«Sono felice di essere a Gstaad, lo US Open per ora è un sogno»
Un titolo del Grande Slam (US Open 2020), tre finali maggiori (Roland Garros 2018 e 2019 e Australian Open 2020), senza dimenticare l’ultimo atto nelle ATP Finals 2019). Bastano questi risultati per sottolineare le qualità di Dominic Thiem. L’austriaco è tornato da poco sul circuito, che è stato costretto a lasciare lo scorso anno per un serio infortunio al polso.
Cosa ha significato il rientro dopo l’inevitabile
crollo nel ranking?
«Una boccata d’aria fresca. Una grande gioia. Nel marzo 2020 ero al
terzo posto della classifica ATP. Due anni dopo, con il periodo del COVID in
mezzo, mi sono ritrovato oltre la 300.esima posizione. È stata dura da
digerire. Quello che conta è che, piano piano, mi sto riprendendo. Non avverto
dolori. Si tratta di riguadagnare la fiducia smarrita. In questo senso, le
ultime partite giocate a Bastad mi hanno decisamente rassicurato».
È tornato a Gstaad con uno spirito positivo. Qui lei aveva vinto nel
2015.
«Anche se sono trascorsi otto anni, me lo ricordo bene. È stato il mio
terzo titolo in carriera (17 in totale, ndr) e in quella stagione avevo fatto
il mio ingresso nei top 20. Sconfissi in finale il belga David Goffin, allora
testa si serie numero 1 del torneo».
Grazie alla classifica protetta, gli organizzatori le hanno permesso
di figurare in tabellone.
«Mi ha fatto un grande piacere. Tornare nell’Oberland bernese è sempre
un piacere. Spero di poter ricambiare il regalo con una bella prestazione in
campo».
Cosa si aspetta dalla sfida con il francese Hugo Gaston?
«È nei primi 60 del ranking ATP ed è testa di serie n. 7. Questo è un
periodo in cui devo prendere atto che ogni partita sarà in salita per me. Però
non demordo. Sono anzi convinto che, con un po’ di esperienza e con un po’ di
fortuna, tutto è possibile. Il mio tennis è in crescendo».
Scorrendo il suo palmarès, sembra che lei abbiamo un buon feeling con
la Svizzera.
«È vero. Con la Svizzera e con gli svizzeri. Naturalmente penso in
primo luogo ai tennisti rossocrociati. In alto nella lista non posso che
mettere Roger Federer. Mi sono sempre trovato benissimo con il basilese. Ho
anche potuto conoscerlo bene grazie ad un camp che aveva organizzato diversi
anni fa a Zurigo. Poi ho avuto l’onore di giocare e di vincere un paio di
edizioni della Laver Cup. Nel circuito si sente la mancanza di Roger. Tra
l’altro dovrebbe tornare in campo settembre, proprio per questo torneo a
squadre che è qualcosa in più di una semplice esibizione».


Cosa può dirci di Stan Wawrinka. Come lei è stato costretto ad una
lunga pausa.
«Lui si è infortunato al piede, io al polso. Per giocare a tennis a
livello professionistico, sono parti del corpo fondamentali. Se è vero che
questo è uno sport in gran parte psicologico, il fisico deve essere integro in
tutti i suoi aspetti. Stan è tornato a giocare, ma non ha ancora ritrovato il
suo tennis migliore».
Ha infatti rinunciato all’invito degli organizzatori per prepararsi in
vista della prossima tournée americana con la speranza di poter nuovamente
partecipare all’Open degli Stati Uniti.
«Il mio destino, per certi aspetti, è analogo a quello del romando.
Anche io nutro la stessa speranza. Gstaad è però per me una grande opportunità.
Ho soprattutto bisogno di giocare e di verificare di volta in volta i miei
progressi. Non penso ancora al cambio di superficie, al passaggio dalla terra
rossa al duro dei prossimi tornei che vorrei affrontare».
In Ticino lei è ancora ricordato per la sua vittoria a Taverne quando
era un ragazzino. Cosa rammenta della famiglia Margaroli e in particolare di
Luca, che è soprattutto un doppista?
«E come posso dimenticarli. Ho ricordi molto belli. In pratica è nel
periodo giovanile che ti formi sul piano tecnico e tattico. Se poi vinci un
torneo per ragazzi la passione si moltiplica. Diciamo che è stato l’inizio
della mia crescita sportiva. Quanto a Luca, c’è un rapporto di stima, se non
proprio di amicizia. Quando ci incontravamo scambiavamo sempre due parole. Poi
conoscevo anche la sua fidanzata. Mi auguro di rivederlo presto».
Torniamo a lei e ai suoi prossimi obiettivi.
«Confesso che è difficile parlarne. Intanto sono
felice di poter essere qui a Gstaad e di avere l’opportunità di giocare. Il
polso non duole, mi sento bene sul piano fisico e queste sono già delle buone
premesse. A lungo raggio, anche io, come Stan Wawrinka, vorrei potermi
rilanciare in diversi tornei in Nordamerica. L’importante è risalire la china
nella classifica ATP, magari per rientrare al più presto tra i top 100. L’Open
degli Stati Uniti, più che un obiettivo, adesso lo considero un sogno».