Lo sport amatoriale ticinese e un autunno pieno di incognite

Un altro caso di quarantena nel calcio regionale ticinese. Dopo l’Arogno, alcune settimane fa, stavolta è toccato all’Audax Gudo – formazione di Quinta Lega – finire nelle grinfie del coronavirus. Un giocatore dei sopracenerini a inizio settimana ha partecipato a un allenamento nonostante presentasse alcuni sintomi. E una volta effettuato il test, il ragazzo è risultato positivo. Di conseguenza, come spiegato sui social dalla società, «le persone presenti all’unico allenamento svolto dal giocatore in questione sono già state messe in quarantena a scopo preventivo e rimarranno in osservazione in caso di sintomi». Come detto, è già il secondo caso che vede coinvolta una squadra non professionistica ticinese dalla ripresa degli allenamenti. Un fatto che inquieta moltissimo la Federazione ticinese di calcio, sì, ma il discorso vale per qualsiasi sport di squadra amatoriale. Calcio, ginnastica, hockey, basket e via discorrendo: si dovrà fare i conti con il virus, ancora. E in Ticino, come vedremo, in molti non sono disposti a rischiare.
«Sarebbe un macello»
Fulvio Biancardi, presidente della FTC, è sempre stato molto prudente. «Sono moderatamente pessimista per il prossimo futuro e dunque non credo molto alla ripresa dei vari campionati» spiega. «Se una situazione del genere si fosse presentata alla terza o quarta giornata della stagione, sarebbe andata in quarantena una quantità enorme di persone. La squadra toccata direttamente dal contagio, certo, più tutti gli avversari incontrati nelle due partite precedenti. Oltre agli arbitri, agli accompagnatori, alle famiglie. Insomma, sarebbe un macello. È una questione di responsabilità, soprattutto. Noi come federazione siamo sul chi vive, navighiamo a vista. Ma appunto, non sono ottimista riguardo alla ripresa». La FTC in questi giorni ha pubblicato i calendari della stagione 2020-2021. Una specie di atto dovuto, in modo da permettere alle società affiliate di avere un orizzonte, una speranza. «Non abbiamo la ricetta magica, non possiamo dire cosa fare o cosa non fare, non abbiamo competenze» prosegue Biancardi. «Io capisco la voglia di tutti di ricominciare, dai bambini fino ai veterani. Però è evidente che prima viene la salute, dunque bisognerà fare delle scelte. Scelte che caleranno dall’alto, in questo caso dalle autorità cantonali. Saranno loro a dire se gli sport di contatto saranno ancora autorizzati. Finora siamo venuti a conoscenza di due casi. Sì. Ma chi ci assicura che altre squadre non abbiano messo via la questione senza il prete? Tornando alla ripresa o meno dei campionati, noi come FTC ci rimettiamo alle decisioni delle autorità politiche rispettivamente degli organi della Lega amatori e dell’Associazione svizzera di football».
«Una situazione triste»
Una questione di responsabilità, dunque. Anche perché la realtà dello sport di squadra amatoriale è fatta di campetti, spogliatoi spesso angusti, «macchinate» fra amici per recarsi a giocare in trasferta. Una realtà promiscua. Ma se il calcio è preoccupato, anche l’hockey non se la passa meglio. I 4.500 membri della Federazione ticinese, infatti, sono molto preoccupati. Come ci conferma Mauro Osenda, il presidente. «Il piano B? C’è: ed è quello di prenderci un anno sabbatico» dice. «Sarò molto chiaro: in questi giorni abbiamo ricevuto, da parte della Federazione nazionale, un plico di 50 pagine stracolme di regole per l’attività. Regole che in pratica ci impiccano. In uno spogliatoio dove normalmente c’erano 20 ragazzi, dovranno essercene al massimo 10. Significa dover raddoppiare tutto, ad esempio. Oppure il capitolo delle mascherine, da indossare negli spazi comuni. Oppure ancora la disinfezione totale di ogni locale dopo le attività. Insomma, ci sono talmente tante regole che solo pochissime società potranno permettersi di osservarle. Tutte le altre no, e verosimilmente getteranno la spugna prima dell’inizio della stagione, previsto in settembre. La scelta spetta ai singoli club». Al di là dell’aspetto organizzativo, ciò che inquieta maggiormente Osenda è quello della responsabilità. «Sono le società ad andarci di mezzo. Lo abbiamo visto con il calcio regionale: ogni contagio comporta reazioni da parte dell’opinione pubblica. Così, diventa molto difficile: sia per l’hockey degli adulti, sia per quello dei bambini o dei ragazzi. E l’anno sabbatico man mano che passa il tempo è sempre più verosimile, anche perché il nostro sport comincia proprio quando gli esperti predicono un aumento della circolazione del virus. La situazione è triste, probabilmente l’unica cosa che ci potrà salvare è un vaccino».
«Inutile agire già adesso»
Il basket (2.000 tesserati circa in Ticino), al momento, rimane alla finestra. Matyas Cavadini, presidente della Federazione ticinese, commenta: «Non ci fasciamo la testa prima del tempo. Ne stiamo parlando, tuttavia sarebbe inutile organizzare tutto già adesso per poi dover fare marcia indietro a settembre. Ad ogni modo in questo periodo ci sono diversi camp giovanili, e tutti seguono le regole igieniche e di distanziamento sociale, cercando di non creare assembramenti rischiosi».
Il medico cantonale: "Una misura proporzionata"
L’Ufficio del medico cantonale osserva da vicino anche i casi di quarantena in ambito calcistico. Ma cosa ci dice il secondo episodio nel giro di poche settimane? Lo chiediamo a Giorgio Merlani: «Il problema è che questi casi si traducono in quarantene» dice il medico cantonale. «Non hanno portato a focolai, ed è una buona notizia. Il fastidio, allora, è più che altro legato al fatto che un ragazzo sano va a giocare e poi si trova bloccato in ambito lavorativo. Nel calcio, poi, è difficile definire quale sia un contatto a rischio. In fondo basta un corner con i giocatori raggruppati in area di rigore. Tutti sono potenzialmente in contatto con tutti durante un partita. La quarantena è una valida misura per evitare trasmissioni secondarie. Una misura comunque proporzionata, parliamo di 22-25 persone coinvolte». Ad ogni modo, l’attività sportiva amatoriale in autunno non preoccupa troppo il medico cantonale. «Dobbiamo monitorare il movimento, questo sì. E se i numeri dovessero crescere, inseriremo altre direttive. Per quanto riguarda bambini e ragazzi, sappiamo che sono piuttosto gli adulti a infettare i bambini, e che questi ultimi non si contagiano fra loro. Inoltre, lo sport ha un ruolo formativo ed educativo. Eviteremo quindi di fermare tutto senza un motivo epidemiologico valido, posto che anche squadre giovanili potranno andare in quarantena se necessario».