Il caso

Ma perché agli US Open uomini e donne usano palline diverse?

Quello di New York è l’unico Slam che prevede condizioni differenti tra i sessi - Alcune giocatrici della top 10 non accettano la disparità, lamentando gli effetti delle palle più leggere - La direzione del torneo: "Serve per limitare gli infortuni"
©AP/Minchillo
Massimo Solari
09.09.2022 06:00

Iga Swiatek detesta le palline degli US Open. «Sono orribili» ha affermato la numero uno al mondo. Jessica Pegula, invece, le ama. In semifinale, a New York, ci è però andata la prima. Ridimensionando, dunque, la portata di un fatto unico a livello di Grande Slam. Il Major statunitense, infatti, è il solo a differenziare le palline tra uomini e donne. E l’eccezione, appunto, non è gradita da tutte le giocatrici della WTA. Anzi. Alla vigilia della competizione, la spagnola Paula Badosa - quarta tennista al mondo - ha voluto chiare il concetto (e il personale fastidio) su Instagram: «Queste sono le palline con cui giochiamo, adatte a terra battuta e indoor. E queste sono le palline con cui giocano gli uomini, fatte per il gioco prolungato sul cemento. PS: Anche noi giochiamo sul cemento». Il tutto con tanto di contenitori e relative etichette messi in bella mostra per il mondo social.

«Ma così sembra ping-pong»

Breve spiegazione. La ditta che rifornisce gli US Open è la Wilson. In campo maschile viene utilizzata la palla «extra-duty». In quello femminile la «regular-duty». E quindi? Cosa cambia? Ebbene, il feltro che ricopre la parte esterna della sfera colpita da Ruud e compagni è tessuto in modo leggermente meno fitto. «Struttura del nucleo, dimensioni, peso, rimbalzo e velocità di deformazione sono per contro identiche» ha tenuto a precisare al New York Times Jason Collins, senior product director per gli sport con racchetta di Wilson Sporting Goods. Okay, ma a cosa si deve il lamento di alcune delle migliori interpreti del circuito? «Le regular-duty sono più veloci» ha indicato sempre l’azienda americana. Eccolo il problema, più o meno grosso a seconda delle sensibilità. «A volte sembra di giocare a ping-pong» ha riassunto in modo sempre efficace Badosa. Mentre Swiatek ha completato: «Essendo più leggere, volano da pazzi. Peccato che il nostro gioco non sia quello di dieci anni fa. Oggi è decisamente più potente e, con queste palline, non è possibile lasciare andare i colpi. Di conseguenza facciamo molti più errori. E non credo sia bello da vedere».

È tutta una questione di materiale. Il feltro tessuto in modo più fitto - quello delle donne, insomma - è meno soffice e quindi può consumarsi. L’attrito con il terreno e le corde della racchetta rischia così di venire meno con il passare dei game. A risentirne, leggiamo, sono soprattutto quelle giocatrici che proprio grazie alla sofficità della palla riescono a creare il massimo degli effetti. Chi invece predilige il colpo piatto - come la Pegula per intenderci - riscontra minori problemi. Eppure la motivazione alla base della disparità è nobile. Poiché finalizzata alla tutela delle stesse tenniste. Stacey Allaster, direttrice degli US Open e direttrice della WTA dal 2009 al 2015, ha spiegato che da tempo gli esperti di scienze sportive del circuito femminile ritengono che la pallina più veloce e aerodinamica contribuisca a limitare gli infortuni alle braccia e alle spalle. Di più: secondo la United States Tennis Association, che controlla e organizza lo Slam statunitense, le donne giocano con una palla diversa da sempre. Tradotto: il WTA Tour ha sempre voluto così e il torneo non ha reputato saggio insorgere. Ogni anno, ha sottolineato Allaster, la USTA chiede alla WTA quali palline vuole utilizzare, e la risposta è sempre stata la stessa. «Per quanto ne sappiamo, alla maggioranza piace, quindi potremmo anche finirla di scambiare un problema per un altro».

Alcaraz e una semifinale epica

Di certo quelle scagliate per oltre 5 ore da Carlos Alcaraz e Jannik Sinner sono palline che entreranno nella storia moderna del tennis. Cinque set epici, sì, che alla fine hanno consegnato al fenomeno spagnolo la prima semifinale in uno Slam. Il numero 3 al mondo si è imposto sull’italiano (ATP 11) con il risultato di 6-3 6-7 6-7 7-5 6-3. Una partita folle, appunto. «La più bella della mia carriera» ha dichiarato Alcaraz. «La più dura da digerire» ha ammesso da parte sua Sinner. Entrambi, comunque, protagonisti di un match di grande spessore. «Ci siamo espressi a un livello incredibile» ha confermato il vincitore, che in semifinale se la vedrà con il padrone di casa Frances Tiafoe. Sarà grazie alle palline «extra-duty»?

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