Sci alpino

Il cannibale è tornato, ma con un'altra casacca e i propri sci

Marcel Hirscher ha deciso di riabbracciare le competizioni: il 35.enne - ritiratosi nel 2019 - correrà tuttavia per i Paesi Bassi, non per l’Austria - «Vorrei riprendere a gareggiare semplicemente per il piacere di farlo» ha dichiarato - E il nuovo team gli permetterà di provarci con il marchio Van Deer
© EXPA/JFK
Massimo Solari
24.04.2024 18:29

Un ossimoro. Per più ragioni. Da un lato i Paesi Bassi che si regalano l’atleta in grado di toccare le vette più importanti nella storia moderna dello sci alpino. Dall’altro un atleta oramai 35.enne, capace di guardare tutti dall’alto verso il basso, che decide di tornare sulla scena. Con tutti i rischi e gli interrogativi del caso. L’annuncio di Marcel Hirscher, come un terremoto, ha scosso il Circo Bianco. Lo ha reso euforico, anche, considerata la portata della notizia. D’altronde, e come accennato, stiamo parlando di uno dei migliori interpreti di tutti i tempi. Il migliore, per alcuni. E dunque è inevitabile che il suo ritorno alle competizioni - ufficializzato nelle scorse ore - venga accompagnato da curiosità e aspettative enormi. A maggior ragione alla luce delle condizioni che permetteranno a Hirscher di riprendere a gareggiare. Sì, a cinque anni di distanza da un addio che pareva definitivo.

Team privato e sponsor a scelta

Il «cannibale», insomma, ha ancora fame. Ma ad approfittarne - oltre, potenzialmente, al pubblico - non sarà l’Austria. Hirscher, dicevamo, correrà per i Paesi Bassi, nazione della madre. E per motivi ben precisi. «Vorrei innanzitutto avere l’opportunità di riabbracciare le competizioni, semplicemente per il piacere di farlo e l’amore per lo sci» ha spiegato il campione di Annaberg, otto Coppe del mondo e cinque titoli iridati in bacheca. «Per noi è un onore; parliamo di una leggenda mondiale e una fonte d’ispirazione per tutti gli sciatori» ha aggiunto Frits Avis, direttore tecnico della federazione olandese. A masticare amaro, per contro, sono le Aquile. «Siamo molto dispiaciuti del cambio di nazione richiesto da Marcel» ha ammesso la federsci austriaca. «Ma nonostante ciò, l’abbiamo sostenuta. Hirscher ha svolto un lavoro immenso per lo sci e per la nostra federazione. E proprio perché rispettiamo questo contributo, e nello spirito dell’internazionalità dello sci, la conferenza dei presidenti ha approvato all’unanimità il suo desiderio».

Hirscher ha ricondotto il cambio di casacca alla volontà di non rubare spazio e posti ai giovani atleti austriaci. Ma poi ha altresì riconosciuto: «Scegliendo i Paesi Bassi, potrò realizzare al meglio il mio nuovo progetto». E, si badi bene, non si tratta di vantaggi irrilevanti. Nel quadro di una selezione piccola e orfana di primattori, il 35.enne avrà la possibilità di creare il proprio team privato. Con i propri sponsor. E soprattutto i propri sci.

Dovrà ripartire dal basso

Già. Difficilmente l’Austria - affiliata ad altri partner - avrebbe steso un tappeto rosso al marchio Van Deer, creato da Hirscher all’indomani del ritiro. In questo modo, invece, il materiale plasmato dal salisburghese con il sostegno di Red Bull aumenterà la visibilità sin qui garantita da Henrik Kristoffersen (oro in slalom a Courchevel nel 2023) e Timon Haugan. Proprio la collaborazione con i due norvegesi, e la necessità di sviluppare i rispettivi sci, ha mantenuto «in vita» l’Hirscher atleta. L’austriaco, detto altrimenti, ha continuato ad allenare fisico e tecnica. Anche se un rientro subitaneo ai massimi livelli è tutto fuorché scontato.

