Che squadra

Lassù gli angeli ora fanno la ola

Pelé ha raggiunto campioni che hanno emozionato milioni di persone - Maradona, certo, ma anche Banks, Moore, Rossi, Cruijff e Scirea
Alan Del Don
30.12.2022 16:41

Che squadra che c’è, lassù. Ce li immaginiamo, gli angeli, a fare la ola dopo una punizione del Pibe o un gol in zona Cesarini di Pablito. «L’esperienza di questa dolce vita», per dirla con il Sommo Poeta, ora è dispensata con leggiadria e classe in Paradiso. Che ieri ha accolto l’ennesimo suo esponente, il più grande sostengono coloro che l’hanno visto giocare (beati loro). Quel Pelé che – a chi scrive – è stato raccontato dall’epica di padre e nonni, che nella fattispecie proprio non guastava. A noi sfortunati che ci siamo persi i tre mondiali vinti e le oltre mille reti in carriera non resta purtroppo che lasciarsi cullare da una canzone di Caetano Veloso o di Gilberto Gil mentre scorrono in rete e sul piccolo schermo spezzoni di partite del Brasile (non segnò mai alla Svizzera: ma forse ci sbagliamo) e del Santos.

L’inglese paratutto

Tra i pali, nella Squadra delle squadre, mettiamo lui. Quel Gordon Banks che è considerato uno dei migliori portieri di tutti i tempi. Di sicuro lo è stato dell’Inghilterra, con la quale vinse il Mondiale nel 1966. «Non potevo crederci. In quel momento ho odiato Banks più di ogni altro calciatore al mondo. Ma quando è passata l’ira, ho dovuto applaudirlo con tutto il cuore. Era la più grande parata che io avessi mai visto», disse di lui proprio Pelé, al quale il cerbero britannico negò una rete nella rassegna iridata del 1970 su una capocciata a colpo sicuro. In difesa il trio delle meraviglie: Gaetano Scirea, Cesare Maldini e Bobby Moore. Dolce nelle giocate il primo, abile di testa e qualitativamente eccelso il secondo, dotato di una lettura di gioco fuori dal comune il terzo.

Il Dottore che leggeva Gramsci

A metà ecco il Dottore. Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira. Semplicemente Sócrates. «Mazzola o Rivera? Non li conosco. Sono qui per leggere Gramsci in lingua originale e studiare la storia del movimento operaio», rispose ai giornalisti italiani quando nel 1984 fu acquistato dalla Fiorentina. Stimato da Pelé, tanto che quest’ultimo lo ha inserito fra i più grandi calciatori di ogni epoca. Accanto a lui, a centrocampo, non possiamo non mettere Alcides Ghiggia. L’uruguaiano che ammutolì il Maracanã nel 1950, come solo Frank Sinatra e papa Giovanni Paolo II riuscirono a fare in seguito, affermò lui stesso. Discendente di una famiglia di Sonvico, assieme ad un altro «ticinese» (Roque Gastón Máspoli) alzò al cielo la Coppa Rimet facendo piangere milioni di brasiliani.

Qualcuno forse storcerà il naso, ma nel nostro mirabolante undici una maglia la diamo anche a Freddy Rincón. Il colombiano, deceduto lo scorso aprile, l’ha meritata per quanto ci ha fatto divertire con il Napoli e con il Real Madrid. Infine Maradona. Non serve aggiungere altro. Meglio lui o Pelé? È come chiedere di scegliere fra la mamma e la donna di cui si è perdutamente innamorati. Non si può. Si amano entrambe, suvvia.

Il più bel tulipano

In attacco, accanto a O Rei, colui che fece impazzire di gioia l’Italia nel 1982: Paolo Rossi. L’hombre del Mundial spagnolo. Una leggenda. E poi, signore e signori, per concludere in bellezza, eccovi l’olandese più famoso del pianeta. No, non è Rembrandt. Nemmeno Zoetemelk. Men che meno Armin van Buuren. Ma quell’artista del pallone che risponde(va) al nome di Johan Cruijff. Il tulipano più bello nel parco paradisiaco. Dribbling, scatto e potenza nel tiro. Micidiale. Intelligente. Il Profeta del gol, non a caso.

Che squadra, lassù.

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