Il Tour de France di Mauro Gianetti: «Uno dei più belli e appassionanti»
Battuto, ma soddisfatto. Mauro Gianetti, manager della UAE di Tadej Pogacar, analizza un Tour de France che è già entrato nella storia: «Sicuramente uno dei più belli ed appassionanti degli ultimi anni», afferma il ticinese.
Quello
conclusosi domenica con il successo di Jonas Vingegaard è stato a detta di
tutti uno dei Tour più belli degli ultimi anni. È d’accordo, Mauro Gianetti?
«Assolutamente
sì. Fino a qualche anno fa il Tour de France scorreva via su binari piuttosto
scontati. Quest’anno è successo di tutto e di più, con tappe animate e
appassionanti fin dalla partenza. I corridori hanno reso la Grande Boucle
davvero spettacolare: hanno avuto voglia di darsi battaglia, interpretando la
gara anche con una certa spensieratezza. I big hanno corso per vincere e non
per non perdere. C’è una bella differenza».


Il
merito è dunque tutto di questa nuova generazione di atleti o il ciclismo è
cambiato?
«Sono
due i fattori da considerare. Il primo vede effettivamente una generazione di
atleti a cui piace gareggiare in un certo modo. È iniziato un po’ tutto con
Julian Alaphilippe e in seguito sono arrivati i vari Pogacar, Van Aert, Van der
Poel e via dicendo. Il secondo riguarda la filosofia delle squadre: questo è un
ciclismo che ci piace. Come manager della UAE non mi opporrò insomma mai al
modo di correre di Tadej Pogacar. Gli posso dare dei consigli, ma non penserei
mai di frenare il suo istinto di attaccante. Anche perché il nostro obiettivo è
quello di promuovere il ciclismo negli Emirati Arabi, dove oggi sono centinaia
di migliaia le persone che si sono appassionate alla bici. Anche e soprattutto
grazie alla nostra squadra. Quest’anno non abbiamo vinto il Tour, ma sono
comunque molto felice per come sono andate le cose. La Jumbo Visma ci è stata
superiore, ma noi abbiamo dovuto fare i conti con parecchie avversità. E
abbiamo comunque dato spettacolo».
Cosa
ha fatto la differenza tra Vingegaard e Pogacar?
«Uno
dei punti chiave è stata l’uscita dalla prima settimana di gara. Sapevamo che
la Jumbo era più attrezzata di noi in pianura, mentre noi avevamo sulla carta
un certo vantaggio in montagna. Pensavamo di dover recuperare del tempo ed
invece abbiamo appunto iniziato la seconda settimana in vantaggio. Nonostante
ciò, Tadej ha interpretato la corsa come se dovesse sempre attaccare. E nella
tappa del Galibier e del Granon – dove ha perso la maglia gialla – ci ha
probabilmente messo troppa foga. Ha perso del tempo e si è ritrovato nella
situazione di dover fare un’impresa. Non gli è riuscita, ma ci ha provato in ogni
modo, sacrificando magari un paio di vittorie di tappa in più. Rimango
dell’avviso che Pogacar sia il miglior corridore al mondo. Vingegaard è stato
fortissimo, ha corso nel modo giusto e in un paio di occasioni è stato salvato
dal grandissimo lavoro di Wout Van Aert».


A
proposito di Galibier e Granon: perché Pogacar ha risposto a tutti gli attacchi
di Roglig e Vingegaard?
«Col
senno di poi si può affermare che Tadej abbia sbagliato, ma bisogna mettersi
nei suoi panni. Davanti la Jumbo aveva Van Aert e in questo contesto è
difficile pensare di lasciar andare uno come Roglic. Magari Pogacar avrebbe
potuto aspettare Rafal Majka, che stava rientrando, ma lo ripeto: con il senno
di poi è tutto più semplice».
A
23 anni Tadej Pogacar è ancora giovanissimo e si dice che si impara più dalle
sconfitte che dalle vittorie. Vero?
«Quando
si vince è un po’ più difficile andare ad analizzare eventuali pecche o errori.
È più semplice farlo quando si arriva secondi, comunque un ottimo risultato. In
squadra c’era una grande tensione legata al coronavirus: vedere la squadra
lottare così tanto, ogni giorno, è stato incredibile. Comunque tutta la
squadra, non solo Tadej, farà nelle prossime settimane un’attenta analisi di
ciò che è successo. Metteremo in evidenza i tanti punti positivi, ma anche
quello che ci è mancato per rivincere il Tour».
Tra
Vingegaard e Pogacar sta nascendo una rivalità destinata a durare negli anni?
«La rivalità tra Tadej e Jonas è già nata. Pogacar è
un corridore che vince durante tutta la stagione. E se non vince ci va molto
vicino. Vingegaard è un atleta di alto livello, che sa preparare benissimo il
Tour de France. È possibile che la loro sia una rivalità destinata a durare,
anche se non si può escludere la crescita di elementi come, per esempio, Vlasov
o Evenepoel. Senza dimenticare un certo Egan Bernal».