Tennis

«Sono felice di essere a Gstaad, lo US Open per ora è un sogno»

L’austriaco Dominic Thiem parla del suo ritorno alle competizioni e del torneo dell’Oberland bernese che vinse otto anni fa
Raffaele Soldati
18.07.2022 16:30

Un titolo del Grande Slam (US Open 2020), tre finali maggiori (Roland Garros 2018 e 2019 e Australian Open 2020), senza dimenticare l’ultimo atto nelle ATP Finals 2019). Bastano questi risultati per sottolineare le qualità di Dominic Thiem. L’austriaco è tornato da poco sul circuito, che è stato costretto a lasciare lo scorso anno per un serio infortunio al polso.

Cosa ha significato il rientro dopo l’inevitabile crollo nel ranking?
«Una boccata d’aria fresca. Una grande gioia. Nel marzo 2020 ero al terzo posto della classifica ATP. Due anni dopo, con il periodo del COVID in mezzo, mi sono ritrovato oltre la 300.esima posizione. È stata dura da digerire. Quello che conta è che, piano piano, mi sto riprendendo. Non avverto dolori. Si tratta di riguadagnare la fiducia smarrita. In questo senso, le ultime partite giocate a Bastad mi hanno decisamente rassicurato».

È tornato a Gstaad con uno spirito positivo. Qui lei aveva vinto nel 2015.
«Anche se sono trascorsi otto anni, me lo ricordo bene. È stato il mio terzo titolo in carriera (17 in totale, ndr) e in quella stagione avevo fatto il mio ingresso nei top 20. Sconfissi in finale il belga David Goffin, allora testa si serie numero 1 del torneo».

Grazie alla classifica protetta, gli organizzatori le hanno permesso di figurare in tabellone.
«Mi ha fatto un grande piacere. Tornare nell’Oberland bernese è sempre un piacere. Spero di poter ricambiare il regalo con una bella prestazione in campo».

Cosa si aspetta dalla sfida con il francese Hugo Gaston?
«È nei primi 60 del ranking ATP ed è testa di serie n. 7. Questo è un periodo in cui devo prendere atto che ogni partita sarà in salita per me. Però non demordo. Sono anzi convinto che, con un po’ di esperienza e con un po’ di fortuna, tutto è possibile. Il mio tennis è in crescendo».

Scorrendo il suo palmarès, sembra che lei abbiamo un buon feeling con la Svizzera.
«È vero. Con la Svizzera e con gli svizzeri. Naturalmente penso in primo luogo ai tennisti rossocrociati. In alto nella lista non posso che mettere Roger Federer. Mi sono sempre trovato benissimo con il basilese. Ho anche potuto conoscerlo bene grazie ad un camp che aveva organizzato diversi anni fa a Zurigo. Poi ho avuto l’onore di giocare e di vincere un paio di edizioni della Laver Cup. Nel circuito si sente la mancanza di Roger. Tra l’altro dovrebbe tornare in campo settembre, proprio per questo torneo a squadre che è qualcosa in più di una semplice esibizione».

Wawrinka? Lui si è infortunato al piede, io al polso. Per giocare a tennis a livello professionistico, sono parti del corpo fondamentali

Cosa può dirci di Stan Wawrinka. Come lei è stato costretto ad una lunga pausa.
«Lui si è infortunato al piede, io al polso. Per giocare a tennis a livello professionistico, sono parti del corpo fondamentali. Se è vero che questo è uno sport in gran parte psicologico, il fisico deve essere integro in tutti i suoi aspetti. Stan è tornato a giocare, ma non ha ancora ritrovato il suo tennis migliore».

Ha infatti rinunciato all’invito degli organizzatori per prepararsi in vista della prossima tournée americana con la speranza di poter nuovamente partecipare all’Open degli Stati Uniti.
«Il mio destino, per certi aspetti, è analogo a quello del romando. Anche io nutro la stessa speranza. Gstaad è però per me una grande opportunità. Ho soprattutto bisogno di giocare e di verificare di volta in volta i miei progressi. Non penso ancora al cambio di superficie, al passaggio dalla terra rossa al duro dei prossimi tornei che vorrei affrontare».

In Ticino lei è ancora ricordato per la sua vittoria a Taverne quando era un ragazzino. Cosa rammenta della famiglia Margaroli e in particolare di Luca, che è soprattutto un doppista?
«E come posso dimenticarli. Ho ricordi molto belli. In pratica è nel periodo giovanile che ti formi sul piano tecnico e tattico. Se poi vinci un torneo per ragazzi la passione si moltiplica. Diciamo che è stato l’inizio della mia crescita sportiva. Quanto a Luca, c’è un rapporto di stima, se non proprio di amicizia. Quando ci incontravamo scambiavamo sempre due parole. Poi conoscevo anche la sua fidanzata. Mi auguro di rivederlo presto».

Torniamo a lei e ai suoi prossimi obiettivi.
«Confesso che è difficile parlarne. Intanto sono felice di poter essere qui a Gstaad e di avere l’opportunità di giocare. Il polso non duole, mi sento bene sul piano fisico e queste sono già delle buone premesse. A lungo raggio, anche io, come Stan Wawrinka, vorrei potermi rilanciare in diversi tornei in Nordamerica. L’importante è risalire la china nella classifica ATP, magari per rientrare al più presto tra i top 100. L’Open degli Stati Uniti, più che un obiettivo, adesso lo considero un sogno».