Claude Julien, leggenda NHL: «In America affrontai un giovane Cereda»
Claude Julien, 62 anni, leggendario coach franco-canadese, è arrivato ad Ambrì per condividere la sua esperienza con lo staff tecnico e i giocatori leventinesi. Amico di vecchia data di René Matte, assistente di Luca Cereda, Julien ha all’attivo 1.274 partite in NHL come head coach durante 19 stagioni con le franchigie di Montréal, New Jersey e Boston. Con i Bruins ha vinto la Stanley Cup nel 2011. In Ticino resterà fino al 28 settembre. Sabato era alla Gottardo Arena, in panchina, in occasione della vittoria per 5-1 sul Berna.
Signor Julien, quante volte è già stato nel nostro Paese?
«Questa è solo la mia seconda volta in Svizzera, la prima in Ticino. Lo scorso gennaio ero stato a Davos con la Nazionale canadese, per preparare le Olimpiadi di Pechino. Nei Grigioni sono purtroppo stato protagonista di uno sfortunato evento. Durante un’attività di team building sulla slitta ho perso il controllo del mio mezzo, sono andato a sbattere contro un albero e ho riportato fratture alle costole. Un brutto ricordo che appartiene al passato. Ora ho un nuovo obiettivo: stare in buona salute».
Come ha vissuto la sua prima volta alla Gottardo Arena, in panchina con Luca Cereda?
«Nei minuti finali, quando tutta la pista stava cantando (la Montanara, ndr.), ho detto a Cereda che se fossi stato in tribuna, avrei sicuramente estratto il mio telefonino per filmare l’entusiasmo dei tifosi. Un momento incredibile, un’atmosfera bellissima. Sono rimasto impressionato da come i tifosi partecipano alla partita, dall’inizio alla fine, dando una grande spinta alla squadra. Avrò la fortuna di assistere anche a un derby. Mi hanno parlato di una grande rivalità con il Lugano».
Cosa cercherà di dare all’Ambrì durante questo soggiorno?
«L’idea era di venire qui per un paio di settimane e condividere la mia esperienza. Ho trent’anni di panchine alle spalle, quasi venti dei quali in NHL. Amo lo staff dell’Ambrì, sono arrivato giovedì e in pochi giorni ho capito quanto passionali e competenti siano Cereda e i suoi collaboratori. In spogliatoio, Luca ha una grande energia positiva. Si vede subito che i giocatori lo ascoltano e rispondono nel migliore dei modi».
Ha parlato con Cereda di quando lui era una giovane promessa dei Toronto Maple Leafs?
«Sì, ne abbiamo parlato. Nei primi anni duemila ho anche allenato contro di lui in AHL, quando io guidavo Hamilton, il farm team degli Edmonton Oilers, mentre lui era a St. John in quello dei Maple Leafs. Era un buon giocatore, purtroppo la salute lo ha fermato presto, ma l’aspetto positivo è che ha potuto dedicarsi sin da giovane al mestiere dell’allenatore. Ha potuto continuare a fare ciò che ama».
Questo primo weekend di campionato le ha fatto una buona impressione sull’hockey svizzero?
«Non ho mai avuto una percezione negativa del vostro hockey, anzi. Ogni volta che ho allenato il Canada e mi sono trovato davanti la selezione rossocrociata, ho sempre avuto a che fare con un ostacolo difficile da sormontare. I giocatori elvetici sono competitivi, veloci, combattivi. Ciò che amo di questo campionato è che le squadre vogliono giocare in modo offensivo, con un fore-check aggressivo. Non attendono l’avversario, come invece avviene in molti altri Paesi in cui la difesa è sempre la priorità. Quello svizzero è un hockey entusiasmante. Genera errori che a loro volta generano occasioni da rete. È quello che i tifosi vogliono vedere».
Dopo queste settimane leventinesi cosa farà?
«Probabilmente rientrerò a casa e vedrò cosa succede. Se tornerò ad allenare in NHL, sarà soltanto nel contesto giusto. L’anno scorso, ad esempio, ho rifiutato un’offerta. Tutti sanno quanta pressione ci sia ad allenare in NHL. I cambiamenti sono frequenti, quindi chissà. Sono pronto ad aspettare e considerare l’occasione giusta, se si presenterà. Nel frattempo, continuerò a fare quello che sto facendo: consulenze. Mi piace molto aiutare altre persone in questo ambiente. L’hockey è una passione che non muore mai».
La vedremo alla Spengler alla guida del Team Canada?
«Mi piacerebbe. Nulla è stato deciso. Avrei dovuto allenare il Team Canada all’edizione del 2021, ma poi il torneo grigionese è stato cancellato di nuovo a causa della pandemia. Sarebbe una bella esperienza. La selezione della foglia d’acero mi ha già dato tante opportunità ai massimi livelli, tra Mondiali e Olimpiadi. È sempre stato un privilegio e un onore. Ma capirei se decidessero di dare la chance a qualcun altro».
La sua ultima squadra in NHL sono stati i Montréal Canadiens. Torneranno a vincere una Stanley?
«Credo che stiano facendo la cosa giusta: ricostruire con criterio. Ci saranno anni difficili, anche se non so quanto saranno dolorosi, però è questa la direzione da prendere. Ho allenato i Canadiens in due occasioni, l’ultima dal 2017 al 2021, e sono grato per l’opportunità. Non c’è amarezza per come è finita l’ultima volta (esonero in febbraio), li supporto ancora, così come supporto ancora con i Boston Bruins».
Con i quali ha vinto la Stanley del 2011…
«Oggi in squadra ci sono ancora un paio di giocatori chiave di quel trionfo, come Bergeron e Marchand, ma molto è cambiato. Credo che i Bruins abbiano ancora un tentativo per cercare di vincere il campionato, dopodiché dovranno pensare anche loro a ripartire e a ricostruire».
Guardandosi indietro, valuterebbe il suo viaggio nell’hockey diversamente se non avesse vinto quella Stanley Cup?
«La Stanley è una cosa molto grande. Mentirei se dicessi che non fa la differenza in una carriera. Potete chiederlo a molti giocatori che non l’hanno vinta, nonostante una carriera straordinaria. Penso ad esempio a Joe Thornton, che qui in Svizzera avete imparato a conoscere durante due lockout. Un attaccante incredibile, a cui manca però il trofeo più prestigioso. L’ha inseguito fino a 43 anni. Quando sollevi la Stanley, devi goderti quel momento e andarne fiero, perché non è detto che ricapiterà una seconda volta. Ai giovani dico sempre che le carriere passano veloci e che certe occasioni bisogna coglierle al volo. Se hai l’opportunità di giocare una finale NHL, devi dare tutto quello che hai per vincerla».