Una realtà impietosa

«La Red Bull è di un’altra categoria»: sembra una frase banale, come se ne sentono tante ogni domenica. Invece è un proclama, un manifesto. O forse un accenno di resa dinanzi a una realtà impietosa per tutti, salvo che per Max Verstappen e Sergio Perez. Che cosa hanno fatto le grandi Ferrari e Mercedes per ridurre, durante l’inverno, il gap dalla squadra campione del mondo? Nulla, a giudicare dal cronometro. Invece ci hanno provato, eccome. Ma la Red Bull è stata più brava ed ha ulteriormente allungato il passo, riducendo la prima gara del mondiale ad una passerella scontata, un po’ triste, decisamente noiosa, non ci fosse stata la scheggia impazzita di Fernando Alonso, terzo con la Aston Martin, a risvegliare l’entusiasmo, l’eccitazione. Mondiale quindi già chiuso ancora prima di cominciare? No, ma la delusione che ha offerto il GP del Bahrein è stata grande. Ci si aspettava infatti una Ferrari d’attacco, in grado di rilanciare subito la sfida a Verstappen. Invece è stato un rosso molto pallido quello di Maranello. Il bilancio? Un misero quarto posto di Sainz a ben 48 secondi di distacco dal vincitore (che era andato a spasso). E poi Leclerc mestamente fermo quando si trovava in una terza piazza che forse non sarebbe riuscito a difendere dall’assalto di Alonso. Un Leclerc scatenato con la forza della disperazione, al cospetto di una Ferrari che immaginava migliore e anche più affidabile. Ma se i guai dello scorso anno, relativi al motore termico, sono stati risolti, adesso la Ferrari si dimostra fragile nella parte ibrida. E’ meno grave, si tratta di guai risolvibili strada facendo, però se la macchina non arriva al traguardo il risultato finale, sconsolante, è lo stesso. Un campanello d’allarme che pare fosse suonato già nei mesi prima del debutto
Quanto a Carlos Sainz, la sua velocità non è stata quella del compagno di colori. A Sakhir è apparso impacciato, in costante difficoltà nel controllare una macchina sovrasterzante, condizione che non si addice al suo stile di guida. Quindi? Ferrari da rivedere all’opera tra due domeniche in Arabia Saudita, su una pista meno difficile, meno probante per le gomme (guaio antico) ma anche meno indicativa in proiezione. Se il termine di riferimento è la Red Bull vista domenica, Maranello dovrà sudare e lavorare moltissimo per tentare di colmare il gap: discorso identico a quello che facevamo già un anno fa, due, tre, quattro…Ma non ha deluso solamente la Ferrari. Anche la Mercedes è finita ko senza scusanti, con la W14 che fatica a stare in strada e non concede speranze né a Hamilton (quinto) né a Russell (settimo). La macchina, a sentire sia i piloti sia Toto Wolff, è da rifare e pure in questo caso c’è stato un errore di sopravvalutazione da parte dei tecnici, che alla fine del 2022 erano convinti di aver trovato il bilanciamento aerodinamico per andar forte. Una volta di più, la Red Bull ha fatto venire l’emicrania ai progettisti della concorrenza.
Alla fine, nel sentire comune, il vero vincitore del Gran Premio del Bahrain non è stato Verstappen (troppo facile!) ma Fernando Alonso, col suo strepitoso debutto alla guida di una Aston Martin motorizzata Mercedes e soluzioni aerodinamiche fortemente ispirate dalla Red Bull. Un compromesso che ha funzionato e funzionerà, perché al momento la vera, seconda forza, della Formula 1 è proprio la marca britannica. Lo conferma il sesto posto di Lance Stroll, che è stato sciaguratamente autorizzato a gareggiare pur avendo fratture (imprecisate) ai polsi. Il sorpasso di Alonso a Hamilton è valso il biglietto, poco dopo c’è stato quello ai danni di Sainz. Superare di slancio una Ferrari e una Mercedes ha esaltato Fernando e anche il pubblico addormentato da una corsa scontata, senza spunti, senza verve. A 41 anni, Alonso corre con la freschezza e l’entusiasmo di un ragazzino. Benvenuto, bentornato, con la speranza che presto possa arrivare la vittoria. Ma qui si sbatte contro il muro impenetrabile della Red Bull. E si torna daccapo.