Calcio

Shevchenko Park, Saint-Denis e il conto aperto da McManaman

Questa sera la finale di Champions League tra Liverpool e Real Madrid, già avversarie nell’ultimo atto del 2018 a Kiev – Per la terza volta nella storia si giocherà allo Stade de France, dove nel 2000 i Blancos trionfarono con gol dell’ex icona dei Reds
Massimo Solari
28.05.2022 06:00

Da oramai qualche anno è diventato un must delle tifoserie. Impensabile non averlo in repertorio. Per dire: anche le Teste Matte, a Lugano, lo hanno trasformato in un cavallo di battaglia. Vi suggerisce nulla «Un giorno all’improvviso, m’innamorai di te...»?. Ecco. La rinascita de L’estate sta finendo dei Righeira, però, non ha fatto breccia solo nelle curve italofone. La sua popolarità si deve anche a Jamie Webster. Classe 1994, il chitarrista di Liverpool ha contribuito alla contagiosità di Allez Allez Allez. E cioè uno dei cori più amati dai sostenitori dei Reds. Un testo rodato al bancone dei peggiori pub del Merseyside, prima di diventare il sottofondo ufficiale della finale di Champions League giocata nel 2018. Il 26 maggio di quattro anni fa, Jamie era lì. A Kiev, città scelta per ospitare l’ultimo atto della competizione per club più prestigiosa al mondo. L’avversario? Il Real Madrid. Già, proprio come questa sera.

Dalla festa alle sirene di guerra

Carlo Ancelotti non allenava ancora i Blancos. Jürgen Klopp, invece, aveva già conquistato Liverpool. Riuscendo, nella fattispecie, a riportare il club laddove mancava da un decennio. Anche per questo motivo, i fan dei Reds portano nel cuore quella finale. Un ricordo felice. Sì, nonostante alla fine furono Bale e compagni ad alzare il trofeo allo stadio olimpico. Jamie Webster, dicevamo, era presente. Insieme ad altri gruppi vicini alla società inglese, ebbe l’onore di lanciare la finalissima in musica. Animando il villaggio dei tifosi per l’occasione allestito nel centro della capitale ucraina. Allo Shevchenko Park. Ieri crocevia di speranze sportive, passione viscerale e fiumi di birra. Oggi luogo spettrale. Ferito nel profondo da un sanguinoso conflitto provocato dall’invasore russo. Qui, all’ombra degli alberi, non si festeggia e non si canta più. A echeggiare, purtroppo, sono solo le sirene. Una zona minacciata. Una zona di guerra, protetta con ricci cechi e sacchi di sabbia. La statua dedicata al grande poeta Taras Shevchenko - va da sé - è inaccessibile, mentre il monumento con l’iscrizione «Hero City Moscow» è stato oscurato. «E il fatto che ciò stia accadendo in un luogo del quale serbiamo un bellissimo ricordo, rende il tutto sconvolgente» ha dichiarato Webster a The Athletic. Il noto portale controllato dal New York Times ha raccolto le sensazioni di diversi tifosi dei Reds, a Kiev nel 2018. Tra cui quello di Scully, dublinese trapiantata sulla penisola di Wirral, un passo a ovest di Liverpool. «Allo Shevchenko Park c’era una grande atmosfera. Regnava la felicità. È vero, alla fine vinse il Real Madrid. Ma la giornata, fino a quel momento, era stata probabilmente una delle più belle della mia vita. Dovremmo guardare indietro e odiare quel giorno, perché abbiamo perso la finale di Champions, tra l’altro in un modo orribile. Ma io non penso a questo, penso a quel parco». E agli abitanti di Kiev, incrociati e conosciuti per le vie del centro. «Ti chiedi come stanno? Dove sono? Sono vivi?».

Il simbolo che tifava Everton

Questa sera, forse, Scully riuscirà a scrollarsi di dosso questi interrogativi angoscianti. Almeno per novanta minuti, magari qualcosina di più. Allo Stade de France, i destini di Liverpool e Real Madrid torneranno a incontrarsi. Klopp contro Ancelotti. Il faraone Salah, al cospetto di sua maestà, Re Mida, Karim Benzema. La finale della Champions League farà tappa a Saint-Denis per la terza volta nella storia. E a proposito dello Shevchenko Park e delle sue ferite, se si è arrivati sino in Francia è proprio a causa della guerra in corso, con l’ultimo atto di San Pietroburgo tolto a Vladimir Putin e riassegnato dall’UEFA. I precedenti disputati nell’impianto a nord di Parigi assomigliano a un cattivo presagio per i Reds. Già, perché nel maggio del 2006 - dodici mesi dopo la folle notte di Istanbul - un altro club spagnolo (il Barcellona) sconfisse un altro club inglese (l’Arsenal). Ma un filo sottile, lega soprattutto il Liverpool e la finale andata in scena allo Stade de France ventidue anni fa. Il 24 maggio del 2000. A contendersi la coppa, in una sfida tutta iberica, il Real Madrid - eccolo lì - e il Valencia. Cosa c’entrano i Reds? Beh, a segnare quella gara fu proprio un ragazzo cresciuto sulle sponde del Mersey. Steve McManaman. Uno dei centrocampisti più forti plasmati nel Regno Uniti, realizzò la seconda delle tre reti che regalarono il successo alle Merengues. E, se vogliamo, quel gol è un conto aperto che attende di essere saldato. McManaman, infatti, è stato un’icona del Liverpool senza volerlo per davvero. Inizialmente, perlomeno. Come ogni bambino nato da quelle parti, in tenera età aveva dovuto fare la sua scelta: Goodison Park e l’Everton o Anfield Road e il Liverpool? Steve si era fiondato fra le sciarpe blu dei Toffees. Ignaro che il destino lo avrebbe consacrato con la maglia rossa dei rivali. Così vollero i suoi genitori, a fronte del precoce interesse mostrato dai Reds per il giovane talento di casa. A 18 anni, dopo un percorso da protagonista nel vivaio, ecco dunque l’esordio con la prima squadra. Il gettone numero uno degli oltre 250 collezionati tra il 1990 e il 1999. La consacrazione internazionale di McManaman, dicevamo, avvenne tuttavia con ilReal Madrid. Due le Champions vinte al fianco di Redondo prima e Zidane poi. Esatto, proprio l’allenatore che nel 2018 uscì vincitore dal confronto con Klopp.

Carletto Ancelotti e Bob Paisley

Eppure, assicurano i tifosi del Liverpool, lo smacco di Kiev ha costituito l’inizio di un percorso esaltante. Una tappa obbligata, insomma. Che l’anno successivo fece per davvero rima con la sesta Champions League nella storia del club. Ora ci risiamo. Solo un cerchio, però, riuscirà a chiudersi. I tifosi dei Reds, chiudendo gli occhi, ripenseranno al 2018, allo Shevchenko Park che un giorno tornerà a vibrare di gioia e alla via aperta dal figlio della città McManaman. Alla ricerca del quattordicesimo sigillo nella competizione, i sostenitori del Real Madrid proveranno invece a ritoccare il record. Guidati da Carletto Ancelotti, tre coppe con le orecchie in bacheca. Come i soli Zinedine Zidane e Bob Paisley; sì, quello osannato da Jamie Webster in Allez Allez Allez.

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