Un sogno chiamato Wimbledon, «Ma all’inizio detestavo l’erba»
L’Italia del tennis, in campo maschile, attende di vincere uno Slam dal lontano 1976. Oggi, a meno di una settimana dall’inizio di Wimbledon, sogna l’exploit di Matteo Berrettini. Reduce da un infortunio, il romano è tornato vincendo sull’erba di Stoccarda e del Queen’s. «E pensare – dice – che all’inizio questa superficie non mi piaceva».
L’Italia del tennis fatica a contenere il proprio entusiasmo. «Adesso – scriveva ieri la Gazzetta dello Sport – Matteo Berrettini è certamente il più forte giocatore al mondo sui prati». Un’affermazione probabilmente un po’ azzardata, figlia del doppio exploit del tennista romano, capace di vincere i tornei – sull’erba, naturalmente – di Stoccarda e del Queen’s. Un biglietto da visita mica da ridere, a meno di una settimana dall’inizio di Wimbledon. In Germania «Erbettini» – come lo ha soprannominato il «quotidiano rosa», ha battuto in finale il redivivo Andy Murray. Nell’atto conclusivo del torneo di Londra ha invece avuto la meglio del serbo Filip Krajinovic. Ottimi giocatori, certo, ma a Church Road la concorrenza sarà ovviamente molto più agguerrita. La cosa non spaventa Berrettini, che lo scorso anno a Wimbledon si era arreso solo in finale a Novak Djokovic.
L'avversario da battere
Non è insomma un’eresia considerare il 26.enne quale principale avversario del serbo, che punterà al suo settimo trionfo sull’erbetta londinese. Roger Federer sta curando il suo martoriato ginocchio, Rafael Nadal deve fare i conti con il suo piede malandato, Alexander Zverev dovrà stare fermo quasi sei mesi e Daniil Medvedev – vittima della decisione degli organizzatori di escludere i tennisti russi e bielorussi – non ci sarà. E giocatori come Ruud, Tsitsipas o Alcaraz non sembrano avere le armi necessarie per rivaleggiare con Nole sull’erba. Ed allora sì, Berrettini potrebbe davvero essere l’avversario da battere per Djokovic. «Mentirei – afferma Berrettini – se dicessi che vincere Wimbledon non è il mio grande obiettivo, anche se ovviamente non sarà per niente facile. Però so di possedere le armi per giocarmela con tutti, so che posso battere Djokovic e Nadal, non mi sento affatto lontano da loro».
La fiducia non manca al romano, insomma. Berrettini è cresciuto tanto in questi ultimi anni. Servizio potentissimo, risposta sempre più solida e un «back» di rovescio profondo per gli attacchi a rete. Sembra lontanissimo il 2019, quando negli ottavi di finali subì una vera e propria lezione da Roger Federer: 6-1 6-2 6-2 per il basilese in un’ora e un quarto di gioco. «È una lezione che mi servirà molto per il futuro», disse allora Berrettini. È stato di parola. In quel pomeriggio londinese aveva pagato l’emozione di ritrovarsi sul Centre Court contro il suo idolo di infanzia. «Il mio idolo tennistico è sempre stato Federer, sono cresciuto con la sua figura quasi divina. Vinceva tutto quando ero ragazzino. Mi piaceva il suo modo di stare in campo, come si muoveva. Una volta che ho cominciato a giocare i tornei in cui c’era anche lui, mi sono detto che non avrei più potuto tifare per lui e che mi sarei dovuto concentrare su me stesso».
Oggi Brrettini è cresciuto, è maturato. «Se dovessi raggiungere nuovamente l’ultimo atto sarebbe diverso, sarei più pronto. Saprei cosa aspettarmi e cosa proverò. È tutto incentrato sull’esperienza, anche Novak l’ha detto».
Una lunga pausa forzata
E pensare che Berrettini si era presentato al torneo di Stoccarda dopo una pausa forzata di quasi tre mesi. A fine marzo – da numero 6 del mondo – deve ritirarsi dal torneo di Miami. Pochi giorni dopo viene operato per un edema al mignolo della mano destra ed è costretto a rinunciare a tutta la stagione sulla terra battuta. Oggi è 11. nella classifica ATP, ma ha immediatamente ritrovato il feeling con l’erba. «All’inizio questa superficie non mi piaceva, perché non avevo i tempi giusti e mi muovevo male. Ma soprattutto sono diventato più forte mentalmente. A Wimbledon devi essere davvero duro mentalmente e la forza della testa è qualcosa su cui sto lavorando da tutta la mia vita».
Il successo di Panatta
Sì, l’Italia del tennis al maschile sogna il suo primo Grande Slam dopo quello conquistato da Adriano Panatta – un altro romano, guarda caso – al Roland Garros del 1976, con il successo in finale sull’americano Harold Salomon. Altri tempi, un altro tennis. Ma i due non sono così diversi. Belli ed eleganti: anche Panatta – come Berrettini – non lasciava indifferente il gentil sesso. Matteo piace alle ragazze e alle loro mamme, perché è gentile ed educato. E per uno come lui finire sui giornali «gossippari» italiani è stato un attimo. È stato fidanzato per tre anni con la bella tennista australiana di origine croate Ajla Tomljanovic. Pare che la loro storia d’amore sia finita nello scorso mese di marzo e che ora Berrettini frequenti la modella americana Meredith Mickelson. I due sono stati pizzicati insieme per le strade di Roma. Ma il sogno di Matteo si chiama Londra.