La storia

Dalle bombe di Sarajevo alle amicizie con i più grandi

A tu per tu con Damir Dzumhur, tennista numero 136 della classifica ATP
Maddalena Buila
31.03.2022 06:00

La vita di Damir Dzumhur è iniziata sotto le bombe. Lui aveva appena qualche mese quando nel suo Paese, la Bosnia, scoppiò la guerra, che durò 4 anni. Damir si dice fortunato a non serbare brutti ricordi ed è grato al destino che ha preservato la sua famiglia. Abbiamo fatto una chiacchierata a tutto campo al Challenger di Lugano.

Damir è nato e cresciuto a Sarajevo, ma non si sente totalmente solo a Lugano. «La mia famiglia si è separata durante la guerra in ex-Jugoslavia. Una parte è rimasta in Bosnia, mentre l’altra è scappata in Ticino. Era un periodo molto difficile, anche se fortunatamente non ne serbo alcun ricordo. So però che per i miei genitori fu molto dura. Decisero di non abbandonare casa perché speravano, come sempre accade, che il conflitto durasse poco. Nessuno avrebbe immaginato si sarebbe protratto per quasi un decennio. Sarajevo è stata bombardata per quattro anni e ogni giorno i miei genitori speravano fosse l’ultimo. Fortunatamente non ci è accaduto niente di grave. Quando vengo in Ticino incontro sempre i miei parenti. Molti non li vedo da tanto tempo, pertanto abbiamo organizzato un bel momento conviviale. Alcuni sono inoltre venuti a sostenermi. Siamo sempre contenti di rivederci e abbiamo mantenuto un ottimo rapporto anche se, purtroppo, solo a distanza. A Lugano io ho anche vissuto per due anni e mi piace moltissimo».

Damir conosce bene Taverne, dove diversi anni fa aveva giocato il torneo internazionale U-16 organizzato da Riccardo Margaroli. Di questo periodo, il giocatore bosniaco serba qualche ricordo. «Era tanto tempo fa, ma mi tornano in mente bei momenti. A quell’età giochi per divertirti, senza la pressione che sento adesso. Quando entri nel professionismo le cose cambiano».

In questi giorni, bazzicando sul cemento dei campi del Padiglione Conza, abbiamo incontrato diversi svizzeri, tennisti e non, che si dicono ottimisti rispetto al futuro del tennis rossocrociato. Doveroso dunque chiedere l’opinione a un esterno. «Sono d’accordo in parte. Credo che un’era si stia chiudendo, ma non solo per la Svizzera. Se si dà un’occhiata ai tabelloni dei grandi tornei, rimangono ben pochi dei grandi nomi di qualche anno fa. Ciò non vuole però dire che il tennis rossocrociato non ha futuro, anzi. Condivido l’aspetto relativo ai giovani che spingono per emergere e che già possono vantare un ottimo posizionamento nella classifica ATP».

Se si dà un’occhiata ai tabelloni dei grandi tornei, rimangono ben pochi dei grandi nomi di qualche anno fa

Il rapporto con Federer

E sul duo Federer-Wawrinka? È giunta l’ora di chiudere le rispettive carriere oppure avranno ancora tra le corde della racchetta qualche spettacolare lungolinea da regalarci? «Sono entrambi dei giocatori fenomenali. Wawrinka ha vinto 3 Grandi Slam ed è una persona molto simpatica. Ho anche giocato contro Stan e ho vinto, dunque ho un ottimo ricordo di lui (ride, ndr). Ma tra i due conosco meglio Roger. L’ho incontrato per la prima volta nel 2010, al Roland Garros juniores. Ho un ottimo rapporto sia con lui sia con il suo allenatore, Severin Lüthi. Ci siamo anche allenati spesso insieme a Dubai, nel pre-stagione e l’ho affrontato diverse volte. Sono davvero contento di averlo conosciuto. È sempre stato il mio idolo. Aver vissuto sulla mia pelle l’era dei Big Four è fantastico per un tennista che arriva da un piccolo Paese. Spero che Roger non si ritiri e che ci mostri ancora la sua grande classe».

L'amicizia con Novak

Dato che sono stati presi in causa i Big Four, chiediamo a Damir quale sia il suo rapporto con Djokovic, con cui magari condivide più cose di quanto pensiamo, provenendo dalla stessa area geografica. «Ho una bellissima relazione con Novak. I traguardi che ha raggiunto sono incredibili. È un ragazzo totalmente diverso dentro e fuori dal campo. Sono pronto a mettere la mano sul fuoco che chiunque lo conosca bene, direbbe che è un ragazzo fantastico. Oltre ad avere una classe immensa ha un grande cuore e aiuta moltissimo il prossimo. Sta facendo tanto anche per il movimento tennistico in generale. Si impegna affinché i giocatori oltre la top 100 vengano maggiormente remunerati per potersi permettere di vivere dello sport che amano. È davvero un bravo ragazzo. Poi ognuno ha le sue idee, che possono essere etichettate come giuste o sbagliate, ma sono personali. Lui è sempre stato chiaro rispetto a quello in cui crede, come il fatto di non vaccinarsi. È la sua scelta, e come tale va rispettata. Spero che presto potrà tornare in campo e macinare punti e vittorie».

Sport e politica

Dalla Serbia ci spostiamo in Russia. Nel tabellone di Lugano è inserito il nome di un solo atleta russo: Pavel Kotov, che ha dovuto gareggiare senza bandiera. In realtà, al tennista in questione, è andata ancora bene. In molti altri sport, al momento, ad atleti russi e bielorussi è strettamente vietata la partecipazione. «Sono problemi più politici che sportivi, su cui non sono molto ferrato, dunque non vorrei esprimermi erroneamente. Ciò che possono dire è che nel mio Paese, una trentina di anni fa, abbiamo vissuto la guerra ed è stata dura. In generale i bosniaci supportano gli ucraini, cercando di dar man forte. I conflitti armati sono sempre sbagliati e non sono la soluzione ai problemi. Non parlo solo dello scontro in Ucraina, ma di tutti quelli sparsi nel mondo. Sono convinto però che tutti coloro, giocatori compresi, che non hanno niente a che fare con questa situazione, non dovrebbero subirne le conseguenze».

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