L'analisi

Le parole di Roger Federer scuotono il mondo del tennis

Per il basilese, le condizioni di gioco presenti nell’intero circuito ATP favoriscono Carlos Alcaraz e Jannik Sinner - Il parere dell’elvetico: «A causa delle scelte dei direttori dei tornei, le superfici sono troppo lente e si assomigliano tra loro»
©Epa/John G. Mabanglo
Alex Isenburg
25.09.2025 00:00

L’ottava edizione della Laver Cup è ormai passata agli archivi, lasciando in eredità, come di consueto, degli spunti degni di nota. Innanzitutto, non sono mancate svariate considerazioni riguardanti la manifestazione stessa, che - piaccia o meno per la sua modalità - nello scorso weekend ha fatto registrare il tutto esaurito al Chase Center di San Francisco. Al di là delle «solite» discussioni che scaturiscono da questo evento - da taluni considerato una pura esibizione e da altri ritenuto un suggestivo teatro per match di alto livello - sono state le parole del suo cofondatore a suscitare scalpore. Parliamo, naturalmente, di Roger Federer.

«Un dominio impressionante»

Il basilese, in California, non poteva di certo mancare e la sua presenza è stata accompagnata da una serie di dichiarazioni che, inevitabilmente, hanno fatto il giro del mondo. Quando parla Re Roger, semplicemente, si ascolta in religioso silenzio. Il tema principale? Il panorama attuale e futuro del tennis mondiale. Di riflesso, sono nate delle considerazioni a proposito dei protagonisti assoluti del circuito. E così, interrogato da «Tennis Channel», Federer si è espresso in questo modo su Carlos Alcaraz e Jannik Sinner: «Sapevamo, da tempo, che sarebbero diventati dei buoni – o, molto probabilmente, ottimi – giocatori. Tuttavia - ha affermato la leggenda rossocrociata - non ci si aspettava da parte loro un tale dominio, perlopiù quasi immediato. Devo ammetterlo, è decisamente impressionante».

Quindi, Federer - che per più di un decennio, al fianco di Nadal e Djokovic, ha dominato l’ATP Tour - ha riconosciuto quanto di grande stiano realizzando i primi due giocatori del ranking, capaci di spartirsi equamente le ultime otto prove dello Slam. E non è, questa, la prima volta in cui l’elvetico ha tessuto le lodi di Alcaraz e Sinner, mentre un maggior clamore è derivato da un’altra intervista tenutasi a San Francisco. Durante il podcast «Served» (con Andy Roddick), Federer ha fornito una chiave d’interpretazione interessante che potrebbe spiegare un dominio così schiacciante.

Da un estremo all’altro

Sotto la lente d’ingrandimento - e non è un caso, considerando anche alcune lamentele arrivate dai giocatori stessi nel corso dei tre giorni di competizioni alla Laver Cup - sono finite le (lente) superfici di gioco. Un tema, quello dell’omologazione dei campi, che fa assai discutere. «Sono stati generalmente rallentati, l’impressione è che sia più facile riuscire rispondere» - ha commentato Federer. Insomma, il problema individuato qualche decennio fa - quando, nell’epoca dei «big server», gli scambi erano considerati troppo brevi - ora si è ribaltato. «Attualmente, tutti hanno uno stile molto simile: il gioco moderno è maggiormente incentrato sulla potenza dei colpi da fondo campo e pure la componente fisica è sempre più importante. Non credo - ha precisato «RF» - che bisogna competere esclusivamente su campi rapidi, ma si deve poter disporre di un’ampia gamma di possibilità».

E non ci si sorprende, allora, se - a differenza di quanto accadeva già soltanto agli inizi della carriera dello stesso Federer - gli specialisti di determinate condizioni di gioco siano di fatto spariti. «Ogni settimana la situazione è praticamente la medesima: ecco perché è diventato possibile imporsi su superfici diverse giocando però sempre lo stesso tipo di tennis». Secondo Re Roger, condizioni del genere sono uno svantaggio per i cosiddetti outsider, perché chiamati a prendersi più rischi. Con una superficie veloce, invece, le partite tendono a essere maggiormente in equilibrio e si decidono in pochi momenti chiave. Ma come mai si è arrivati a questo punto? Federer ha individuato una figura decisiva, all’interno di questo discorso, ossia i direttori dei tornei. «Loro hanno voce in capitolo per ciò che concerne la velocità dei campi e quella delle palline. Per certi versi - ha chiosato - capisco le loro intenzioni, perché per loro funziona a meraviglia la continua ripetizione di finali tra Alcaraz e Sinner».

Tanti (troppi?) vantaggi

Insomma, l’elvetico si augura candidamente che qualcosa, in futuro, possa cambiare. Anzi, si è detto convinto che, prima o poi, si tornerà a delle superfici meno omogenee. E noi, nell’ottica di assistere a un tennis più vario - come lo era, d’altra parte, proprio quello del basilese - non potremmo che essere d’accordo. Ne va anche dello spettacolo, poiché - e qui ci riferiamo più a Sinner che ad Alcaraz, il cui tennis è più ricco di soluzioni - è logico che se tutti giocano nella stessa maniera a prevalere, in linea di massima, sarà sempre chi eccelle in quelle caratteristiche specifiche. Il fatto che la maggior minaccia per Sinner, a Wimbledon, sia stata rappresentata da un Grigor Dimitrov 34.enne - ma dotato di un repertorio più vasto degli altri - è un’indicazione di non poco conto.

Non si può, infine, sorvolare su un’altra «battaglia» portata avanti da una parte - seppur esigua - degli addetti ai lavori. Ovvero che i migliori giocatori del circuito vantano ulteriori, e svariati, benefici che li portano a prevalere ancor più regolarmente sulla concorrenza. Ci riferiamo, ad esempio, alla possibilità, soltanto a loro riservata, di allenarsi negli impianti principali in cui poi disputano i match. Proprio alla Laver Cup, Alcaraz - sconfitto a sorpresa da Fritz su un campo che non conosceva - ha indirettamente riconosciuto questo vantaggio. Per non parlare del sistema adottato dagli Slam - con ben 32 teste di serie - che facilita il percorso dei favoriti, forse oltremisura. Nei Major, poi, questi ultimi possono spesso scendere in campo nella sessione giornaliera che più preferiscono. Passano, in altri tabelloni, già al secondo turno grazie ai «bye», senza dimenticare che sono assistiti dai migliori allenatori e preparatori fisici. Vantaggi che, in fin dei conti, si sono conquistati meritatamente. Questo è chiaro, ma, come detto, sono forse eccessivi. Alcaraz e Sinner avrebbero vinto lo stesso gli ultimi otto Slam? Probabilmente sì, perché sono troppo più forti degli altri. Lo avrebbero fatto con la stessa (quantomeno apparente) facilità?Probabilmente no.