match da dentro o fuori con la Scozia - e altresì per raccogliere fondi a favore dei connazionali - sono state organizzate amichevoli in tutta Europa. Le ultime delle quali in Toscana (contro l’Empoli), Croazia (Rijeka) e Germania (Borussia M. Gladbach). Il campo base della formazione allenata da Petrakov, per contro, è stato allestito in prossimità di Lubiana, in Slovenia. Grazie all’aiuto del presidente dell’UEFA Aleksander Ceferin.

La fuga e il riparo in Slovenia

Non le migliori premesse, dunque, in vista della gara contro la Scozia. «Ma non è il problema principale», raccontano molti giocatori. «L’anima, la testa e le nostre conversazioni sono tutte influenzate dal medesimo argomento» ha indicato sempre Sydorchuk. Già, come concentrarsi su una partita quando i tuoi cari sono sotto assedio in Ucraina? Prendete Taras Stepanenko, giocatore dello Shakhtar Donetsk, club senza casa dallo scoppio della guerra nel Donbass nel 2014. Il 24 febbraio scorso, quando Vladimir Putin ha lanciato l’offensiva armata in Ucraina, il centrocampista ha dovuto ripararsi nel seminterrato della propria abitazione a Kiev, insieme alla moglie e ai tre figli. Il terrore prima della fuga dal Paese. «C’erano missili ogni giorno e il mio compito era quello di rassicurare chi mi stava vicino, promettendo loro che tutto sarebbe andato bene».

Robertson e i sentimenti altrui

Il tecnico Petrakov, dicevamo, avrebbe invece voluto arruolarsi nell’esercito di Volodymyr Zelensky in qualità di volontario. E con lui molti suoi uomini. La slancio del 64.enne è però stato frenato per mancanza di esperienza militare. Il contributo alla causa ucraina dovrà forzatamente passare dalla prestazione offerta ad Hampden Park. Dove anche il pubblico di casa - grazie a una speciale app - avrà la possibilità d’intonare l’inno avversario. Mentre il resto del globo - come due settimane fa con il brano dei Kalush Orchestra - farà il tifo per Yarmolenko e compagni. Il capitano della Scozia Andrew Robertson, da parte sua, ha invitato la squadra ad accantonare i sentimenti. A provarci, perlomeno. «Tutto il mondo, probabilmente, spera in un successo dell’Ucraina. E se non fosse toccata a noi questa sfida, avrei pensato la stessa cosa. Purtroppo, non sarà il caso. Ecco perché, dopo aver concesso tutto il tempo necessario, dopo aver prestato più aiuto possibile, mercoledì sera dovremo essere pronti a batterci per il nostro sogno».

Con l’Unione sovietica disputò i Mondiali del 1986 e gli Europei del 1988, conquistando - sempre nel 1986 - il Pallone d’oro. Oggi Igor Belanov, ex attaccante nato a Odessa e consacratosi con la maglia della Dinamo Kiev, si batte con l’esercito ucraino. Come Belanov, altre figure hanno scritto sia la storia del calcio sovietico, sia quella del calcio ucraino, dopo l’indipendenza del 1991. Fra loro spicca ovviamente Valerij Lobanovsky, tecnico rivoluzionario, che tra gli altri guidò Dinamo Kiev, URSS e Ucraina. Nato a Kiev nel 1939, passò alla storia come «il Colonnello», perché proprio in questo ruolo fu attivo per l’ex Armata Rossa. Altra icona nata a Kiev e vincitrice del Pallone d’oro nel 1975, è poi Oleg Blokhin. Quest’ultimo, classe 1952, condusse la Dinamo Kiev alla vittoria di due coppe UEFA (1975 e 1986), partecipando ai Mondiali del 1982 e 1982 con l’URSS.
In questo articolo:
Correlati
Shevchenko Park, Saint-Denis e il conto aperto da McManaman
Questa sera la finale di Champions League tra Liverpool e Real Madrid, già avversarie nell’ultimo atto del 2018 a Kiev – Per la terza volta nella storia si giocherà allo Stade de France, dove nel 2000 i Blancos trionfarono con gol dell’ex icona dei Reds