Luca Denicolà e le strade infinite che portano a Grasshopper-Lugano

Luca Denicolà ha preso le distanze dal calcio nell’estate del 2012. Prima in modo netto. «Perché ne avvertivo il bisogno». Poi tornando a gettare uno sguardo a quanto accadeva sui campi, «senza mai lasciarmi inghiottire». 43 anni il prossimo 17 aprile, l’ex difensore mesolcinese non si sottrae però quando gli chiediamo di riavvolgere il nastro dei ricordi. Anche perché da qualunque parte li si tiri, i fili della sua carriera sembrano condurre al presente. A Grasshopper-Lugano. Da tempo questo scontro non valeva così tanto per i bianconeri. E all’epoca - parliamo del 2001 - Denicolà era per l’appunto presente. «Certo che non ho dimenticato quel girone per il titolo, d’altronde mi permise di vincere il mio primo e ultimo titolo di campione svizzero». Allora Luca era una giovane promessa del GC, chiamata a sgomitare con giganti quali Patrick Müller, Marc Hodel, Boris Smiljanic, solo per fare qualche nome. «Ma anche il Lugano era davvero forte. Non a caso riuscimmo a spuntarla solo all’ultima giornata».
Dagli anni d’oro all’infinita crisi
Durante quella primavera, GC e bianconeri si affrontarono due volte. Pareggiando in entrambe le occasioni. «E, sì, il rigore sbagliato da Kubi a Cornaredo, in occasione della prima delle due sfide, segnò a suo modo la serratissima corsa al titolo. A vestire i panni dell’eroe, fermando il tentativo di Türkyilmaz, fu Peter Jehle, portiere di talento che come il sottoscritto cercava d’imporsi nel club più prestigioso del Paese». A far parte del giro da più anni, invece, era Bruno Berner. Già, l’oramai ex allenatore delle cavallette. «Alla fine gli attori che ruotano attorno al mondo del pallone, e che puntualmente ritornano, sono spesso gli stessi» osserva Denicolà. «Addirittura Bruno fu il mio primo compagno di camera, quando a soli 16 anni presi parte a un ritiro della prima squadra».


Il club zurighese ha scaricato Berner in settimana, complici l’assenza di risultati e una situazione di classifica delicatissima. «Fa male vedere il Grasshopper così in difficoltà» riconosce il nostro interlocutore, protagonista degli ultimi anni d’oro della società. «A turno tutte le grandi hanno vissuto, o stanno vivendo come nel caso del Basilea, dei cicli negativi. Quello del GC, tuttavia, non sembra conoscere una fine. Rammento che della costruzione del nuovo Hardturm si parlava già ai miei tempi e l’esilio al Letzigrund figura senza dubbio tra le concause di questo lungo periodo complicato. Negli anni poi si sono moltiplicati figure e progetti senza un vero fondamento».
«Marco una scelta azzeccata»
Ora tocca agli americani risollevare il club. E per salvare un campionato pericolante, suggerivamo, il cambio di allenatore si è rivelato inevitabile. «La scelta di puntare su Schällibaum potrebbe essere azzeccata» indica Denicolà, riferendosi al neocondottiero del GC. E tirando un altro filo tra passato e presente. Sì, perché l’ex difensore venne guidato da «Schälli» sia allo Young Boys, sia al Lugano. «Marco è un motivatore, perfetto in questo genere di frangenti per certi versi disperati, quando si tratta di parlare alla pancia dei giocatori e di portare la squadra in una nuova direzione. È proprio ciò di cui ha bisogno l’attuale Grasshopper, una compagine a cui serve ritrovare carattere, fiducia e fuoco sacro. Per tutte queste ragioni il Lugano dovrà quindi prestare molta attenzione. Se tocca le corde giuste in spogliatoio, Schällibaum potrebbe rendere difficile la vita ai bianconeri».
«Una grande delusione»
La situazione era fragile anche nel maggio del 2010, con il Lugano costretto allo spareggio promozione-relegazione contro il Bellinzona dopo aver gettato clamorosamente al vento l’ascesa diretta in Super League. Chiamato in corsa per sostituire Simone Boldini, Schällibaum non riuscì tuttavia a rilanciare il Lugano di Denicolà: «Una grande delusione, alla quale sommare pure il barrage perso l’anno prima con il Lucerna. Al progetto del Lugano credevo fermamente, tanto che rinunciai a due anni di contratto ancora validi con il GC. A sconsigliarmi il trasferimento in Ticino - lo rammento ancora bene - fu pure lo storico direttore sportivo delle cavallette Erich Vogel. Mi disse che non saremmo riusciti a tornare nel massimo campionato. Pensiero che avrei tanto voluto smentire».