Scegliendo i Paesi Bassi, potrò realizzare al meglio il mio nuovo progetto
Marcel Hirscher, 8 volte vincitore della generale di Coppa del Mondo

Se il cambio di nazionalità sportiva non dovrebbe incontrare le resistenze del congresso FIS - in agenda a inizio giugno -, diverso è il discorso per quanto concerne i punti necessari per gareggiare in Coppa del Mondo. Tradotto: Hirscher dovrà per certi versi ricostruire la carriera, partendo dalle gare FIS che il prossimo agosto si disputeranno in Nuova Zelanda. Non solo: in caso di qualificazione in CdM, e prima di cercare l’exploit ai Mondiali «casalinghi» di Saalbach, l’austriaco si ritroverà a battersi con pettorali alti e quindi sfavorevoli.

Sognando i duelli con Odermatt

«Conquistare punti in slalom in queste condizioni non sarà per nulla semplice» ha dichiarato al sito specializzato skiactu.ch Matteo Joris, allenatore di Swiss-Ski a capo degli specialisti dei paletti stretti. «Anche uno come Hirscher, su un tracciato rovinato dal passaggio di tanti atleti, non avrebbe la certezza di accedere alle seconde manche. Molto dipenderà dalle singole piste». Per il tecnico degli slalomisti rossocrociati il gap con i migliori dovrebbe essere meno accentuato in gigante. E, in questo senso, c’è già chi sogna avvincenti duelli con Marco Odermatt. Il fenomeno del presente che si ritrova a sfidare un mostro sacro, tornato sulla terra dopo essere stato consegnato all’Olimpo dello sci alpino. «Di sicuro il rientro di Hirscher e quello di Lucas Braathen per il Brasile faranno del bene al nostro sport» ha sottolineato sempre Joris, parlando di «un’eccellente pubblicità». Lo spot è riuscito, non si discute. Siamo però curiosi di scoprire se il prodotto sia rimasto di qualità sopraffina.

Da Ali a Jordan, storie di flop e grandi ritorni

Ritorno al futuro. Ma senza la garanzia di ritrovare il successo. Sono molti i grandi sportivi che ci hanno ripensato. Una o più volte. Michael Jordan addirittura tre. La leggenda della NBA disse basta nel 1993, dedicandosi al baseball dopo tre anelli consecutivi con i Bulls. Tornò nel 1995 e ne vinse altri tre. Altro stop, prima della parentesi con i Washington Wizards tra il 2001 e il 2003. Nel tennis si ricordano i casi Bjorn Borg, tornato in campo (e male) nel 1991, otto anni dopo aver salutato tutti; quello di Martina Navratilova, ferma dal 1994 al 2000 prima di consacrarsi (e bene) al doppio; quello tormentato di Martina Hingis, a 16 anni giocatrice più giovane a conquistare uno Slam, e però costretta a farsi da parte più volte: nel 2003 a causa dei malanni alle caviglie, nel 2007 - da doppista vincente - dopo essere risultata positiva alla cocaina, infine nel 2017.

Non si contano i «comeback» nel pugilato: da George Foreman, fattosi da parte nel 1977 e poi capace di vincere un altro titolo mondiale nei massimi nel 1994, a 45 anni, a Muhammad Alì, il cui ritorno sul ring nel 1980 si rivelò meno glorioso. Celebre, in Formula 1, il «tradimento» di Michael Schumacher, simbolo della Ferrari dal 1996 al 2006 e ciò nonostante convinto dalla Mercedes a rimettersi al volante nel 2010. Più rari i passi indietro nel calcio, anche se uno di questi - favorito da una montagna di dollari - interessò Pelé, nel 1975 passato ai New York Cosmos. Un anno prima aveva dato l’addio al Santos e al pallone.

Lance Armstrong, lui, abbandonò il ciclismo nel 2005, forte della battaglia vinta contro un cancro ai testicoli e di sette Tour de France consecutivi. Peccato che il suo ritorno nel 2009 fu il preludio a uno degli scandali di doping più clamorosi nella storia dello sport.

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