Dopo i Mondiali

Se l’hockey parla finlandese

Dapprima il trionfo alle Olimpiadi, in seguito quello al torneo iridato: è un periodo magico per la nazionale di Jukka Jalonen – E il campionato svizzero attinge sempre di più al mercato finnico – Domenichelli: «La guerra in Ucraina e gli stipendi sono fattori decisivi»
Flavio Viglezio
31.05.2022 06:00

Una doppietta per la storia: dapprima il trionfo alle Olimpiadi di Pechino, pochi mesi dopo quello ai Mondiali casalinghi. La Finlandia domina, insomma. Certo, l’esclusione della Russia per le note e tristi vicende politiche ha un peso non indifferente. E il Canada – come tutte le altre nazionali, peraltro – si era presentato ai Giochi senza le sue stelle della NHL. La Finlandia – non a caso numero 1 della classifica mondiale della IIHF – è però diventata la nazionale di riferimento di questi anni: medaglia d’oro ai Mondiali del 2019, argento nel 2021 e ancora oro domenica sera a Tampere. Oltre al già citato titolo olimpico conquistato in Cina. Una continuità di rendimento impressionante, per un Paese – è bene ricordarlo – che conta «solo» 5,5 milioni di abitanti. Contro gli 8,6 milioni – tanto per fare un esempio... non a caso – della Svizzera.

I «numeri hockeistici» delle due nazioni spiegano però il fossato che ancora ci separa dai campioni del mondo: la Finlandia conta 71.963 tesserati (contro i 30.655 della Svizzera) e dispone di ben 282 piste coperte, contro le 49 presenti in Svizzera. Ben si capisce dunque quanto sia più semplice lavorare, in Finlandia, soprattutto a livello di formazione dei giovani.

Paragone impossibile

«La Finlandia – spiega il ds del Lugano Hnat Domenichelli, attento ossevatore della realtà hockeistica mondiale – è un Paese di hockey, in cui questa disciplina viene praticata praticamente per 12 mesi all’anno. Per un ragazzino finlandese il disco su ghiaccio è la scelta numero uno, mentre da noi esiste una grande concorrenza con il calcio, lo sci, il tennis e altri sport ancora. Non è dunque né possibile né giusto comparare queste due realtà. L’hockey su ghiaccio fa davvero parte della cultura della Finlandia. Che, non bisogna dimenticarlo, è un Paese del nord Europa. Che la Svizzera abbia 3 milioni in più di abitanti è insomma poco significativo».

Una vera invasione

Significativo è invece il fatto che, pure avendo un campionato di ottimo livello, la Finlandia esporti un gran numero di giocatori, principalmente in NHL o nella KHL russa. Ed in Svizzera si sta assistendo ad una vera e propria invasione di finlandesi. Ad oggi – con molte squadre ancora a caccia di diversi elementi di importazione – sono 15 i finnici che militeranno nel prossimo campionato svizzero. Otto dei quali si sono appena laureati campioni del mondo. Due giocheranno nell’Ambrì Piotta (Janne Juvonen e Jesse Virtanen), due nel Lugano (Oliwer Kaski e Mikko Koskinen), tre nel Bienne (Toni Rajala, Jere Sallinen e Juho Olkinuora), uno nel Friburgo (Juuso Vainio), due nel Ginevra (Sami Vatanen e Valtteri Filppula), uno negli ZSC Lions (Mikko Lehtonen) e ben quattro nel Langnau (Aleksi Sarela, Harri Pesonen, Vili Saavijärvi e Sami Lepistö).

«Sono due i fattori – prosegue Hnat Domenichelli – che stanno portando diversi club svizzeri a puntare su giocatori finlandesi. Il primo è legato alla guerra in Ucraina. La decisione dello Jokerit di Helsinki di lasciare la KHL ha portato sul mercato un gran numero di elementi finlandesi di valore. Diversi giocatori hanno inoltre deciso di lasciare il club in cui militavano, quando è scoppiata la guerra. Hanno ricevuto parecchie pressioni dal loro Paese, in questo senso. Anche Oliwer Kaski, il difensore che abbiamo da poco ingaggiato, ha lasciato l’Avangard di Omsk all’inizio dei playoff. Il secondo fattore è invece di natura finanziaria. A livello di stipendi il campionato finlandese è ancora inferiore rispetto a quello svizzero o a quello svedese. E a quanto mi risulta in Svezia le tasse sono particolarmente elevate. La Svizzera è dunque particolarmente attrattiva per i giocatori finlandesi. E»dal canto loro i club elvetici ingaggiano volentieri elementi che hanno dimostrato di saper vincere a livello internazionale e di essere in grado di gestire la pressione in tornei importanti come i Mondiali. Bisogna comunque fare attenzione, perché quando la situazione in Russia si sarà normalizzata, saranno in tanti a voler tornare in KHL».

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