«Al Crus devo una cena»
Denicolà passò ai bianconeri nell’estate del 2007. E nello spogliatoio che lo accolse era presente anche un certo Mattia Croci-Torti. «Al Crus devo ancora un pranzo» ammette Luca divertito. «L’anno scorso ha accettato d’intervenire alla giornata sportiva organizzata alle scuole di Mesocco, dove insegna mia moglie». Un gesto apprezzato. «Come non dimentico che fu il primo a presentarsi nella mia stanza d’ospedale, quando m’infortunai seriamente proprio durante il girone per il titolo della primavera 2001. Mattia, all’epoca, militava nelle speranze del Grasshopper».
A differenza di Denicolà, il Croci-Torti calciatore non è riuscito a infrangere il duro soffitto della serie B. «Ecco perché sono felice delle soddisfazioni che si sta togliendo da allenatore, se le merita» sottolinea l’ex compagno. «Se sono sorpreso del suo percorso sulla panchina bianconera? Un po’ sì, lo ammetto. E mi spiego: altri elementi con cui ho condiviso la carriera - un nome su tutti: Gerardo Seoane - erano già allenatori in campo. Il Crus però non ha mai smesso di studiare. Sapeva tutto di tutti da giocatore ed evidentemente ha saputo trasformare la curiosità e l’enorme passione per il calcio in competenze. E, ripeto, ne sono particolarmente contento».
«Schällibaum è un leone ferito, lo so»
Il pareggio di Winterthur non ha smorzato entusiasmo e ambizioni. Anzi. «Lo ritengo un punto preziosissimo» tiene a ribadire Mattia Croci-Torti a poche ore dalla sfida esterna contro il GC. «La verità - aggiunge il tecnico del Lugano - è che con 7 punti conquistati siamo stati la migliore squadra dell’ultima settimana inglese». Lo Young Boys, infatti, non è scappato, mentre il Servette - in crisi - è oramai a una lunghezza. «René Weiler non vuole sentire parlare titolo? Si vede che non ci crede. Io ci credo» sottolinea con convinzione il Crus: «Il trend è positivo, mancano due scontri diretti e non posso snaturare la mia mentalità: se le vinciamo tutte diventiamo campioni svizzeri. Perché ritenerlo impossibile? No, per quanto la missione è difficilissima, ai miei ragazzi non dirò mai di non provarci». Bene.


Il match odierno contro il GC, quindi, non va assolutamente sbagliato. «È l’ennesimo esame di maturità della stagione» conferma Croci-Torti. Per poi soffermarsi sul fattore Schällibaum, appena subentrato a Bruno Berner sulla panchina delle cavallette: «Con Marco ho un ottimo rapporto, ci sentiamo spesso. Prima che un buon allenatore, è una persona splendida. I risultati ottenuti negli ultimi anni parlano per lui. E quindi, certo, dobbiamo fare attenzione al suo GC. Anche perché dopo l’allontanamento da Yverdon, Schälli è un leone ferito». I favoriti, a Zurigo, saranno ad ogni modo i bianconeri. «Guai però a peccare di arroganza» puntualizza l’allenatore momò: «In stagione il Grasshopper ci ha lasciato un punto sui sei a disposizione. Ed è un rammarico, considerato il terreno perso a causa di questi risultati. A questo giro, oltretutto, sfideremo una compagine che porterà in campo tante emozioni. Perciò in settimana ho mantenuto alte tensione e concentrazione. Non abbiamo ancora fatto nulla. E dobbiamo continuare a spingere».