Tennis

«Questa Laver Cup è una festa soprattutto per Roger Federer»

Claudio Mezzadri parla dell'ultimo incontro del basilese, dei «Fab Four», della difficile stagione di Djokovic, della rincorsa alle ATP Finals e della Coppa Davis
Raffaele Soldati
22.09.2022 13:45

Roger Federer, domani, giocherà il primo doppio della Laver Cup con Rafael Nadal. I due affronteranno gli americani Jack Sock e Frances Tiafoe nell'ultimo match in programma a Londra, attorno alle 22 ora svizzera. E questo, come noto, sarà l'addio alle competizioni di re Roger. Con Claudio Mezzadri, che nel 1999 lanciò il basilese in Coppa Davis a Neuchâtel in una sfida contro l’Italia, abbiamo parlato del gran ballo finale e di molti, moltissimi altri temi legati alla racchetta.

Dopo la morte della Regina Elisabetta, a Londra si fa un gran parlare di Roger, lo svizzero più famoso del mondo.
«La notizia del suo ritiro dalle competizioni non ha stupito nessuno. Diciamo, anzi, che era nell’aria da quest’estate, dopo la risonanza magnetica del suo ginocchio operato a tre riprese. Era solo una questione di tempistica. Federer ha detto che, prima di rendere pubblico il suo messaggio, lo ha riletto una ventina di volte. Posso immaginare che non deve essere stato facile presentare il suo commiato ai fan».

La Laver Cup, considerata una sua creatura, assume nuovi e importanti significati non prevedibili nel 2017 quando era stata proposta per la prima volta a Praga.
«La 5. edizione dell’evento non poteva trovare una località più idonea. Londra è la città che ha lanciato Roger. Nel 2003 ha vinto il primo dei suoi otto titoli a Wimbledon. Poi sono arrivati anche i successi nelle ATP Finals, che prima di essere accolte da Torino sono rimaste per qualche anno alla 02 Arena di Londra, sede di questa Laver Cup. Non ci sono dubbi sul fatto che questa Laver Cup sarà soprattutto una festa per Roger e per gli organizzatori. Si è anche parlato di lievitazione inaudita dei pressi per i biglietti (ndr: fino a 50.000 euro) da quando il basilese ha annunciato la sua partecipazione».

La Laver Cup si presenta come esibizione e al contempo competizione. Quali sono le tue impressioni sul suo formato?
«La formula è interessante e non è un caso che si sia deciso di far giocare Roger già nella prima giornata, quando i punti valgono meno. Sembra un dettaglio, che ha però un suo significato. Si capisce che l’aspetto agonistico è tutt’altro che secondario. L’Europa, vittoriosa nelle prime quattro edizioni, ci tiene molto a confermarsi. Ricordo che ogni incontro vinto nella prima giornata vale 1 punto, nella seconda giornata 2 punti e nella terza 3. La squadra che raggiunge per prima 13 punti vince. Dal momento che si giocano 4 partite ogni giorno, il totale disponibili è di 24 punti. Si noti che 12 punti si guadagnano nella terza giornata. Nessuna squadra può pertanto imporsi già sabato».

Ci eravamo abituati a vedere il maiorchino e il basilese come avversari sul circuito. Tra i due, oltre alla stima reciproca, c’è sempre anche stata una sana rivalità

Roger e Rafa giocarono in doppio nel 2017, l’anno inaugurale della Laver Cup. Cosa ricordi di quell’incontro?
«Dire che fu fantastico è quasi riduttivo. Ci eravamo abituati a vedere il maiorchino e il basilese come avversari sul circuito. Tra i due, oltre alla stima reciproca, c’è sempre anche stata una sana rivalità. Era davvero divertente osservare i due che si davano consigli e che si consultavano in continuazione come due vecchi amici di lunga data».

Per la prima, e sicuramente l’ultima volta, in questi giorni a rappresentare la squadra europea a Londra, ci saranno i Fab Four. Insomma, vedremo in campo anche Djokovic e Murray.
«Questo è senz’altro un valore aggiunto. I quattro campioni che hanno marcato un’epoca lotteranno nello stesso team. Del rapporto di Roger con Djokovic si è detto tanto. Anche informazioni poco veritiere. Soprattutto in merito al messaggio del serbo inviato tardivamente. Salutare Roger in occasione del suo addio al tennis non è un fatto scontato. Le parole vanno misurate, magari anche rilette. Lo dico, perché io stesso, che conosco il basilese da tantissimi anni, ho tardato a manifestargli i miei pensieri. Arrivare in un secondo tempo, non è necessariamente una pecca».

Dopo la Laver Cup proseguiranno i tornei del circuito. Riprenderà dunque la caccia ai primi otto posti della Race stagionale. Djokovic è attualmente solo il 15.esimo della lista. Ma avendo vinto a Wimbledon dovrebbe avere il posto garantito.
«A patto che chiuda la stagione tra i primi 20. Dopo la Laver Cup riprenderà la sua rincorsa da Tel Aviv in un 250 ATP. Da qui a novembre dovrà giocare il più possibile per acquisire punti. La sua scelta di non vaccinarsi gli ha impedito di affrontare i diversi tornei in America, US Open compreso. È sceso al 7. posto dell’ATP e tanti sono i fattori che hanno condizionato la sua stagione, compresa la mancata assegnazione dei punti a Wimbledon per l’esclusione dei russi e bielorussi a causa della guerra contro l’Ucraina. Djokovic, non discuto, avrà commesso degli errori. Ma io gli ribadisco la mia stima. Lui ha proseguito per la sua strada, assumendosi anche grossi rischi per il suo futuro sportivo. Gli riconosco una certa coerenza».

Nello scorso fine settimana si è conclusa anche la fase a gironi della Coppa Davis suscitando qualche perplessità sulla formula. Cosa ne pensi?
«Ho sempre pensato che questo torneo dovesse cambiare nome, per rispetto della vecchia e centenaria Davis che io stesso ho giocato tanti anni fa. Questa Davis è più che altro un rinnovato campionato del mondo a squadre. Dopo i gironi di Bologna, Valencia, Amburgo e Glasgow, l’ultima fase del gruppo mondiale è prevista a Malaga (22-27 novembre) con le sfide dei quarti: Olanda – Australia, Spagna – Croazia, Italia – Stati Uniti e Germania – Canada. Gli azzurri dispongono di uno squadrone. Hanno giocatori solidi e hanno trovato un forte equilibrio».

Un’ultima considerazione in merito alla Svizzera, rimasta in corsa per tornare nell’élite.
«Il successo sofferto in Ecuador è importante. In marzo i giovani rossocrociati dovranno giocare uno spareggio per ritrovare la fase a gruppi. Al di là del mio attaccamento alla classica Davis, devo riconoscere che questo evento può comunque essere una bella vetrina e permette ai ragazzi della nuova generazione di affrontare nuove esperienze per la carriera».

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