Calcio

Lovric si è preso anche l'Udinese: «Merito del Lugano»

L'ex centrocampista bianconero, reduce dal gol contro l'Inter, è già protagonista in Serie A: «Cornaredo, nel 2019, è stata la scelta migliore»
Sandi Lovric, 24 anni, ha trovato il terzo gol stagionale, sabato contro l’Inter. © AP/Antonio Calanni
Massimo Solari
21.02.2023 06:00

Ha esordito in Serie A a San Siro, contro il Milan. Sempre alla Scala del calcio, sabato sera, ha trovato il terzo sigillo stagionale al cospetto dell’Inter. Sandi Lovric, 24 anni, è oramai una solida realtà dell’Udinese. E non era affatto scontato. Insieme all’ex faro del Lugano, abbiamo stilato un primo bilancio dell’avventura in Italia.

Sandi, a Milano sembrano accadere solo cose belle per te. C’è un feeling speciale con il Meazza?

«Beh, è uno stadio speciale a tutti gli effetti. La prima partita in Serie A, un gol davanti a 70.000 persone... sì, sono momenti indimenticabili. Che ti restano dentro per tutta la vita. Quale l’emozione più forte? Sono state emozioni diverse. Entrambe speciali. Peccato solo per i risultati finali: sia in agosto, sia sabato, l’Udinese ha perso».

La tua rete, valsa il pareggio provvisorio, non ha infatti fermato i nerazzurri. Dopo un inizio di campionato molto positivo, l’Udinese è in netta perdita di velocità: un solo successo in 15 gare. Che succede?

«È un periodo difficile. Giochiamo anche bene, ma i tre punti - complice anche la sfortuna - ci sfuggono quasi sempre. Abbassare la testa e rimuginare su questa serie negativa di risultati, ad ogni modo, non serve a nulla. Anzi. Dobbiamo continuare a lavorare con fiducia, convinti di voler e dover battere lo Spezia domenica prossima».

Le cose, non lo nego, stanno andando bene. Ma sento altresì che posso crescere ancora. È il mio obiettivo

L’Udinese, in questo senso, che club è? Regna la tranquillità necessaria per affrontare una simile crisi o la pressione non vi manca?

«Certo che si avverte la pressione. Parliamo di Serie A e di una società storica. Proprio per questo, la squadra può contare su un livello di organizzazione molto elevato. Le condizioni per rialzarci al più presto, detto altrimenti, sono presenti».

Al netto della classifica (tra l’altro più che discreta, considerato il 9. posto), sul piano personale credo che la soddisfazione possa essere grande. Non c’è weekend senza Lovric in campo. Te lo aspettavi?

«Quando approdi in una realtà così importante, non è semplice trovare subito dei riferimenti. E, di riflesso, avere delle aspettative precise circa il periodo necessario per imporsi. Le cose, non lo nego, stanno andando bene. La differenza con la Super League è notevole e adattarsi, di conseguenza, non è stato così semplice. Penso alla qualità degli avversari, al livello tattico del campionato e - di conseguenza - a ciò che serve a un centrocampista per essere all’altezza: tanta precisione e concentrazione, più che in passato, e pure un’ottima condizione atletica. Per ora, ripeto, sono soddisfatto. Di più: sento altresì che posso crescere ancora. È il mio obiettivo».

Eppure, osservando da fuori, il trasferimento dalla Super League alla Serie A sembra essere avvenuto in modo naturalissimo. Le tue statistiche, suggerivamo, sono per certi versi pazzesche. Com’è stato possibile?

«Grazie al lavoro quotidiano. E alla voglia di migliorare e imparare che non mi abbandona mai. Se sono stato acquistato dall’Udinese significa che le qualità non mi fanno difetto. Ma devo essere il primo a credere in queste doti e al contempo continuare ad allenarle, senza accontentarmi».

Ero consapevole che il miglior posto per progredire come calciatore e come persona sarebbe stato Lugano

Il tuo ruolo, rispetto all’ultimo, incredibile anno con il Lugano, è leggermente cambiato. Da regista a mezzala. Cambiare di nuovo pelle è stato complicato?

