«Ho vinto quasi tutto, ma ho perso la privacy»
Il titolo mondiale in gigante nel 2019, la generale di Coppa nel 2020-21 e l’oro olimpico in slalom lo scorso febbraio. Petra Vlhova ha già completato il «Grande Slam» dello sci alpino, ma ha ancora fame di vittorie. In questi giorni la 27.enne slovacca, allenata dal ticinese Mauro Pini, si sta preparando al Centro sportivo di Tenero. L’abbiamo incontrata.
Petra, cosa ti aspetti da questo soggiorno in Ticino?
«Voglio essere ancora più forte dell’anno scorso e
tutto parte dalla condizione atletica. Sono arrivata domenica e ieri ho svolto
la mia prima sessione d’allenamento a Tenero. È una soluzione ottimale, avendo
un coach ticinese e un preparatore fisico di Milano. Qui con loro posso
lavorare meglio di quanto avrei fatto a casa. Siamo partiti senza spingere
troppo, ma presto ci daremo dentro. So che per oggi Mauro ha organizzato un
giro in mountain bike in Leventina».
Il grande obiettivo della scorsa stagione era il
titolo olimpico e a Pechino non hai fallito. Con che spirito riparti
quest’estate?
«Mi sento all’inizio di una nuova sfida. In carriera
ho vinto quasi tutto, è vero, ma ho ancora dei traguardi da raggiungere. Ad
esempio, ai Mondiali ho conquistato l’oro in gigante, ma non quello in slalom.
Ci proverò in febbraio a Méribel».
L’oro olimpico ti ha alleggerita?
«Mi sento un po’ più libera, sì. Ora scio perché mi
piace farlo e non perché devo ottenere qualcosa di speciale. Ovviamente voglio
ancora vincere ogni gara, ma rispetto al passato avrò probabilmente meno
problemi a voltare pagina dopo una giornata storta».
La scorsa stagione ti ha portato anche 6 vittorie e
altri 7 podi in Coppa del mondo, con la «coppetta» di slalom e il secondo posto
nella classifica generale a 184 punti da Shiffrin. Non male per chi puntava
tutto sui Giochi...
«Con Mauro avevamo deciso di anteporre la qualità alla
quantità. È andata benissimo e quest’anno faremo la stessa cosa. Mi concentrerò
sugli slalom e sui giganti di Coppa del mondo e sui Mondiali di febbraio. In
superG e discesa farò alcune gare, ma non tutte».
Dopo il trionfo di Pechino, hai dichiarato che Mauro
Pini ti aveva restituito la gioia di sciare. Come mai avevi perso il sorriso?
«Non voglio entrare nei dettagli, ma con il mio ex
allenatore (Livio Magoni, ndr.) le cose si erano fatte un po’ complicate.
Chiudere quel capitolo e iniziare a lavorare con Mauro è stata la decisione
migliore che potessi prendere. Sono di nuovo felice di sciare, amo quello che
faccio. Il team è la mia seconda famiglia. Siamo sempre insieme, in giro per il
mondo. È fondamentale circondarsi di persone di cui ti fidi e che si fidano di
te».
È dura essere sempre in giro per il mondo?
«A volte sì, ma è il mio mestiere. Devo essere forte e
andare avanti, anche quando mi capita di stare due mesi di fila lontana da
casa. La cosa più importante è poter avere la mia famiglia intorno. Mio
fratello è sempre con me e questo mi aiuta molto. Mi fa stare tranquilla e
concentrata sullo sci».
Condividi la passione di Mauro Pini per l’hockey su
ghiaccio?
«Certo. Sono slovacca, adoro l’hockey. Alle Olimpiadi
la nostra nazionale ha conquistato il bronzo ed è stato fantastico. Avevo già
lasciato la Cina, ma ho visto le partite in Tv».
Cosa hanno lasciato due stagioni segnate dalla
pandemia?
«Il periodo peggiore è stato nelle tre settimane che
hanno preceduto le Olimpiadi di Pechino. Avevo il terrore di contagiarmi e di
mandare tutto all’aria, per cui ho limitato i contatti al minimo indispensabile.
Tutto ciò che facevo era passare dalla mia stanza alla pista e viceversa. A
parte questo, però, la stagione 2021-22 è stata quasi normale. Il virus aveva
avuto un impatto decisamente peggiore sull’annata 2020-21. È stato triste dover
fare a meno del pubblico».
