Variabili impazzite

Oramai è un plebiscito: il grande pubblico ha già decretato che il campione del mondo del 2025 sia Max Verstappen. Per la bravura, non certo per i punti accumulati che lo vedono terzo in classifica, come probabilmente sarà anche alla fine della lunga maratona di 24 gare, decisamente troppe. Verstappen è la variabile che fa impazzire chi sta sulle tribune dei circuiti e chi resta incollato alla tv per assistere alle sue prodezze. Domenica in Brasile è giunto terzo dopo essere partito dai box e avere – per giunta – forato subito una gomma. Tagliato fuori dai giochi? Per nulla. Con una macchina trasformata nell’assetto durante la notte dopo una qualifica disastrosa, Max si è scatenato. E tutti gli occhi sono stati per lui, capace di sorpassare in punti impossibili, di viaggiare con un ritmo indiavolato, di inventarsi una strategia con una sosta più degli altri e, alla fine, arrivare al traguardo a soli 10 secondi di distacco dal vincitore. Prodigioso, roba da far venire alla mente certe rimonte di Prost, di Lauda, di Senna.
Però, a vincere, è stato un altro, Lando Norris, che ha dominato la scena per due volte in due giorni. Primo nell’inutile gara Sprint, primo nel gran premio vero. Sempre solo davanti, nella condizione che preferisce e che gli permette di esprimere al meglio la sua velocità. Nessun dubbio sul fatto che sia bravo, semmai le riserve riguardavano la sua tenuta mentale un po’ fragilina, tale da fargli commettere un sacco di errori nelle ultime due stagioni. Ma adesso, confortato da psicologi e mental coach, pare abbia trovato il modo di allontanare i fantasmi dalla testa. Come? Senza pensare al mondiale che si avvicina, vivendo sui risultati di giornata. Nelle ultime gare gli è andata bene, perché ha evitato la lotta ravvicinata che spesso ha rappresentato il suo punto debole. I 24 punti di vantaggio che adesso vanta su Piastri dovrebbero rassicurarlo, con tre gare (più una Sprint) che lo separano dal tappeto rosso della gloria. Nella rimonta di cui è stato capace ha trovato un alleato in Oscar Piastri, il suo rivale. L’australiano – che ha debuttato in F1 tre stagioni dopo di lui – è crollato proprio per l’inesperienza nell’affrontare la tensione e la pressione, finendo in un vortice di errori evidenziati dal botto di Interlagos sabato e da quello innescato alla ripartenza della gara domenica. Ha voluto tentare il tutto per tutto alla prima curva, sbattendo contro Antonelli che a sua volta ha tolto dai giochi l’innocente Leclerc. Il ferrarista ha accusato Antonelli per la collisione, ma il pilotino della Mercedes non immaginava di trovarsi Piastri alla sinistra. Equivoci di corsa con ruggini antiche, perché Antonelli, al GP d’Olanda, aveva buttato fuori Leclerc per un errore evidente quanto evitabile. Stavolta non è stato così e non mi sento di gettare la croce addosso al bolognese.
Anzi, proprio Antonelli è stato uno degli eroi del Brasile. Su una pista che non aveva mai visto è andato forte da subito, restando davanti per tre giorni al compagno di squadra George Russell. Non bastasse, nel finale di gara Antonelli è riuscito a controllare la rimonta furiosa di Verstappen, tenendolo dietro. Una dimostrazione di maturità da parte di un pilota che ha solo 19 anni e 21 gran premi alle spalle. La Mercedes si aspettava da lui una prima stagione di apprendimento, ma alla prova dei fatti Antonelli sta dando di più: un bel sospiro di sollievo per Toto Wolff, che era stato criticato quando aveva preso un debuttante per sostituire Hamilton. A proposito di Lewis, il Brasile per il 7 volte iridato è stato catastrofico, tra collisioni, penalizzazioni e poi il ritiro. Sfortuna? Anche. Però Hamilton deve guardarsi dentro e chiedersi come mai in qualifica sia stato tanto lento, considerando che Leclerc partiva terzo e lui tredicesimo. Ogni errore si paga. E l’amarezza intanto cresce.

