Ghiaccio bollente

I santi di Patrick Fischer

È difficile comprendere la volontà della Federazione di rinnovare al più presto il contratto dell'allenatore rossocrociato: perché non aspettare l'esito dei prossimi Mondiali?
Flavio Viglezio
14.12.2023 06:00

Fino a non troppo tempo fa ci toccavano tornei minori, come la Deutschland o la Slovakia Cup, in cui affrontavamo avversari non particolarmente sexy. L’esclusione della Russia per le ormai notissime vicende ci ha spalancato le porte dell’hockey europeo che conta e anche a Zurigo ce la vedremo con superpotenze quali la Svezia, la Finlandia e la Cechia. Nulla di meglio per avvicinarsi nel migliore dei modi ai Mondiali. Il problema è che ai campionati del mondo la Svizzera - grazie all’arrivo dei giocatori impegnati in Nordamerica - presenterà come sempre un volto sensibilmente diverso da quello che è costretta a mostrare in piena stagione. E allora questi tornei - nonostante un cast di partecipanti di assoluto valore - faticano a scatenare l’entusiasmo degli appassionati. E degli addetti ai lavori: non lo diranno mai apertamente, ma i club di National League vedono come il fumo negli occhi una manifestazione inserita a pochi giorni dal Natale, con un campionato che regalerà ancora tre giornate prima della corta pausa di fine anno. Si tocca ferro, nella speranza di non dovere fare i conti con qualche infortunio eccellente.

Più che il torneo, in questi giorni a livello di selezione rossocrociata tiene allora banco la volontà della Federazione di prolungare a breve il contratto di Patrick Fischer. I vertici dell’hockey elvetico lo hanno addirittura annunciato con un comunicato, puntando sulla necessità di garantire una continuità in vista dei Mondiali del 2026 che si terranno proprio nel nostro Paese. A dire il vero stiamo ancora aspettando la profonda analisi promessa dopo la delusione rimediata a Riga, con la solita eliminazione ai quarti di finale contro la solita Germania al termine della solita partita che conta giocata in malo modo. Una riflessione che ovviamente non verrà mai resa pubblica. Cancellata con un colpo di spugna, si guarda già al 2026. Pianificare è giusto, per carità, ma l’impressione è che in questo caso - con una comunicazione ufficiale che annuncia l’imminente inizio delle trattative - si voglia mettere il carro davanti ai buoi. E avere tutto il tempo per smorzare o controllare critiche o polemiche in caso di risultati non all’altezza anche alla prossima rassegna iridata in programma in primavera a Praga e Ostrava.

La verità è che coach Fischer ha davvero parecchi santi in paradiso. Non si capirebbe, altrimenti, tutta questa fretta da parte della Federazione di voler confermare già ora un allenatore di una nazionale incapace di superare lo scoglio dei quarti di finale nelle ultime quattro manifestazioni maggiori. Si poteva tranquillamente attendere l’esito dei prossimi Mondiali e invece si preferisce la soluzione più rapida. E la gatta frettolosa - dice il proverbio - fa i gattini ciechi. Certo, con Fischer - in carica dal 2015 - la Svizzera è cresciuta. Ha cambiato mentalità, cerca di proporre un hockey più offensivo e ha pure conquistato la medaglia d’argento nel 2018 in Danimarca.

Nessuno vuole la pelle di Fischer, insomma. Ma allo stesso tempo nessuno può nascondere la delusione per i risultati (non) ottenuti da una nazionale che - a detta del direttore Lars Weibel - vuole ormai sempre lottare per un posto sul podio. Prima di sbandierare ai quattro venti la volontà di continuare con l’ex coach del Lugano almeno fino al 2026, ci sarebbe insomma voluta un po’ più di prudenza da parte dei vertici federali.

Alla nostra nazionale non possiamo che augurare il meglio nelle due edizioni iridate che precederanno il Mondiale in Svizzera. Ma non basterebbero nemmeno i santi di Fischer a togliere dalle sue spalle una pressione immensa in caso della solita eliminazione ai soliti quarti. Magari contro la solita Germania.

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