«La mia rimane in ogni caso una posizione centrale. Senza dimenticare che sia ai tempi dello Sturm Graz, sia a Lugano, prima di diventare regista, avevo ricoperto per diverso tempo proprio il ruolo di mezzala. Insomma, so esattamente come comportarmi in questa zona del campo».

Prima di sbarcare a Lugano, molti club - già in Serie A - ti facevano la corte. L’esperienza a Cornaredo, con tanto di stipendio dimezzato in corsa per continuare il tuo percorso di crescita, si è però rivelata fondamentale. Le prestazioni con l’Udinese non mentono. Insomma, Sandi Lovric, in carriera, ha preso solo decisioni sagge?

«È possibile. Anche se sul momento non sai, per davvero, se si riveleranno scelte giuste (ride, ndr). Di sicuro non mi pento di quanto deciso. In quella precisa fase della carriera avevo le idee chiare. Ero consapevole, detto altrimenti, che il miglior posto per progredire come calciatore e come persona sarebbe stato Lugano. E così è stato. Sono felice del passo intrapreso nell’estate del 2019 e molto grato al club bianconero».

Resistere alle sirene dei grandi campionati, tuttavia, non dev’essere stato facile.

«No, non lo è stato. A maggior ragione a 21 anni. L’importante, e credo di esserci riuscito, è mantenere i piedi sempre ben piantati a terra».

Come vive un calciatore a Udine? La tranquillità è paragonabile a quella ticinese?

«È una bellissima città in cui vivere. Piuttosto piccola, risparmiata dal traffico e - cosa apprezzata dal sottoscritto - molto tranquilla. La gente, poi, è educata. Non dico di non essere riconosciuto per strada. Ma è possibile passeggiare per le vie del centro senza essere preso d’assalto ogni due minuti per selfie e autografi. L’atmosfera in riva al Ceresio, per paesaggio e clima, rimane comunque unica».

Alla medaglia di Coppa Svizzera ho trovato un posto speciale nella mia casa di Udine

A proposito di Lugano. Riesci a seguire la tua ex squadra?

«Appena posso. Mentre segnavo a San Siro, i bianconeri pareggiavano contro lo Young Boys. Un gran risultato. Sono ancora in contatto con alcuni miei vecchi compagni. E pure con mister Croci-Torti - con cui ho costruito un buon rapporto - ci sentiamo di tanto in tanto. Insieme abbiamo scritto la storia del Lugano. La Coppa Svizzera avrà sempre un posto speciale nel mio cuore. Non saprei dire se in finale, contro il San Gallo, ho offerto la migliore prestazione con la maglia bianconera. Di certo è stata la più importante».

E la medaglia che vi è stata consegnata al Wankdorf, custodisci gelosamente anch’essa?

«Naturalmente. Le ho trovato un posto speciale nella mia casa di Udine. Tra l’altro insieme alla medaglia ricevuta in Austria, dopo la conquista della coppa nazionale con lo Sturm Graz».

Detto dei trofei ottenuti a livello di club, con la nazionale slovena il colpo grosso non è ancora arrivato. Il girone di qualificazione a Euro 2024 - con Danimarca e Finlandia quali avversarie dirette - è un’occasione da non sprecare?

«Assolutamente. Tra i miei obiettivi, c’è anche la partecipazione a un grande torneo. Europeo o Mondiale. La campagna per la prossima rassegna continentale, in tal senso, rappresenta una grande opportunità. Inutile nasconderlo. Non sarà facile, ma la rosa della Slovenia è molto competitiva».

E, lì davanti, potrebbe viepiù contare sui gol di Celar. Non avrai mica parlato di Zan alla famiglia Pozzo, proprietaria dell’Udinese, vero?

«Quasi quasi ci penso (ride, ndr). Diciamo che sono uno degli ultimi arrivati nel club, forse è un po’ presto per simili iniziative. Se Zan continua così, comunque, qualcuno si farà sicuramente avanti. Come me, lo scorso anno, un lusso per il Lugano? Non la metterei in questi termini. Sentirsi importante per il club è senz’altro una bella sensazione. Uno stimolo, anche, in grado di spingerti a dare ancora di più per la società, per i tifosi e per la città».

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