Impiego

Disoccupazione ai minimi, scarseggiano gli informatici

Le aziende faticano a trovare forza lavoro qualificata — Particolarmente toccato il settore IT — Lo indica la SECO, che ha presentato un nuovo rapporto sull’effetto della libera circolazione delle persone — Per Cristina Giotto (ated-ICT) è un problema di formazione e condizioni

L’economia svizzera si è ripresa dalla pandemia. Nella primavera del 2022, la disoccupazione ha raggiunto per la prima volta il livello pre-crisi, per poi scendere addirittura al di sotto. A giugno, il tasso di persone senza lavoro (2%) ha raggiunto un minimo storico. Il numero dei disoccupati è il più basso dall’introduzione della libera circolazione delle persone (giugno 2002). Oggi, i datori di lavoro stanno lottando con una carenza di personale qualificato. Nel settore informatico, la situazione è particolarmente difficile: in questo ambito sembrano esaurite anche le possibilità di assunzione previste dalla libera circolazione delle persone. I dati emergono dal 18. rapporto dell’Osservatorio sull'Accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE.

Secondo il rapporto presentato dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO) a Berna, grazie alla crescente digitalizzazione, il numero di persone impiegate nel settore informatico è aumentato del 60% dal 2010. La domanda è elevata, ma per le aziende diventa sempre più difficile trovare personale adeguato. Anzi, il potenziale di manodopera nazionale in questo settore è praticamente esaurito.

"Quasi un posto di lavoro su due in questo settore è occupato da lavoratori qualificati stranieri"

Quasi un posto di lavoro su due in questo settore è stato quindi occupato da lavoratori qualificati stranieri. Senza immigrazione, per gli esperti della Confederazione la crescita sarebbe stata difficilmente gestibile. Vista la penuria di forza lavoro, negli ultimi anni le aziende hanno fatto sempre più affidamento su lavoratori provenienti da Paesi terzi come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna o l’India.

Ora, secondo la SECO, complice la digitalizzazione, il problema potrebbe peggiorare. Al contempo, la domanda di questi lavoratori qualificati sta aumentando anche all’estero, quindi la situazione competitiva potrebbe intensificarsi. Inoltre, gli specialisti IT sono considerati relativamente mobili e molti non si stabiliscono in Svizzera in modo permanente.

Problemi regionali

I problemi, ci segnala Cristina Giotto, presidente e direttrice dell’associazione ated-ICT Ticino (Associazione ticinese evoluzione digitale) sono due. Uno tocca soprattutto il Ticino. L’altro è nazionale. Partiamo da quest’ultimo: «Il personale oggi non è formato adeguatamente». Mancano competenze nelle branche più innovative. Ad esempio nella sicurezza informatica, ma anche nella robotica. Per questo ated ha elaborato diverse formazioni: «Una, cofinanziata dalla Segreteria di Stato per la formazione, è quella di cyber security specialist (specialista della sicurezza informatica, ndr). Un percorso formativo di 18 mesi alla fine del quale è possibile ottenere un diploma federale equivalente a un Bachelor. I primi diplomati sono attesi a novembre 2023. Qualcuno avrà sicuramente bisogno delle loro competenze». Ma poi si passa all’altro problema, di stampo soprattutto regionale: le condizioni lavorative. «Ci sarebbero molti più specialisti in Ticino, se ci fossero condizioni di lavoro più attrattive. Lavoro da casa, lavoro flessibile, benefit, eccetera». Attualmente ated propone anche un corso legato alla digitalizzazione, il «digital collaboration specialist» e sta pensando a un percorso di formazione nel (nuovissimo) campo del metaverso. «Fra un paio d’anni avremo tanti metaversi; si svilupperanno un po’ come successo con i siti Web». L’idea è quella di essere precursori nella formazione intercettando i nuovi orientamenti e creando percorsi formativi innovativi prima che questi possano approdare nei percorsi istituzionali delle accademie.

L'ambito informatico è uno di quelli in cui nel nostro cantone i dipendenti subiscono una differenza salariale più marcata rispetto al resto del Paese. Addirittura del 30%.

E sulle condizioni in Ticino si sofferma anche l’OCST, che in una nota scrive: l’ambito informatico «è proprio uno di quelli in cui nel nostro cantone le lavoratrici e i lavoratori subiscono una differenza salariale più marcata rispetto al resto del Paese». Addirittura del 30%. «Questa differenza, come spesso segnaliamo, è molto più lieve nei settori nei quali sono attivi dei contratti collettivi».

L'immigrazione come risorsa

Come spiegato dalla direttrice della SECO, Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch, alla presentazione del rapporto, vista la carenza di personale qualificato (anche in altri settori) è importante mantenere i lavoratori anziani nel mercato del lavoro più a lungo e integrare ancora meglio le donne. Anche Daniel Lampart, in qualità di capo economista dell’Unione sindacale svizzera, vede la soluzione in un miglior impiego della manodopera. In particolare, migranti residenti possono avere una buona istruzione che non è riconosciuta. Per Roland Müller, direttore dell'Unione svizzera degli imprenditori, è invece necessario ottenere semplificazioni amministrative per l'assunzione di lavoratori qualificati da Paesi terzi.

Secondo la SECO, il rapporto mostra chiaramente la grande importanza della libera circolazione delle persone per l'assunzione di lavoratori qualificati, e quindi per la prosperità della Svizzera. La crisi sanitaria avrebbe poi dimostrato che l'immigrazione non va a scapito della forza lavoro nazionale. All'inizio della crisi, la disoccupazione dei lavoratori stranieri è infatti cresciuta molto di più di quella dei lavoratori svizzeri. Inoltre, l’immigrazione, soprattutto quella di breve durata, è diminuita bruscamente quando la disoccupazione è aumentata all’inizio della crisi. Nel 2020 il saldo migratorio relativo all’area UE/AELS è stato di 29.500 persone. Nel 2021, quando il tasso di disoccupazione è nuovamente sceso, il saldo migratorio per la regione UE/SEE è salito a 35.900 persone. Secondo Boris Zürcher, capo della Direzione del lavoro alla SECO, le cifre dimostrano che l’immigrazione difficilmente compete con la forza lavoro nazionale. I lavoratori stranieri sarebbero piuttosto una sorta di «riserva» del mercato del lavoro svizzero.

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