Tennis

«Federer, come te nessuno mai: inimitabile»

L'intervista ad Adriano Panatta dopo l'addio del basilese: «Gli amanti del tennis, quello vero, sono più vicini a Roger che a Nadal o Djokovic»
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16.09.2022 13:23

Re Roger ha definitamente detto addio al tennis giocato. La sua presenza alla Laver Cup, annunciata mesi fa, sarà l’ultimo capitolo di una delle storie d’amore sportive più lunghe, belle e vincenti di sempre. Quello di Londra sarà l'ultimo ballo in cui potremo gustarci Federer in una competizione «ufficiale». «Tennis, ti amo e non ti lascerò mai», le parole più significative della lunga lettera diffusa ieri dal basilese.

Per l’occasione abbiamo intervistato Adriano Panatta, storico tennista italiano degli anni Settanta. Apriamo una parentesi per inquadrare meglio il personaggio. Parlare di Panatta significa tornare in quella Roma dal jet set sornione, fresco e godereccio. Proprio come l’ex tennista. Fu Panatta l’innovatore e la locomotiva del tennis anni Settanta. Grazie al gioco solare e mediterraneo del romano, che rispondeva per la prima volta al bisogno di stupire e divertire il pubblico, l’Italia scoprì uno sport che in molti, fino ad allora, consideravano un passatempo «borghese».

Impossibile dunque non trovare qualche similitudine tra il «romanaccio» e il basilese. Lo stesso Panatta negli anni si è sempre detto innamorato del gioco di Roger Federer: il nostro più rappresentativo sportivo di sempre rappresenta infatti il tennis che il campione anni 70 ha da sempre lodato e ammirato. «Anche Berrettini e Sinner sono fortissimi, tutti velocità e violenza: ormai questo sport è una roba così. Ma la morbidezza della mano di Roger Federer è un mondo a parte. Un "pof pof", ovvero il suono che la racchetta emette quando tocca la palla con dolcezza, non ci sarà mai più. Ha usato il suo strumento del mestiere con lo stile di un artista, per lui le corde erano come un pennello».

 

Re Roger: umiltà e cortesia

«Per me questo sport perde il miglior interprete, in senso di stile, di classe e talento. È anche un ragazzo di un’umiltà e cortesia unica. Qualità che raramente ho riscontrato negli altri giocatori», sottolinea Panatta, per poi raccontarci qualche aneddoto su Federer: «Ricordo di un incontro a Trastevere di tanti anni fa. Mi disse «ti invidio tanto per il Roland Garros vinto», riposi: «Se vuoi facciamo cambio con gli slam che hai già in bacheca, ma sicuramente lo vincerai a breve». Era tanto giovane, ma già mostrava una classe cristallina. Questo nostro scambio di battute avvenne a maggio, il giugno dello stesso anno lo vidi alzare la coppa del torneo francese. Sono stato di buon auspicio».

 

Il mondo è bello perché vario

L'ex tennista italiano prosegue: «Non è stato il più vincente della storia, pur avendo vinto tanto, tantissimo. Altri hanno trionfato di più, ma il tennis con cui Federer ha vinto è stato sicuramente il migliore, il più bello e poetico. È l’ultimo e forse unico, ad essere riuscito a giganteggiare combinando un tennis moderno a colpi eleganti che si rifanno al passato. Gli amanti del tennis, quello vero, sono più vicini a Roger. Per carità, anche Nadal ha molti fan, perfino Djokovic, ma come si dice: il mondo è bello perché vario…». E allora la domanda è d'obbligo: c'è qualcuno della «nuova scuola» che si avvicina allo svizzero? Panatta è imprescindibile: «No, come lui nessuno mai. Dei nuovi neanche uno si avvicina a lui, sia per classe che per colpi dolci, anzi ti dirò: non ce ne saranno mai forti ed eleganti come lui. È inimitabile».

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