In Slovacchia sei una celebrità. Come è cambiata la
tua vita in patria dopo l’oro olimpico?
«Per me è diventato molto difficile vivere lì. In
Slovacchia ero già famosa prima dei Giochi, ma dopo l’oro è diventato
impossibile passeggiare per strada senza essere fermata per una foto o per una
chiacchierata. A volte devo mettermi a correre (ride, ndr.). Nella mia città,
Liptovsky Mikulas, è diverso. Lì la gente mi conosce da quando sono piccola e
si limita a farmi ciao con la mano».
Ti manca l’anonimato del tuo debutto in Coppa del
mondo?
«Mi manca la mia privacy. A volte vorrei semplicemente
sedermi al ristorante e mangiare qualcosa in compagnia dei miei amici, senza
essere disturbata. Ma pure questo fa parte del mio lavoro. Devo accettarlo,
anche se non è sempre facile. Per essere più tranquilla, dovrei trasferirmi in
un altro Paese, ma non voglio farlo. Amo troppo la mia terra. Magari proverò a
indossare una maschera (ride, ndr.)».
Sei una stella internazionale, ma su Instagram continui
a comunicare soprattutto in slovacco, quasi a sottolineare questo forte legame
con la tua gente.
«Mi sembra la cosa più giusta nei confronti dei miei
tifosi slovacchi. Sento il loro supporto ovunque, molti vengono a vedermi in
tutta Europa».
Ci sarà un «effetto Vlhova» sul futuro dello sci
slovacco?
«Io lo spero. Mi piace pensare che, dopo avermi vista
gareggiare in televisione, qualche bambina o bambino inizi a sciare. È un onore
essere l’idolo o il modello di qualcuno. Io da piccola ne ho avuti tanti».
Esiste la vera amicizia ai massimi livelli dello sci
alpino?
«È possibile, sì, ma se sei tra le migliori cinque al
mondo è più complicato instaurare un rapporto profondo con le tue avversarie
dirette. Probabilmente a fine carriera andremo tutte molto d’accordo, ma oggi,
in pista, siamo soprattutto rivali. Le mie vere amiche sono a casa, fuori dal
circo bianco».
Tu suoni la batteria, la tua grande rivale Mikaela
Shiffrin la chitarra. Magari in futuro potreste mettere in piedi una band e
diventare buone amiche...
«È un’idea, gliene parlerò, ma in realtà non suono
quasi più. Ho ancora la batteria a casa, ma non mi esercito da tempo».
Mauro Pini: «L’oro olimpico è lo spartiacque della sua carriera»
Petra Vlhova in Ticino, una soluzione comoda per tutti. «Soprattutto per me e per il preparatore fisico, che è di Milano», scherza Mauro Pini, allenatore della campionessa slovacca. «Battute a parte, le strutture di Tenero soddisfano tutte le nostre necessità». Per una sciatrice, questo periodo significa palestra: «Fino a metà agosto il focus è sulla preparazione fisica, ma è prevista una settimana al mese sulla neve per mantenere la routine tecnica», spiega Pini. La prima stagione del ticinese con Vlhova è andata alla grande: «Sin dal primo giorno le ho detto di non chiudere la porta alle emozioni e al divertimento, altrimenti lo sport può diventare pesante. Petra era entrata in una routine di volume d’allenamento che poteva trascinarla in un vicolo ceco. Da subito ho cercato di portare armonia e condivisione all’interno del team, con un approccio più democratico che ha dato i suoi frutti».
Oltre all’oro olimpico in slalom, sono arrivati 13 podi e 6 vittorie in Coppa del mondo: «Sono stati decisivi i primi slalom a Levi, entrambi vinti. Petra ha lanciato alla grande la sua stagione, consolidando subito il nuovo team».
E adesso? «Un oro olimpico è uno spartiacque nella carriera. C’è un prima e c’è un dopo. A Pechino, Petra ha chiuso un capitolo. Ha coronato un sogno. Ora c’è un nuovo inizio, con un grande lavoro anche mentale. Un trionfo può infatti lasciare delle scorie a livello motivazionale. Dovremo essere bravi a programmare i prossimi anni. Il Mondiale del 2023 è una tappa importante per lanciare questo nuovo ciclo olimpico. Nel 2026 a Cortina Petra ci sarà di sicuro».