Michael Joly, segnali e scommesse

L’ultimo era stato Hnat Domenichelli, arrivato a Lugano con tanta voglia di vincere ma mai premiato, né nel ruolo di giocatore né in quello di direttore sportivo. Ora – primo straniero nella storia bianconera a passare direttamente da un club all’altro – tocca a Michael Joly varcare il Monte Ceneri in senso opposto per accasarsi in Leventina. C’è da scandalizzarsi? Certo che no. Sulla carta tutti possono ritenersi soddisfatti. L’attaccante canadese si è trovato bene in Ticino e nel campionato svizzero ha ampiamente dimostrato di saper fare la differenza, nonostante una tendenza all’individualismo che ha di fatto messo fine alla sua avventura alla Cornèr Arena. In questo trasferimento il Lugano non ha nulla da dire: è stato il direttore sportivo Janick Steinmann a volersi separare da Joly per percorrere nuove strade. Ci sta, dopo la passata stagione. Alla Gottardo Arena invece uno con le caratteristiche del canadese potrebbe fare faville, se messo nelle giuste condizioni di rendere. È un elemento che non va ingabbiato in una struttura tattica troppo rigida, Joly. Toccherà allora a Luca Cereda metterlo nelle condizioni (e in un terzetto…) di rendere al massimo del suo potenziale. Non va dimenticato: due anni fa il terzetto completato da Daniel Carr e Calvin Thürkauf aveva portato di peso il Lugano fino ai playoff.
Tutti felici e contenti, allora. Quasi. Nella sua esperienza a Lugano, Joly si è espresso al massimo quando la squadra girava nel migliore dei modi. L’Ambrì Piotta non deve allora aspettarsi di abbracciare un leader capace di prendere in mano da solo la squadra nei momenti del bisogno. Non ha le caratteristiche del leader naturale, l’attaccante di Gatineau. Non è Chris DiDomenico, insomma. Sì, dovrà essere bravo Cereda: se lo sarà, Joly potrebbe diventare uno degli stranieri più devastanti nella storia recente del club leventinese. A patto, però, di sapere esattamente su che tipologia di giocatore si è voluto puntare. Il Cere afferma di volere a tutti i costi un Ambrì (più) offensivo: solo in un contesto di questo tipo Joly può rivelarsi devastante. Con il Lugano, nelle sfide da sciabola e tuta da lavoro, si è spesso eclissato.
Joly è allo stesso tempo la prima vittima illustre della rivoluzione bianconera voluta da Steinmann. Vero, se n’è andata pure gente come Arcobello e Carr, ma entrambi erano in scadenza di contratto. In una situazione diversa, insomma. Rinunciare alla classe di Joly per il Lugano – e anche per l’Ambrì Piotta - è al tempo stesso un segnale e una scommessa. Alla Cornèr Arena si prova a rinunciare ad un po’ di spettacolo in nome del bene comune e della solidità del gruppo. Questo è il segnale. La scommessa? Facile: se Joly dovesse fare bene in Leventina, Steinmann verrebbe fisiologicamente bombardato di critiche, soprattutto nel caso in cui i nuovi stranieri non rendessero come auspicato. Senza comunque avere la controprova che l’attaccante avrebbe ritrovato le sue migliori sensazioni, in bianconero. Provoca comunque strane sensazioni osservare come – tra i big o presunti tali – sia stato proprio Joly a pagare un po’ per tutti, dopo essere già stato messo da parte nella serie dei playout contro l’Ajoie. Perché un paio di giocatori sportivamente fuori dagli schemi fanno bene ad ogni squadra. E provoca strane sensazioni osservare altresì come due delle più grandi delusioni dello scorso campionato – Jiri Sekac e Calle Dahlström – siano attualmente ancora in sella. E questo no, non è un bel segnale per staccarsi da un recente passato tragicomico.