Formula 1

Nel primo quarto di campionato si esaltano i papaya

Messe alle spalle 6 delle 24 gare del Mondiale, è tempo per primi bilanci - La McLaren vola, la Ferrari s’insabbia, la Red Bull tenta di tenere il passo
La McLaren finora ha conquistato tutti i GP, tranne quello del Giappone, vinto da Verstappen. © AP/Rebecca Blackwell
Maddalena Buila
07.05.2025 06:00

Un quarto del Mondiale è volato via. Già, sembra ieri che la stagione 2025 è cominciata, eppure sono già passate sei gare. Ne mancano, appunto, ancora diciotto. Tantissime. Ciononostante, il quadro di quest’annata sembra già piuttosto chiaro. Perlomeno tracciato, delineato.

Premesse rispettate

Iniziamo dai primi della classe. Quella McLaren che alla fine dello scorso anno aveva messo il turbo e che a questo giro sta confermando il suo stradominio. C’è già chi si lamenta che il team papaya sta distruggendo il campionato. Ma andiamo, dopo anni di assoli Mercedes e Red Bull, non si può certo dire che qualche gara vinta dalla coppia Piastri-Norris faccia sbadigliare. Insomma, gli affezionati del mondo delle quattro ruote non sono mai contenti. Allo stesso tempo, questo lo concediamo, è vero che i tempi che stanno facendo registrare le macchine della squadra di Woking sono incredibili. Ai rivali viene lasciata solo la polvere. Per capirci, al termine della gara di Miami, Lando ha tagliato il traguardo 4 secondi e 630 dopo Oscar, mentre il terzo classificato, George Russell, dopo 37’’644. Pazzesco. Ma tant’è. La McLaren ha lavorato tantissimo per riportarsi in vetta e ora è giusto che si trovi lì. Anche perché le lotte interne al team sono tutte fuorché noiose. La perfezione del pilota australiano, sul quale sembra piuttosto ovvio che la squadra di Andrea Stella abbia deciso di fare all-in, fa innervosire il suo compagno britannico. Frustrazione, quella di Lando, che inevitabilmente lo porta a subire ancora di più la situazione, spingendolo all’errore e subendo sempre più il pressing dell’amico/nemico Max Verstappen.

La McLaren vince perché è in grado di rispettare le promesse fatte. Non ha sbandierato un immediato successo, ma si è limitata, negli anni, a guardare in faccia la realtà. Nel 2023 Stella disse che fino all’estate non ci sarebbe stata alcuna chance per il podio. Ed è stato così. L’anno scorso, il team principal papaya affermò che dopo un inizio complicato la situazione si sarebbe fatta più rosea. Detto fatto. E quest’anno si è iniziato a parlare di aspirazioni al titolo. Tutto come da copione.

Ma quale titolo?

C’è invece chi di proclami ne fa tanti, troppi. Ambizioni di successo e di doppio titolo piloti/costruttori gridate in ogni dove, per poi ritrovarsi con un pugno di mosche. Parliamo chiaramente della Ferrari, che con l’arrivo di Hamilton puntava a tornare grande. Tanto grande da riportare a Maranello quel successo che manca dal 2007 di Kimi Räikkönen. O dal 2008, se si conta quello costruttori. Ebbene, a un quarto di campionato, le ambizioni della Rossa sono parole al vento. La macchina non va, i piloti sono frustrati all’inverosimile e il muretto non azzecca una strategia di gara neanche per sbaglio. Una situazione imbarazzante per il Cavallino Rampante, che ha raggiunto l’apice con lo scambio di team radio tra Hamilton e Leclerc durante il Gran Premio di Miami. Sono volate parole sprezzanti e freddure al limite, tra i piloti e il muretto della Rossa. Il britannico non le ha mandate a dire, mostrando tutto il suo risentimento per non aver ricevuto istruzioni in tempo utile rispetto al sorpasso sul monegasco, che montava gomme dure contro le sue medie più rapide. Battibecchi che in realtà nascondono solo il problema di fondo. La SF-25 non è competitiva. Neppure i piccoli cambiamenti in vista del trittico europeo Imola-Monaco-Barcellona (con il crocevia in terra spagnola dove entreranno in vigore le nuove norme sulla flessibilità delle ali anteriori) potrebbero salvare la Rossa. A meno di un incredibile miracolo, che al momento è assolutamente inverosimile.

Tra ottimismo e realismo

A metà strada tra il disastro Ferrari e il dominio incontrastato della McLaren c’è la Red Bull. Solo quella di Max Verstappen, ovvio, perché chiunque altro si sieda al volante della RB21 non riesce neanche lontanamente a uguagliare i risultati dell’olandese. Liam Lawson ha fallito in pieno, ma pure il suo sostituto Yuki Tsunoda è ben lungi da tenere testa alle prestazioni del campione del mondo in carica. Per dire, in America Max ha chiuso quarto a circa due secondi da Russell, mentre il giapponese ha chiuso decimo a più di un minuto di distanza dalla McLaren di Piastri. Sì, avete letto bene, un minuto. Per Christian Horner, tuttavia, le cose non vanno poi così male: «A Jeddah avevamo il passo per battere le McLaren, mentre questa ha messo in evidenza il loro vantaggio. Ecco perché sembra che ci sia molto da recuperare, ma abbiamo visto quanto le cose possono cambiare da un circuito all’altro. Le gomme sono molto sensibili: qui (a Miami, ndr) abbiamo girato con pneumatici molto più caldi che a Jeddah». Per ogni pompiere, in Formula 1, c’è sempre una controparte che invece lancia benzina sul fuoco. È il caso di Helmut Marko, che ha definito «troppo lente» le Red Bull. «Quando la McLaren spingeva, noi eravamo sette decimi dietro. Dobbiamo trovare prestazioni nell’immediato, ma è stato deprimente vedere quanto siano davvero veloci».

Eh sì, le papaya filano davvero che è un piacere. Da qui il quadro piuttosto nitido nonostante sia passato appena un quarto di stagione. È presto per dirlo? Forse, ma il Mondiale pare essersi irreversibilmente tinto di arancio.

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