Mondiali

Il ritmo dell'hockey e quello del kebab

La cittadina di Herning non ha esattamente una vocazione turistica. E così le giornate scorrono tutte uguali, in attesa della prossima partita
Fernando Lavezzo
14.05.2025 06:00

L’anziano kebabbaro della Østergade è l’emblema di una Herning che non si piega ai ritmi del grande evento. Fino a notte inoltrata, l’uomo prepara appetitosi Dürüm con mani rugose e gesti lenti, infischiandosene della lunga coda formatasi davanti alla sua roulotte. Si prende tutto il tempo che gli occorre, incassa e sorride. «Un lavoro di grande precisione», pensi. Ma al primo morso il kebab si sfalda, carne e insalata finiscono ovunque. Ed è in quel preciso momento, con la salsa allo yogurt sulle scarpe, che decidi di andare a dormire nella tua casetta di mattoni rossi con il tetto spiovente e il giardino perfettamente curato. Uguale a tutte le altre.

Il giorno dopo riparti dalla stessa piazza. Non dal kebab, ci mancherebbe, ma dall’adiacente Cafe Bibliotek, una grande libreria-caffetteria fin troppo affollata nel primo weekend del Mondiale, quando la città è stata presa d’assalto da tifosi svizzeri, cechi, tedeschi e norvegesi. Una folla che si è poi volatilizzata con l’inizio della nuova settimana, restituendo i tavolini del bar alla quiete dei giorni normali. L’espresso è una tortura, ma il banco della panetteria vale la sosta. I croissant sono buoni e giganteschi, mentre la Danese (tipica sfogliatina rotonda con la crema pasticciera al centro) non si chiama Danese, bensì Spandauer.

E poi? Cosa fare fino a pranzo? Come passare il tempo prima della partita? Herning è uno dei migliori posti al mondo per decidere di prendere un cane e per spostarsi in bicicletta, ma non ha esattamente una vocazione turistica. La via pedonale è carina, ristoranti e negozi sono tutti lì, ma è sempre la stessa. Prende vita soprattutto di sera, grazie ai tifosi. Che dopo mezzanotte, in preda alla fame, si mettono in coda davanti alla roulotte dell’anziano kebabbaro. La lunga attesa, il primo morso, la salsa sulle scarpe. E un altro giorno che finisce.

In questo articolo: