Dalla carota al calice: Krug celebra l’eccellenza all’Enoteca Cuntitt
È cominciata con una tartelletta di carota fermentata e caviale di lago, ed è finita con un Jeroboam di Krug. In mezzo, una cena costruita come una partitura sensoriale, dove ogni nota — gastronomica o enologica — raccontava una filosofia fatta di rigore, ascolto e libertà creativa. La Maison Krug ha fatto tappa in Ticino con una delle sue celebri serate “Krug in the Kitchen”, quest’anno dedicata alla carota.
Julie Cavil, Chef de Caves della Maison, degusta ogni anno circa 400 vini — tra vendemmia corrente e riserve — per coglierne le sfumature più sottili e tradurle, con intuito e visione, in un assemblaggio armonico. Un lavoro di ascolto profondo, che accomuna viticoltori e cuochi: entrambi, artigiani del gusto, si affidano alla natura per creare. In questo spirito, la carota è diventata protagonista di un omaggio corale, umile e insieme sorprendente.

Ad accogliere gli ospiti è stata l’Osteria Enoteca Cuntitt di Castel San Pietro, tra le sette Krug Ambassade svizzere e tra le più fedeli interpreti della visione della Maison: niente sovrastrutture, solo materia prima, pensiero, identità. Lo chef Federico Palladino ha costruito un menu inedito, nato dal dialogo diretto con le cuvée — anche rare — proposte in abbinamento. A guidare la degustazione, Julie Cavil, che ha svelato la storia e le scelte dietro la creazione della 173ª edizione della Krug Grande Cuvée.

Un ingrediente universale, una sfida globale
Ogni anno Krug invita i suoi chef — o meglio, come si dice in Maison, le Krug Ambassades — a confrontarsi con un solo ingrediente, scelto per la sua umiltà e ubiquità. Dopo il limone, la patata e i fiori, il 2025 è l’anno della carota. «Non c’è un messaggio simbolico dietro questa scelta», ha spiegato Julie Cavil. «Cercavamo un ingrediente disponibile ovunque e in ogni stagione, che potesse sorprendere. E la carota è perfetta: da cruda a caramellata, sa essere dolce, sapida, croccante, vellutata. Proprio come le nostre cuvée».

Al Cuntitt, il menu ha esplorato ogni sfumatura del vegetale arancione — e non solo. Palladino ha costruito il percorso come un crescendo, dove la carota compariva in forma esplicita o nascosta, in combinazioni nuove e testate in esclusiva. «Abbiamo fermentato, essiccato, estratto. Persino combinato carota e mango, dopo averne ritrovato insieme le note aromatiche durante la degustazione della 173ª edizione del Krug Grande Cuvée», ha raccontato lo chef. «È stato un lavoro di squadra, di intuizioni nate tra i fornelli. E come sempre, una sfida per noi stessi».

Dalla vigna alla cucina, lo stesso rispetto
La filosofia di Krug, del resto, non si presta a compromessi. Julie Cavil ha raccontato il lungo processo dietro ogni edizione della Grande Cuvée: «Non cerchiamo vini perfetti, ma singolarità. Assaggio dopo assaggio, costruiamo un’armonia fatta di 150 vini diversi, provenienti da 13 annate. È come una sinfonia: ogni elemento ha un ruolo preciso. E solo così possiamo offrire ogni anno, anche dopo una vendemmia difficile come quella del 2017, uno champagne degno del nome Krug».
Il parallelo con la cucina è inevitabile. «Anche noi, se un ingrediente non è al massimo, non lo usiamo», ha osservato Palladino. «È un modo di lavorare che richiede pazienza e rigore, ma restituisce autenticità. Ed è il motivo per cui mi sono avvicinato a Krug, ben prima di diventare un Krug Ambassades Chef».

La scelta delle cuvée per la serata — dalla 170ème Édition di Krug Grande Cuvée in formato Magnum alla 162ème edizione di Krug Grande Cuvée in Jeroboam, passando per le 29ème e 22ème Èdition di Krug Rosé — ha permesso agli ospiti di confrontare annate, formati, evoluzioni. Ogni bicchiere era un racconto, ogni piatto una risposta.

Radici locali, orizzonti internazionali
Se il vino nasce dal lavoro paziente di centinaia di parcelle vinificate separatamente, la cucina di Palladino nasce dalla stessa logica di rispetto e attenzione: verso i prodotti, le stagioni, i produttori. «Non siamo un ristorante per turisti», ha detto con orgoglio. «Lavoriamo con i fornitori locali, abbiamo costruito relazioni, ci siamo adattati quando serviva. È una cucina che parte da qui, ma può viaggiare lontano, se resta fedele a sé stessa».
Una fedeltà che non significa chiusura, ma consapevolezza. «Ogni ingrediente può essere reinventato, ogni tecnica può essere discussa. Ma l’essenza non deve cambiare. È questo che rende il mestiere interessante: fare ogni giorno qualcosa di nuovo, senza tradire quello che sei».

Un futuro che resta fedele a sé stesso
Guardando avanti, Krug continua a investire nella sostenibilità, nell’innovazione di processo e nella valorizzazione delle competenze umane. «Non possiamo più basarci solo sui criteri del passato — ha concluso Cavil —, ma dobbiamo osservare, assaggiare, sperimentare. Il cambiamento climatico impone nuove regole. Ma l’identità di Krug resta immutata: un blend di individualità al servizio del piacere».

Un sorso, una storia, un legame
Quando si chiede a Julie Cavil cosa significhi oggi il lusso, la risposta è netta: «Non è l’esclusività, ma l’intimità. Krug può essere goduto ovunque, anche con una pizza. Purché sia un momento vero, condiviso con qualcuno che ami».
In un’epoca in cui anche lo champagne può essere travolto dalla speculazione o dall’omologazione, questa serata in Ticino ha restituito valore all’essenziale: un sorso, una storia, un legame. E magari, semplicemente, una carota.