Almeno Fazzini vede la porta e il Lugano può infine gioire

È come quando il tuo compagno di banco è un po’ casinista. L’anno scolastico è appena iniziato e prendere sotto gamba le prime lezioni, ai suoi occhi, non appare così grave. Messo già a dura prova, il docente di turno non può tuttavia fare altro che intervenire. Come? Facendoti scalare di un posto, nonostante l’amicizia con il citato pigrone e l’assenza di colpe a tuo carico. In casa Lugano, alla vigilia della delicata sfida contro il fanalino di coda Ajoie, è toccato a Luca Fazzini fare un passo indietro. E ciò a fronte della promozione di Jakob Lee al fianco di Mike Sgarbossa e Brendan Perlini, i colleghi «problematici» di questo sofferto avvio di campionato.
Ebbene, la mossa di coach Mitell ha sortito i suoi effetti. Ma no, a beneficiarne - in un match in cui è emersa la fragile fiducia dei bianconeri - non sono stati i due attaccanti stranieri, sempre a secco di gol. In cattedra, come spesso accade, è salito il Fazz. A decidere la sfida della CornèrArena, permettendo ai ticinesi di trovare il primo successo stagionale, è infatti stata la doppietta del numero 17. Non solo. Con i nuovi vicini, e in particolare un sempre più convincente Zach Sanford, l’intesa è stata subito notevole. E però, di nuovo, che fatica al cospetto di un avversario modesto, difensivamente vulnerabile e, non a caso, trafitto da quattro o più reti nelle precedenti sfide di National League.
«Gettata una base»
Oddio, non che il Lugano non ci abbia provato e riprovato, cozzando contro Ciaccio e - a più riprese - i pali della sua gabbia. Le difficoltà in fase realizzativa dei bianconeri, ad ogni modo, sono emerse ancora. E in modo piuttosto evidente. A sorreggere l’HCL in un finale vissuto in apnea, evitando di prestare il fianco a un’altra beffarda rimonta, ci ha così pensato l’ottimo Schlegel. «Credo, comunque, che il Lugano abbia fatto di tutto per vincere» tiene a sottolineare Calvin Thürkauf. «Contro l’Ajoie contavano solo i 3 punti. Non il numero di reti realizzate. Per crescere, d’altronde, serve nutrire la fiducia dello spogliatoio. E in questa fase, con la squadra alle prese con un processo di crescita, va bene così». A questo giro, rileva il capitano bianconero, «non si è nemmeno assistito ai blackout di 5-10 minuti» che avevano caratterizzato i primi match di campionato. «Certo, non siamo stati perfetti, ma intanto è stata gettata una base sulla quale continuare a costruire». Quanto sia solida, però, lo chiarirà l’incontro di questa sera contro un Davos che vola sulle ali dell’entusiasmo e non ha ancora conosciuto bocciature.