Contromano

Un'altra perla di Verstappen

A Monza, una gara nel suo complesso piuttosto noiosa, si è esaltato l'olandese, riportando in alto la Red Bull
Pino Allievi
Pino Allievi
09.09.2025 17:27

Cominciamo dal bello o dal brutto di Monza? Partiamo dal brutto, ovvero dalla noia. Il GP d’Italia è stato una processione di macchine rassegnate alla loro posizione, per cui l’agonismo, almeno per le primissime posizioni, non c’è stato e dal quarto giro in poi non è cambiato niente. Il bello? I primi quattro passaggi, cominciando dalla partenza in cui Verstappen ha provato il tutto per tutto alla chicane dopo il rettilineo principale e Norris, una volta tanto, ha replicato con decisione mandandolo dritto. Nel taglio della variante Max è rimasto in testa, ma poi i commissari gli hanno ordinato di restituire la posizione. Verstappen lo ha fatto senza lamentarsi e poco dopo ha di nuovo attaccato Norris, superandolo con un sorpasso da manuale. Nel frattempo, dietro, c’è stata la schermaglia – accesa – tra Leclerc e Piastri, con l’australiano che ha avuto presto la meglio. Fine delle ostilità: dal quel momento, davanti, non è più accaduto nulla. Solo sbadigli.

Nella noia ha però vinto qualcuno che nessuno si aspettava. Max Verstappen. Sempre lui. Il solo capace di ribaltare un pronostico, con la sua guida aggressiva ma sempre sotto controllo. Stavolta la Red Bull gli ha dato una grande mano con una macchina assettata alla perfezione per una pista nella quale si viaggia costantemente fra i 250 e i 300 chilometri orari. Non è stata solo l’ala posteriore ridotta ad agevolare Verstappen, bensì l’aerodinamica nel suo complesso, con una vettura controllabile in curva, a differenza della Ferrari che era altrettanto “scarica” ma non stava in strada.

Verstappen, nelle condizioni di aderenza precaria si esalta perché entra in quel mood in cui fa la differenza. Così si è concretizzata la magia di Monza, che fa dimenticare a Max la perdita di un uomo di peso come Christian Horner al vertice della squadra e di Adrian Newey al vertice della progettazione e delle scelte tecniche. Dopo lo shock nel non avere più al box gli uomini-chiave dei quattro titoli mondiali, la Red Bull ha ridistribuito gli incarichi e la ristrutturazione sta pagando: Verstappen ne terrà conto quando dovrà decidere che cosa fare alla scadenza del contratto, alla fine del 2026. Mercedes e Aston Martin gli hanno già parlato, ma dovrà per forza di cose farlo anche la Ferrari, se mai Hamilton dovesse decidere di prendere altre strade: con uno come lui non si può mai dire. Le altre alternative del Cavallino? Oliver Bearman se si vorrà puntare su un giovane cresciuto nella Academy di Maranello, oppure – la voce è insistente – George Russell se si preferirà un pilota di grande esperienza e caratura. Ma tutto è da definire, con tempi così lunghi.

La sconfitta della McLaren, distanziata con entrambi i piloti di una ventina di secondi, è di quelle che fanno discutere. Mai la squadra “orange” era

apparsa tanto in difficoltà. Il sospetto, forte, è che Norris (secondo) e Piastri (terzo) abbiano corso una gara a parte, pensando entrambi al titolo mondiale. Una marcatura stretta, a uomo, infischiandosene di Verstappen la cui vittoria non avrebbe cambiato nulla nella lotta per il titolo. Così è stato e nel successo di Max c’è pure questa componente nascosta che non ha certamente fatto piacere a Zak Brown e ad Andrea Stella, i boss al timone della McLaren. Ma, nel dualismo fra Piastri e Norris, certi comportamenti sono da mettere in conto, a patto che non si ripetano fra un paio di settimane in Azerbaijan, altra pista velocissima sulla quale la Red Bull e Verstappen attaccheranno.

La Ferrari di Monza è stata sofferente sin dal momento in cui si è scelto di puntare tutto sulla velocità in rettilineo, con conseguente assetto precario in curva e rischio di surriscaldamento gomme. In mancanza di una macchina competitiva, si è imboccata la strada della scommessa. A differenza dello scorso anno quando Leclerc trionfò, stavolta sono arrivati un modesto quarto posto di Charles e un sesto posto di Hamilton. Poca cosa: la svolta attesa continua a farsi attendere. Troppo.