Sempre meno canadesi in National League
Le foglie d’acero si stanno staccando dal massimo campionato svizzero di hockey su ghiaccio. Due anni fa, alle porte della stagione 2021-22, la National League contava 23 giocatori canadesi, pari al 40,3% dei 57 stranieri sotto contratto. L’anno scorso, nonostante l’aumento da 13 a 14 squadre e da 4 a 6 «import» utilizzabili, i canadesi erano scesi a 22, pari al 25% del totale (88). Oggi, a 24 giorni dall’inizio di una nuova stagione, se ne contano appena 18 su 90, pari al 20%. Un calo che va di pari passo con il «boom» dei finlandesi: erano solo 6 nel 2021 (10,3%) e ben 23 nel 2022 (26,1%). Oggi se ne contano addirittura 27 (30%).
Come noto, la guerra ha sottratto alla KHL russa decine di giocatori finlandesi, svedesi e cechi, molti dei quali hanno trovato nel nostro campionato le condizioni ideali (tecniche, finanziarie e di vita) per il proseguimento della carriera. I soldi della KHL si sono così riversati sul mercato nordamericano, visto che numerosi canadesi (una cinquantina, insieme a una dozzina di statunitensi) si sono fatti pochi problemi a giocare in Russia malgrado la guerra in corso.
Modelli vincenti
Probabilmente anche varie ragioni tecniche indirizzano i direttori sportivi verso il Nord Europa, complici i modelli vincenti degli ultimi tre anni: Zugo e Ginevra. Oggi, sulle panchine svizzere, resistono quattro allenatori canadesi: Holden a Davos, Ward a Losanna, Crawford a Zurigo, Fleming a Kloten. Ma a ben guardare, queste squadre sono le prime a puntare poco o niente sui giocatori della foglia d’acero: due canadesi a Kloten (Ang e Morley), uno a Zurigo (Grant), nessuno a Davos e Losanna. Stesso discorso a Friburgo e Ginevra, squadre affidate ai coach svizzero-canadesi Dubé e Cadieux: un solo canadese a testa, Winnik e DiDomenico.
Cresce anche la Svezia
Da qui al 13 settembre, data d’inizio del campionato di National League, i pacchetti d’importazione cambieranno ancora (9 squadre su 14 non hanno ancora ingaggiato il settimo straniero). Una nuova ondata di giocatori entrerà inoltre sul mercato solo alla fine di settembre, dopo i «camp» della NHL. Detto questo, ad oggi, alle spalle della citata Finlandia (27 giocatori, +4 rispetto al 2022 e percentuale del 30%) troviamo la sempreverde Svezia con 25 giocatori (+5, 27,78%). Il Canada scende al terzo posto con 18 giocatori (-4, 20%), seguito da Cechia (stabile) e USA (-2) che ne contano 7. Briciole per gli altri: 2 tedeschi, 1 russo, 1 danese, 1 austriaco e 1 lettone. Esclusi, evidentemente, quelli con licenza svizzera. Da notare la scomparsa degli slovacchi.
Multietnici e monolitici
La geografia del campionato ci offre altri spunti curiosi. Le squadre più «multietniche», con stranieri di cinque Paesi diversi, sono Berna (2 svedesi, 1 finlandese, 1 canadese, 1 ceco, 1 tedesco), Rapperswil (2 svedesi, 2 canadesi, 1 statunitense, 1 ceco, 1 danese) e Zurigo (2 finlandesi, 1 svedese, 1 canadese, 1 ceco, 1 lettone). Con quattro nazionalità troviamo Ambrì Piotta (2 finlandesi, 2 svedesi, 1 ceco, 1 canadese), Losanna (3 svedesi, 2 finlandesi, 1 ceco, 1 austriaco) e Zugo (3 svedesi, 1 statunitense, 1 ceco, 1 tedesco).
L’Ajoie e il Langnau sono invece le squadre con meno traffico internazionale. I giurassiani hanno puntato su 6 canadesi e 1 statunitense per un pacchetto d’importazione al 100% nordamericano. I Tigers contano invece su 4 finlandesi e 2 statunitensi. Con tre Paesi ci sono invece Lugano (3 canadesi, 3 finlandesi, 1 statunitense), Davos (4 svedesi, 1 finlandese, 1 ceco), Friburgo (4 svedesi, 1 canadese, 1 statunitense), Ginevra (4 finlandesi, 1 svedese, 1 canadese) e Kloten (3 finlandesi, 2 canadesi, 1 svedese). Al momento, tre squadre non contano neppure un nordamericano, canadese o statunitense che sia: Bienne, Davos e Losanna. Le prossime mosse invertiranno la tendenza?