Il personaggio

Serena Williams, la più grande di sempre

Dominatrice del circuito, icona, esempio per le future generazioni: chi è la campionessa che ha salutato in lacrime gli US Open e, salvo terremoti, il tennis?
Marcello Pelizzari
03.09.2022 12:15

Karaoke. Tutto il giorno. È la prima cosa che farà, sabato, la neopensionata (salvo ripensamenti) Serena Williams. Per sua stessa ammissione. A Flushing Meadows, New York, si è chiuso un cerchio. Lungo, lunghissimo e meraviglioso. Ci sono voluti oltre vent’anni per completarlo. Sembra ieri. E invece sono «passati» qualcosa come 23 (ventitré!) Slam in singolare, 14 in doppio e altri 2 in doppio misto, oltre a due ori olimpici e un dato che più di tutti ribadisce la grandezza dell’atleta: la prima posizione del ranking WTA occupata per un totale di 319 settimane, ovvero più di sei anni. Per tacere dei guadagni: oltre 94 milioni di dollari in soli premi, figuratevi il resto. È la più grande di sempre? Sì, a detta di molti. Tutti.  

Qualcosa di più grande

Alla fine di una parabola simile, beh, è normale – ancorché retorico – chiedersi quale sia l’eredità di Serena, 41 anni il prossimo 26 settembre. Conviene, però, innanzitutto riavvolgere il nastro. E citare un nome: Althea Gibson. La prima tennista afroamericana a vincere uno Slam, nello specifico il Roland Garros nel 1956. Senza di lei, affermano gli esperti, fra cui Gaia Piccardi del Corsera, non sarebbe mai esistita Serena. Ma il vero modello, in fondo, è stata sua sorella Venus. «Sei la mia fonte di ispirazione» le ha detto Serena in mondovisione, a margine della sconfitta agli US Open, nel cuore della notte europea, contro l’australiana Ajla Tomljanovic (7-5 6-7 6-1).

In una lettera a Vogue carica di emozione e sentimento, attraverso la quale aveva anticipato il suo ritiro alcune settimane fa, Williams aveva scritto una sorta di auspicio. Confidava che, con il passare degli anni, le persone l’avrebbero vista come il simbolo di «qualcosa di più grande del tennis». Qualcuno, insomma, capace di andare oltre le vittorie, le sconfitte, i titoli e una pallina che va oltre la rete.

Serena, in questo senso, si è portata avanti molto bene: ha influenzato una generazione intera di giocatrici, spingendole a chiedere di più. Temi quali la parità di guadagno e trattamento per le due anime del tennis, femminile e maschile, sono diventati di dominio pubblico grazie a lei. E poi i vestiti eccentrici, le urla in faccia alle avversarie, la politica entrata di prepotenza nel circuito, la salute (anche) mentale delle atlete.

Il cemento di Compton

Sul centrale di Flushing Meadows, nel distretto del Queens, sono arrivati quasi 24 mila spettatori. Erano 23.859 per l’esattezza, un record assoluto di presenze. A sconfiggerla, al suo primo incrocio in carriera, è stata un’australiana dotata di classe e temperamento. L’avversario ideale, in fondo, per uscire di scena. Un ultimo, incredibile ballo. Fatto di sudore, altre urla, colpi. Come se, in cuor suo, Serena volesse prolungare per un altro po’ una piccola, grande agonia: decisione presa, d’accordo, ma fatemi giocare ancora un po’. Questo sembravano suggerire i suoi movimenti.

Quindi il lungo applauso, i ringraziamenti alla sorella Venus e a papà Richard, portato sul grande schermo da Will Smith. Un visionario, Richard, che pur senza avere mai giocato a tennis decise che entrambe le figlie, un giorno, sarebbero state campionesse di questo sport. Infine, gli occhi sono andati a cercare il suo box. La sua famiglia. Richard studiò lo sport e iniziò ad allenarle lui stesso assieme alla moglie. «Mio padre dice che presi per la prima volta una racchetta in mano quando avevo tre anni, ma credo sia successo anche prima» ha ricordato a tal proposito Serena. «C’è una foto di Venus che mi spinge in un passeggino su un campo da tennis, e non potevo avere più di diciotto mesi».

Il tutto, si badi, nei campi pubblici di Compton, sobborgo malfamato di Los Angeles (vi dice nulla Straight Outta Compton? Ecco) dove la famiglia si era trasferita dal Michigan. Erano campi in cemento, all’aperto e piuttosto rovinati. Sempre Serena: «C’erano vetri rotti qua e là. Crepe nel cemento. Lattine di soda, bottiglie di birra, cartacce dei fast food. Non era esattamente il campo centrale del Roland Garros, ma era l’unico che conoscevamo».

Nelle intenzioni di Serena e del marito, Alexis Ohanian, cofondatore di Reddit, c’è un allargamento della famiglia. La piccola Olympia, 5 anni freschi freschi, è il motivo per cui la ragazza oramai donna ha deciso di smettere. «Stavamo andando a rinnovare il passaporto per un viaggio in Europa – aveva detto Serena sempre su Vogue –. Olympia era in auto e giocava con una app interattiva. Cosa vuoi fare da grande, le ha chiesto la app: la sorella maggiore, ha risposto».

Gli attestati di stima

Al pari di Roger Federer, Serena Williams è considerata la più grande di tutte nonostante il record di Slam sia nelle mani di un’altra tennista, peraltro di un’epoca differente: Margaret Court Smith (24). Esordì giovanissima nel circuito, nel 1994, ma al di là dei titoli è stato il percorso a colpire. E stupire. Serena ha saputo «usare» il tennis per cambiare la società. Basti pensare alla pioggia di commenti arrivati dall’universo social, con Michelle Obama in testa: «Come siamo stati fortunati a vedere una ragazza di Compton diventare la più grande atleta di sempre». E poi LeBron James («Wow! Hai plasmato intere generazioni di donne e continuerai a faro»), Lewis Hamilton, Alex Morgan e tanti, tantissimi altri.

E adesso? Detto del karaoke, Serena tornerà a vivere in Florida. Sarà mamma e imprenditrice grazie alla sua società di investimenti, fra l’altro molto attiva nel campo delle energie rinnovabili. Sarà, ovviamente, attivista. Il tennis, invece, sarà diverso. Perché ha perso la sua regina.

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